Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Italo Svevo
Издательство: Ingram
Серия:
Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
isbn: 9789176377062
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che espressamente ella aveva voluto rinunziare a tutto il resto per il suo bacio. La baciò per dimostrarsi grato, ma pensava ch’ella lo disprezzava troppo, credendo che per essersi data a lui perdesse il diritto ad ogni altra felicità. Annetta ripeté la sua dichiarazione parecchie volte durante la notte mutandone la forma: — Sposare quel ragionatore ch’è mio cugino Macario perché è ricco!

      Rise di questa pretesa che qualcuno pur doveva avere avuta.

      Se c’era, la felicità di Alfonso veniva diminuita da un timore. Quella donna che in una sola ora aveva mutato di sentimenti e di opinioni era forse impazzita? Egli si sentiva ragionatore come al solito, calmo, trascinato dai sensi per brevi tratti e poi sazio, e non sapeva figurarsi che in altrui la commozione durasse sempre ugualmente intensa.

      Una sola volta con rapidissimo passaggio ella ebbe un’espressione di tristezza anzi di disperazione come un’ora prima. Aveva nominato per caso una famiglia patrizia presso la quale i Maller erano stati ammessi da poco. Fu un solo istante, ed ella fece poi ogni sforzo per dimenticarlo e farlo dimenticare.

      La cortina rosea della finestra era divenuta visibile per il primo raggio mattutino e, per quanto fosse ancora poca la luce che giungeva dal di fuori, faceva impallidire quella della candela che avevano lasciata accesa.

      — Già! — esclamò Annetta stringendosi a lui.

      Egli ripeté ipocritamente la stessa parola.

      Dal piano superiore si udì il rumore del passo di un piede nudo.

      — Poveretta! — mormorò Annetta, — le procurai dei grandi dispiaceri.

      — È Francesca? — chiese Alfonso inquieto.

      — Sì! — disse Annetta sorridendo, — ma tutto è riparabile ancora.

      Lo abbracciò per fargli capire che l’opera buona ch’ella si proponeva di fare era dovuta a lui.

      Egli aveva il tempo di essere curioso e Annetta gli raccontò che Francesca era stata l’amante di Maller e che costui aveva manifestato l’intenzione di sposarla. — Io risi in volto a Francesca e mi opposi come seppi... naturalmente... mi pareva un’offesa alla memoria di mia madre. — Il padre aveva trovato il modo di non iscambiare alcuna parola su questo proposito con la figliuola. Solo allorché Annetta aveva consigliato Francesca di lasciare la loro casa, Maller esplicitamente si oppose. I rapporti fra padre e figlia furono freddi per qualche tempo e non si migliorarono che quando Francesca giurò ad Annetta che fra lei e Maller non esisteva più alcun legame. Fino a quella notte Annetta ci aveva creduto. — Scommetto che m’ingannano, — pensò ad alta voce e molto tranquillamente. — Si capisce che per amore l’inganno non è inganno.

      Alle quattro della mattina ella si alzò per accompagnarlo fino alla porta di casa.

      Nell’atrio oscuro gli gettò ancora una volta le braccia al collo e gli disse che non si sarebbero riveduti finché non potevano farlo alla piena luce del sole. Ciò doveva avvenire al più presto. Si mise a ridere e con franca sensualità aggiunse:

      — Avremo tanti giorni e tante notti da passare insieme.

      Egli stette fuori a seguire gli sforzi ch’ella faceva per girare la chiave nella toppa; poi udì lo strisciare lento, impacciato delle pantofole sulle scale.

      — Addio! — le gridò commosso.

      — Addio, addio! — rispose Annetta a mezza voce.

      Anche in quel saluto aveva messo quanto affetto le era stato possibile ed egli si figurò ch’ella gli avesse gettato dei baci con la mano.

      Si diresse verso casa con passo frettoloso quando si sentì chiamare. Si volse. Una figura bianca, dalla finestra della stanza di Annetta, gli faceva segni di saluto con una pezzuola bianca. Egli salutò agitando alto il cappello. Il gesto era trovato, ma a lui mancava la sensazione corrispondente. Al vedere Annetta alla finestra s’era ricordato che così si usava in amore.

