L'Imperatore Giuliano l'Apostata: studio storico. Gaetano Negri. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Gaetano Negri
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Документальная литература
Год издания: 0
isbn: 4064066071332
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curiosa pittura92. In ogni modo, se Giuliano era riuscito, col suo valore, a rigettare i Germani al di là del Reno ed a ridare la pace alla Gallia, la sua posizione rimaneva pur sempre pericolosa, e non era dubbio che, lasciata la Gallia non sufficientemente difesa, le invasioni sarebbero ricominciate93. Costanzo, lasciando il Cesare indebolito davanti al pericolo risorgente, voleva ch'egli pure avesse la sua parte della vergogna di cui la caduta di Amida lo aveva coperto in Oriente.

      Ma la considerazione più forte è che Giuliano, se non fosse stata evidente l'intenzione ostile dell'imperatore contro di lui, non si sarebbe ribellato, perchè non avrebbe avuto nessun interesse a farlo. In posizione eminente, unico rampollo della famiglia di Costantino, giovanissimo, pieno di gloria, adorato dai soldati, Giuliano non aveva che da aspettare. Costanzo, [pg!76] più vecchio di lui di quindici anni, non aveva figli. L'impero gli sarebbe caduto nelle mani naturalmente, mentre la ribellione lo esponeva ai pericoli di una guerra civile, la quale assai probabilmente sarebbe finita con la sua catastrofe. Pare, pertanto, non possa esser dubbio che Giuliano sia stato trascinato alla ribellione dalla necessità della propria salvezza. Piuttosto che abbandonarsi alla sorte che gli pendeva sul capo, decise di affrontare il pericolo. Può darsi che, nei preparativi della ribellione, egli abbia avuto una parte maggiore di quella che vorrebbe far credere. Ma sarebbe ingiustizia il farne risalire a lui la responsabilità.

      Di ciò io sono tanto convinto che non esito a credere nella sincerità dei tentativi di accordi e di transazione da lui fatti con Costanzo, onde evitare la guerra civile. Era troppo grande il rischio, troppo incerta la sorte di un urto fra i due rivali, perchè Giuliano, nella temperanza e nella chiarezza del suo giudizio, non dovesse cercare ogni mezzo per evitarlo. E che egli lo facesse, con accettabile larghezza di proposte, lo dimostra Ammiano e lo confermano le parole stesse di Giuliano.

      Ammiano ci dà il testo della lettera che Giuliano scrisse a Costanzo per dargli notizia degli avvenimenti e proporgli condizioni accettabili. Le condizioni erano queste. — Costanzo doveva riconoscere e sanzionare quanto era avvenuto; Giuliano si obbligava a mandargli ogni anno degli aiuti d'uomini e di cavalli. Costanzo avrebbe nominato il Prefetto del pretorio, come a dire il primo ministro della Gallia, ma tutti gli altri impiegati militari e civili sarebbero stati nominati da Giuliano. Nel finire la sua lettera, Giuliano dimostra l'inopportunità ed il pericolo del disegno di [pg!77] portare in Oriente le truppe galliche, abituate ai loro paesi ed ancor necessarie alla difesa della Gallia stessa, ed esprime la speranza che la concordia dei due principi giovi alla loro gloria ed alla salute dell'impero94.

      I due messi di Giuliano, Pentadio ed il fidato Euterio, raggiungono Costanzo a Mazaca, città della Cappadocia, occupato nei preparativi della guerra persiana. Avuta comunicazione, in udienza solenne, della lettera di Giuliano, Costanzo si accende di terribile sdegno, e scaccia gli ambasciatori non volendo nè chiedere nè udir nulla. E manda, come suo ambasciatore a Giuliano, il questore Leona con una lettera, in cui gli ingiunge di contenersi nei limiti della concessa autorità di Cesare, e, in prova della sua risoluzione di non cedere nulla dei suoi diritti, gli presenta un lungo elenco di nuove nomine ai diversi uffici del governo della Gallia95. Giuliano, che egregiamente sapeva rappresentare la sua parte di pretendente e di ribelle, riunisce, nel campo militare, i soldati e i cittadini e fa leggere l'editto di Costanzo. Giunta la lettura al punto in cui era detto che a Giuliano doveva bastare l'autorità di Cesare, un immenso e terribile clamore s'innalza d'ogni parte, e gridano tutti, soldati e cittadini: — Giuliano Augusto come lo vogliono la Provincia, l'esercito e la repubblica! — Leona se ne parte vedendo la posizione disperata. Giuliano, in relazione alle condizioni da lui stesso offerte, accetta Nebridio come prefetto del pretorio. Ma cancella tutte le altre nomine di Costanzo, e sceglie, di sua autorità, gli impiegati degli altri uffici96.

      [pg!78]

      ❦

      L'instancabile Giuliano non riposa nella nuova e suprema dignità di cui è rivestito. Prima che ricominci l'inverno, ripassa il Reno e conduce una rapidissima e fortunata campagna contro alcune tribù di Franchi, e poi, disposte le opportune difese, va a svernare a Vienna.

