Spasimo. Federico De Roberto. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Federico De Roberto
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066072346
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risposte dei servi facevano molta luce sull'avvenimento. Esse si riferivano alle circostanze esteriori della catastrofe, dicevano che il principe era tornato alla villa, dopo un'assenza di qualche settimana, due giorni innanzi; che quella mattina la signora s'era levata più presto del solito ed era rimasta forse un'ora alla terrazza mentre il suo compagno lavorava nello scrittoio con una donna venuta a trovarlo verso le nove; che prima di colazione la contessa aveva mandato in città la Giulia, la sua antica cameriera italiana, per alcune commissioni; che quando la colazione stava per essere servita lo sparo aveva fatto trasalir tutti; che dal secondo piano, dalle camere dei padroni, il principe era sceso come pazzo al pian terreno chiedendo l'aiuto d'un medico; che tutti erano saliti precipitosamente nella camera della contessa, dove la straniera, tentato invano di portarle soccorso, aveva ancora invano tentato di confortare il disperato.

      Nella confusione pochi avevano notato la presenza di questa estranea. Era una giovane d'appena vent'anni, dai capelli d'un biondo croceo corti ed acconciati come le chiome maschili, dagli occhi chiari e freddi, piuttosto piccola di statura, vestita da capo a piedi di nero. Se ne stava ritta ed immobile nell'angolo d'una finestra, con le braccia conserte, il capo chino, quasi neppur notando la curiosità della quale cominciava ad esser fatta segno. Nel cerchio dei più curiosi la baronessa di Börne, dama austriaca corta e grassa, sola del suo sesso accorsa alla villa, non la lasciava con gli occhi, pure incalzando di domande i servi che non sapevano che cosa rispondere e rivoltandosi con gli astanti per commentar l'accaduto.

      —Povera donna! Povera amica!…—esclamava.—Ma perchè? Come mai?… E non ha scritto nulla? Non si è trovato un suo rigo?… Forse, cercando… È morta sul colpo? Soffriva, è vero; ma non tanto che non potesse resistere!… Era forte, era una donna molto forte, nonostante quella sua figura tenue e delicata… I dolori morali…

      Con voce più bassa, dirigendo le parole a un giovane inglese dai baffi rossicci, gli occhi azzurri, la fronte nuda, soggiunse:

      —Credete che fosse felice?

      L'interrogato rispose con un gesto ambiguo, che poteva significare tanto consenso quanto dubbio o ignoranza.

      —Quel povero principe!…—riprese allora la baronessa sogguardando continuamente la straniera.—È uno strazio vederlo soffrire così… Bisognerebbe che qualcuno lo persuadesse ad allontanarsi…—e queste parole furono direttamente rivolte alla giovane sconosciuta; ma come costei non rispose, la dama soggiunse:—Perchè non adagiano almeno la salma sul letto?

      Ella parlava di là dalla folla assiepata intorno al cadavere, e poichè fra gli astanti le sue osservazioni erano approvate, chiesto ed ottenuto che la lasciassero passare, s'accostò al principe, il quale stava in quel momento appoggiato contro la spalliera del letto, con le braccia pendenti, le mani contratte e gli occhi folli ancora rivolti alla morta.

      —Non possiamo lasciarla così… Vogliamo portarla sul letto?…

       Volete?…

      Egli non rispose, non parve nemmeno che avesse udito. Come la baronessa gli mise una mano sulla spalla, fremè quasi investito da una corrente magnetica; e il suo sguardo stravolto, smarrito, perduto, esprimeva un'angoscia tanto paurosa, che alla loquace signora mancarono un momento le parole.

      —Che sciagura!… Che dolore!…—disse, turbata.—Ma bisogna pure aver la forza di rassegnarsi al destino!… Dottore,—soggiunse rivolta al Bérard che si riaccostava in quel punto al principe,—vogliamo togliere la salma di lì?… Mi par quasi che la poveretta debba soffrire, per terra!… E tutta questa gente, non si potrebbe pregarla d'allontanarsi?

      —Sì… certo…—rispose il dottore imbarazzato ed esitante.—Ma prima di far nulla bisogna aspettare l'arrivo dei magistrati…

      —Sono stati avvertiti?