      Poi volle sentirsi felice come la sua buona fortuna lo meritava e canticchiò un’arietta che non voleva riuscire allegra nelle vie vuote appena rischiarate da un sole invisibile nel cielo violaceo. Un malessere profondo lo fece tacere. Egli volle spiegarlo con i dubbî sull’avvenire della sua relazione con Annetta; da quella notte non ancora gli erano stati tolti. Ma Annetta era sua! Non era questo già molto, tanto che avrebbe dovuto sentirsi l’uomo più felice sulla terra? Egli aveva lungamente desiderato Annetta, l’aveva amata. Erano il sonno e la stanchezza che gli toglievano di godere della sua felicità e, salendo l’erta che conduceva alla casa dei Lanucci, egli andava persuadendosi che la dimane egli si sarebbe risvegliato all’amore e che avrebbe anelato di rivedere Annetta.

      Si coricò e s’addormentò non appena poggiata la resta sul guanciale.

      R

      Ma svegliandosi si ritrovò con quell’istesso malessere.

      Riandando col pensiero su tutti gli avvenimenti della notte innanzi, il suo disgusto aumentava. Tutto gli dispiaceva, dal primo abbraccio che egli aveva rubato fino a quell’ultimo saluto cui egli aveva risposto costringendosi ad una finzione che, per quanto facile, gli era costata dello sforzo. Volle non ammettere la conclusione ch’evidentemente egli avrebbe dovuto trarre da questo suo sentimento. Nell’immensa felicità di possedere Annetta, egli si diceva che gli dispiaceva il modo con cui l’aveva conquistata. Non credeva che Annetta lo amasse; ella si piegava alle conseguenze di un fatto irrevocabile.

      Tempo prima Macario gli aveva detto che lo riteneva incapace di lottare e di afferrare la preda, ed egli di questo rimprovero s’era gloriato come di una lode. Ora egli aveva provato che Macario s’era ingannato sul suo conto.

      Vedeva con tutt’altri occhi la sua stanzetta allegra, ridente per il raggio di sole che, unico nella giornata, vi penetrava a quell’ora. Ci aveva pur passato delle belle ore! Era stata una felicità strana, una soddisfazione continuata del suo orgoglio a scoprire qualche debolezza in altrui di cui egli andava immune, a vedere gli altri tutti in lotta per il denaro e per gli onori e lui rimanere tranquillo, soddisfatto al sentirsi nascere nel cervello la genialità, nel cuore un affetto più gentile di quello che di solito gli umani sentono. Comprendeva e compativa le debolezze altrui e tanto più superbo andava della propria superiorità. Quando entrava in biblioteca o nella sua stanzuccia, egli usciva perfettamente dalla lotta; nessuno gli contendeva la sua felicità, egli non chiedeva nulla a nessuno. Ora invece questi lottatori ch’egli disprezzava lo avevano attirato nel loro mezzo e senza resistenza egli aveva avuto i loro stessi desiderî, adottato le loro armi.

      Voleva combattere il proprio disgusto che, attribuito alle cause ch’egli si ostinava di dargli, era assolutamente irragionevole. Vestendosi pensava che se un suo simile l’avesse risaputo ne avrebbe riso. Egli era entrato nella lotta perché non gli era stato mai concesso di uscirne del tutto; anche la felicità modesta che aveva chiesta non gli era stata accordata intera. Oh! via! la sua era una vittoria che gli dava intanto la libertà! Se il suo affetto per Annetta, — così in parentesi già lo confessava, — non era quale avrebbe dovuto essere, la sua vita principiava appena da questo matrimonio ed egli doveva gioirne altamente.

      La Lanucci, vedendolo accigliato, s’impensierì e, sapendo ch’era rincasato tardi, gli chiese se avesse passato la notte al tavolino da giuoco e perduto. Egli rise! Aveva infatti giocato, ma aveva guadagnato.

      Durante la mattina, lavorando con lentezza e fermandosi a sognare nel fissare un nome o una cifra, ebbe l’idea strana che forse a quell’ora l’amore di Annetta era già cessato e ch’egli non ne avrebbe più sentito parlare. Era ammissibilissimo, perché un amore nato così presto, il prodotto della necessità e della rassegnazione, poteva morire con la medesima rapidità con cui era nato. Non provò alcun timore che così potesse accadere! Se qualcuno glielo avesse annunziato come fatto avvenuto, egli non avrebbe avuto né sorpresa né dolore se anche non piacere. Sarebbe stato liberato dai dubbî ch’erano di molto più gravi di quelli ch’egli poteva sopportare. Sapeva che in questo caso Annetta, non che sua amante, non sarebbe