Scritti editi e postumi. Bini Carlo. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Bini Carlo
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069506
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nei campi della Gloria e della Bellezza? – L'organismo umano rompe le leggi della gerarchia sociale, – e quando l'Occasione batte sul vivo un popolo, allora si scorge quale delle classi possa dar più scintille. Allora la storia non è più confinata in un gabinetto a sommare le partite di frodi, che la diplomazia ha segnato nei numerosi suoi protocolli; non è più stipendiata a descrivere una guerra puerilmente sanguinosa, ove non si vedono in cozzo che due bastoni di maresciallo. La storia si slancia da quelle angustie, e la superficie nel mondo è la sua pagina, ed ogni linea che v'incide è un tratto di luce; – allora la Rivoluzione Francese sorge come un'epopea magnifica, immensa; sorge Mina e l'Indipendenza Spagnuola; sorge la lotta titanica della Grecia moderna. Oh! gli ultimi eroi della Grecia non erano cavalieri dello spron d'oro!

      Sì, pover'uomo; il tuo cuore può gemere per me, per la patria, e per te. Dacchè non posso sollevare le tue miserie, e quelle dei tuoi tanti fratelli, io non voglio toglierti un cuore, che forse avrai più buono e più generoso del mio. Io non voglio toglierti quello che non posso darti.

      Certo, se tu fossi solo nel mondo, come alcuni sono, non so se per questo più o meno miseri di noi, a quest'ora avresti già preso il tuo partito; – avresti mostrato fronte ferma alla cattiva fortuna; – avresti cantato non so quante canzoni; perchè il povero in mezzo agli stenti e alla sua nudità, quando ha il cuore franco, canta del continuo, – canta allegramente come un uccello, che si alimenta di quel che trova, e muta nido ogni sera.

      Ma tu non sei solo; – e sei rimasto immobile, come tocco dalla folgore. Ora perchè guardi le muraglie? perchè crolli mestamente la testa? – Tu hai ragione; – non hai che due mani, e non son buone a fare una breccia; – tu guardi l'inferriata, ma è doppia, e ci vuole una scala a salirvi; – tu guardi la porta, ma è grossa, e foderata di ferro, e sigillata in maniera, che non dà l'adito neppure a un sospiro. Oh! il tuo sospiro non penetra di là nel mondo; e il mondo già non l'udrebbe, o penserebbe che fosse aria traverso uno spiraglio. E poi, cosa farebbe il mondo del tuo sospiro? Il mondo vuol godere, e chiama breve la vita, breve tanto, che mala pena dà tempo di pensare a sè. E poi, il mondo non ha inventato le carceri, le torture, i patiboli, non ha inventato mille delitti, che la Natura umana non riconosce? – Requiem æternam. – Ti hanno deposto in un sepolcro, e non sei ancor morto; – t'hanno deposto in un sepolcro, senza lumi e senza canti, come il suicida. E il mondo spensieratamente ti si agita dintorno col suo dramma pieno di rumore e di vita.

      O pover'uomo! potessi tu almeno dormire, potessi almeno posare su quella tavola le tue membra stanche, accasciate da tanti affanni! Ma il dolore non dorme mai; – veglia inesorabilmente, veglia come un marito geloso, perchè il mondo è suo, perchè addormentandosi teme di allentare gli artigli, teme che la preda gli fugga.

      CAPITOLO IX.

      — Uf! non è anche finita con quel vostro Povero? Quasi quasi gli date più noia voi, che la sua disgrazia. — Queste parole mi pare di sentirmele già arrivare alle spalle. E, se devo dire il vero, con quel mio Povero mi ci sono trattenuto un poco più del dovere. Ma che volete? Il solo Dio senza difetti. – Io l'ho questo vizio, preso fin dai primi anni; quando comincio, non la farei più finita. E non ho riguardo alla pazienza di quelli che mi stanno a sentire; – non serve, che sbadiglino, che spurghino, che si dimenino. Tutt'altro; – allora vado più che mai per le lunghe; direste ch'io lo faccio apposta; e può darsi: non lo sapete il proverbio? – Ogni vipera ha il suo veleno. – E tutto il male fosse qui! lasciamo andare; – ci sarebbe da discorrer troppo. Ma veramente, se devo esser giusto, con quel mio Povero mi sono trattenuto un poco più del dovere: – quando è vero, è vero. Figuratevi! non ho neppur desinato! Non ho potuto veder desinare il Signore! E oramai chi sa, se sono più in tempo! È la verità che i signori vanno tardi a pranzo, e durano un pezzo; ma non c'è rimedio; – ho fatto tardi; – l'orologio mi condanna. Questa poi mi dispiace. Son tanto curioso! vorrei veder tutte le cose, – anche quelle che mi facessero storcere la bocca. Non potete immaginarvi quanto pagherei a potere stare accanto senza esser veduto a......

      (Qui il Manoscritto è affatto inintelligibile).