      —Eccoli.

      Il mormorìo delle voci curiose già spegnevasi infatti nella sala contigua: il giudice di pace del circolo di Losanna, il commissario di polizia, un dottore e due gendarmi entravano in quello stesso punto.

      Col primo suo ordine il giudice fece allontanare gl'indiscreti dalla camera mortuaria e dalla sala: i gendarmi, dinanzi all'uscio per il quale questa sala e l'attiguo salotto comunicavano, impedirono che la gente s'inoltrasse. Solo la straniera col dottor Bérard che spiegava al suo collega della polizia l'inutilità d'ogni cura e la rapidità della morte, e la baronessa di Börne che, non richiesta, verbosamente informava il giudice dell'accaduto, restarono con il principe e il commissario presso al cadavere.

      —A che cosa attribuiscono la risoluzione funesta? Nulla la faceva prevedere?—-domandò il giudice. Ma la baronessa, che pur non sapeva tacere, si strinse nelle spalle alla domanda e guardò il principe per significare che egli solo poteva rispondere.

      Passatosi una mano sulla fronte, come trasognato, il principe disse:

      —Sì, bisognava prevederlo… Io dovevo prevederlo…

      —Soffriva molto?

      —Soffriva tanto… tanto…,—rispose l'altro, con intonazione di così cupa tristezza che lo stesso magistrato tacque un poco.

      —Era inferma?—domandò quest'ultimo, dopo un breve silenzio, al dottore.

      —Sì, d'una malattia di petto.

      —Lo sapeva?

      —Senza dubbio. Non le si poteva nulla nascondere. Aveva tanta intelligenza e tanto coraggio che le pietose menzogne riuscivano inutili.

      —Non si poteva sperare di salvarla?

      —La sua infermità era di quelle sull'esito delle quali non c'è pur troppo da ingannarsi; ma che tuttavia lasciano vivere, con un appropriato regime, lunghi anni.

      —Allora non la sola malattia l'ha spinta ad uccidersi?

      —Non la sola malattia,—ripetè come un'eco il principe Alessio.

      Era, durante quel triste interrogatorio, molto curiosa e quasi comica la vista della baronessa di Börne, la quale, non potendo parlare, atteggiava le labbra, moveva gli occhi, scoteva il capo e tutta la persona come per ripetere successivamente le domande del giudice, per confermare le risposte del dottore e del principe, per far noto che aveva previsto le une e le altre, per avvertire segnatamente che anch'ella aveva qualcosa da osservare.

      —Ecco!… È così!… Proprio così!… E con i suoi sentimenti religiosi…

      —Quali erano?—domandò il giudice.

      —Ho conosciuto poche donne d'una fede tanto salda ed ardente,—rispose il dottore.

      —È vero?…—interruppe a sua volta la baronessa.—Non si può credere quanto grande fosse il suo fervore! Io ne so qualche cosa. Non faceva mai una passeggiata che non avesse una chiesa per meta. Le sue escursioni preferite erano nel distretto di Echallens, a Brétigny, ad Assens, a Villars-le-Terroir, per le chiese cattoliche che vi s'incontrano. La domenica, le feste, passava lunghe ore, qui, a San Luigi, in ginocchio, finchè non si reggeva più… Volevo appunto osservare: è perfino incredibile come, con tanta fede, abbia potuto fare quello che ha fatto.

      Il principe non diceva più nulla. Il tremor nervoso che lo aveva scosso dal principio si veniva sedando; la sconvolta, violenta, paurosa espressione del livido viso e dei rossi occhi si trasformava: pallido, sfinito, disfatto, pareva sul punto di mancare anch'egli.

      —Era sola quando si è uccisa?—continuò a interrogare il magistrato.

      —Sola.

      —Parlaste con lei, stamani?

      —Sì, parlai.

      —Era triste?

      —Mortalmente.

      —Si potrebbe vedere se ha lasciato qualche scritto.

      La baronessa, battendo allora una mano contro l'altra, esclamò:

      —È ciò che ho detto fin da principio!…

      E