      Nell'inverno dal 360 al 361, Giuliano è ancora incerto di prendere l'iniziativa della guerra contro Costanzo. Intanto egli celebra, con grande pompa, il quinto anniversario del suo governo nella Gallia, e si mostra al popolo ed ai soldati, cinto il capo di un diadema splendido di gemme. Se non che, in mezzo a questi festeggiamenti, lo coglie una grave sciagura, la morte della moglie Elena, avvenuta, per effetto di un lento veleno, propinatole, al dire di Ammiano97, tre anni prima, in Roma, dalla gelosa Eusebia, non tanto, narra lo storico, per ucciderla, quanto per impedirle di mai aver figli. Terribile accusa la quale rischiara di fosca luce il dramma d'amore che pare segretamente intessuto nella burrascosa esistenza del filosofo imperiale98.

      [pg!79]

      A troncare l'incertezza e la preoccupazione di Giuliano, sorge un fatto nuovo, pel quale egli acquista la convinzione di trovarsi esposto al più grave pericolo. Scopre che Costanzo congiurava, a suo danno, coi re barbari, così che, se non pigliava pel primo le mosse, quando ancor gli accordi non erano maturi, avrebbe finito per trovarsi circondato da ogni parte, e costretto a combattere insieme gli eserciti germanici e l'esercito di Costanzo, coalizzati contro di lui. Egli aveva potuto impadronirsi della corrispondenza fra Costanzo ed il re Vadomario, e, con un tranello, era anche riuscito a far prigioniero quel re ed a sventare la trama99. «Costanzo — scrive Giuliano agli Ateniesi — istigava i barbari contro di me, mi chiamava suo nemico, e li pagava affinchè devastassero la Gallia. Scriveva ai suoi luogotenenti in Italia di guardarsi da coloro che venivano dalla Gallia, e comandava che si raccogliessero, nelle città vicine ai confini della Gallia, trecento miriadi di medimmi di grano, ed altrettanto ne faceva preparare nelle Alpi Cozie, come se volesse marciare contro di me. Queste non son parole, son fatti constatati. Io ebbi in mano, portate dai barbari stessi, le lettere ch'egli scriveva, e mi impadronii delle preparate provviste»100. È vero, continua Giuliano, che Costanzo mandava a [pg!80] lui il vescovo Epitteto a promettergli la vita salva e sicura. Ma non faceva parola di accordo e di riconoscimento dei fatti compiuti. E, quanto ai giuramenti di Costanzo, questi erano per Giuliano tanto labili come se scritti sulla cenere. D'altra parte, conclude Giuliano «se, per voler rimanere nella Gallia e per evitare il pericolo, io mi fossi trovato chiuso d'ogni parte, circondato dagli eserciti barbari e preso di fronte dai suoi, io era perduto, e perduto con vergogna, ciò che, pei saggi, è ancor peggio di qualsiasi sciagura»101.

      Forse, nell'accusa che Giuliano muove a Costanzo di stringere segretamente accordi coi barbari a suo danno, c'è un po' d'esagerazione. Stando al racconto d'Ammiano, tutto si riduce all'episodio di Vadomario, e la corrispondenza fra Costanzo ed i re barbari che Giuliano dice d'aver avuto in sua mano sarebbe rappresentata dalla sola lettera di Vadomario, che pur parrebbe, a quanto ne riferisce Ammiano, di non grande importanza. È vero che anche Libanio102 dà molto peso all'episodio e vi vede l'indizio di una vasta congiura. Ma Libanio, sempre interessante come pittore d'ambiente, non merita gran fede come narratore di fatti, perchè la retorica, troppo spesso, gli prende la mano. Certo, è probabile che Costanzo non rifuggisse dall'idea di avere, in qualche barbaro, un alleato contro l'aborrito cugino, e più probabile ancora che l'astuto Vadomario corresse incontro al desiderio dell'imperatore. Ma è lecito credere, senza fare un gran torto al nostro eroe, che, nelle sue relazioni [pg!81] posteriori, ingrandisse di molto le cose, onde trovarvi la giustificazione della propria condotta. Se, del resto, Costanzo non aveva ancora compiuto quel delitto di lesa patria, egli aveva tutta la capacità del delinquere. E Giuliano ben lo sapeva.

      Durante questi mesi di incertezza, passati a Vienna, Giuliano tenne una condotta religiosa che gli è attribuita a colpa grave, come un atto di pretta impostura. Egli era ancora esitante sul momento opportuno di accendere la guerra civile, ma la riteneva ormai inevitabile. Era, dunque, naturale che cercasse di avere, intorno a sè, il maggior numero di fautori, di non crearsi dei nemici che lo disturbassero nella preparazione dell'impresa. Ora, Giuliano, come noi sappiamo, era, già da tempo, convertito al Paganesimo. Per quanto, per ragioni di prudenza, tenesse celata la cosa, pure se ne buccinava intorno, e gli amici dell'antico ne traevano argomento di compiacenza e di speranza. Ma, nelle circostanze difficili in cui si trovava, Giuliano non voleva inimicarsi i Cristiani i quali, probabilmente, già sussurravano contro di lui