      Dio sa quanto pagherei! Badate, non farei quei mestieri per cosa del mondo; – non mica che vi sia nulla di male, – ma per non entrare in intrighi, per non avere a rispondere, per non aver da far niente. Io sono il cristianello fuggifatica per eccellenza; – mi basta di sapere, e non vado più là. — Ma che faresti di tante cose, quando tu l'avessi sapute? — Io lo so quel che ne farei. Farei tanti calcoli, tante figure, tirerei tante linee, che, se voi non conosceste appieno chi sono, mi pigliereste per un fattucchiere! Oh! se potessi rubare quella bottiglia dove stava rinchiuso il diavolo zoppo! grave come voi mi vedete, mi metterei al repentaglio di andarla a rubare in cima a una cuccagna! Immaginate voi che piacere di fare un viaggio sui tetti col mio diavoletto a vedere tutti i fatti degli altri! immaginate voi che sorpresa a trovare un amico la mattina, e raccontargli che dormiva all'insù, – che dormiva per parte, – che aveva in capo un berretto, o una cuffia!.... immaginate voi che sorpresa, che piacere! Quando io ci penso, vado in estasi! Altri sogna di vincere un terno, altri d'esser fatto gonfaloniere, altri che i grani rincariscano; – io sogno sempre il diavolo zoppo, e se potessi averlo, anche un'ora sola del giorno, lo piglierei rovente come un ferro infuocato. Se poi volesse far meco vitalizio, io vi so dire che farei di tutto per averlo, che farei miracoli. Mi adatterei a lavorare una parte della giornata, – mi adatterei per averlo anche a camminar lesto.

      Ma vedete s'io dico il vero? Dianzi era tardi, – ora a forza di ciarle è più tardi che mai, ed io non mi sono anche mosso. È inutile, – io lo so, – il pelo si perde, ma non il vizio. Andiamo per quel che saremo in tempo. Chi vuol venir meco? Su via, qualcheduno venite; ho piacere che tutti godano. Ehi! là, galantuomo! voi che mi avete l'aria di esser sempre digiuno, che mi avete l'aria di voler arrivare così fino a dimani, volete venire a sentire, e a vedere? Guardate! un cane è già sotto alle finestre, – ha levato il muso da terra, – e guarda in su fiutando, aspettando la provvidenza. Ma voi ridete! Ah! io intendo bene quel riso amaro che avete fatto; – il supplizio di Tantalo non vi aggrada. Il cane è corso per le sue buone ragioni; quella bestia è a miglior partito di voi. Un cane può mangiare un osso se non gli danno la carne; – l'uomo pure mangerebbe un osso sovente, ma i denti non gli servono.

      Amici, io ci sono: – vedo il Signore che lavora lavora con un coltello intorno a non so qual cosa, – par che tagli un non so che di duro; – in che diavolo si affanna il Signore? – di qui non ci scorgo troppo, – voglio farmi più appresso.

      Pta! l'avete sentito? un tappo ha baciato i travicelli; – è Sciampagna per...!

      Io non lo sapeva, – la pigrizia è la mia rovina; – ella mi si è fitta nell'ossa, e per cagion sua non sarò mai un uomo comme il faut. Sono arrivato alla fin del banchetto, e potevo esser venuto al principio. Sono arrivato alle seconde mense volgarmente dette il dessert. Ci vuol pazienza, ma non posso dissimularmi la perdita enorme che ho fatto. È una perdita seria, effettiva. Io che son tanto curioso non ho potuto vedere il desinare d'un signore dal cominciamento alla fine! io che ho veduto così di rado desinar dei signori, – che vedo sempre a mangiare dei poveri, – e che perfino quando mangio io stesso ho di faccia alla tavola uno specchio antico, lungo lungo, che mi ridice tutto appuntino, e senza pietà! È una stizza maledetta, che mi farebbe dare al diavolo; – non c'è maniera nè anche di potersi illudere.

      Io ve l'ho detto, – la pigrizia è la mia rovina; – che ci fareste voi, che non ci avete niente a che fare? io stesso, io parte interessata, non ci faccio nulla. Ma zitti! zitti! ve lo chiedo in carità; – parmi di sentire aprir l'uscio pian piano; – ella è così; – l'orecchio non mi tradisce, – è lungo più del bisogno; – la mia vocazione era di farmi dottore, – mio padre non ha voluto, – io non ci ho colpa.

      Ella è così; – l'orecchio non mi tradisce; è stata schiusa la porta. Venite, venite; io non dico per ischerzo; – il carceriere s'inoltra in punta di piedi, – non fa un rumore, – è leggiero come un alito; – un gatto ne perderebbe al paragone; – è carico, che non ne può più. Cosa ha messo su quella tavola? – Ora ho visto bene; – è un bel lume all'Inglese; – ora ha posato un calamaio, della carta, dei libri; poffare! di dove se la cava