Macario raccontò che veniva in biblioteca per leggere con calma Balzac che i naturalisti dicevano loro padre. Non lo era affatto o almeno Macario non lo riconosceva. Classificava Balzac quale un retore qualunque, degno di essere vissuto al principio di questo secolo.
Erano giunti in piazza delle Legna camminando tanto lentamente che ci avevano messo mezz’ora. Per via Macario aveva trovato il tempo di ammirare il bel visino di una sartina e far arrossire una signorina sgranandole in faccia due occhi ammirati. Alfonso invece non aveva saputo far altro che ascoltare.
— Dove abita? — chiese Macario appoggiandosi al suo braccio.
— Da quelle parti! — e accennò vagamente alla città vecchia.
— L’accompagnerò un pezzo.
Come si poteva non essere lusingati di tanta gentilezza e come si poteva mettersi in discussione per difendere Balzac dalla taccia di retore? In risposta alla gentile offerta, Alfonso risolutamente sacrificò Balzac.
— È retorico di spesso, certo!
Non entrarono in città vecchia ma ritornarono sul Corso.
— Sa che lei dovrebbe ora trovarsi divinamente in casa di mio zio? È divenuta tutt’altra casa; Annetta si dedica alla letteratura. Vuole che andiamo a trovarla? È ritornata dalla campagna da otto giorni e riceve quasi ogni sera degli amici; è sulla via di emanciparsi anche più di quanto lo fosse in passato.
— Davvero? — chiese Alfonso dimostrando sorpresa.
Cercava di trovare la risposta per rifiutare l’invito.
Macario fece come se Alfonso avesse già accettato. Seguito da lui attraversò il Corso e imboccò via Ponte Rosso. Alfonso era sempre ancora indeciso.
— La vedrà! È bellissima così. Passa mezza giornata a tavolino. Ecco almeno una vocazione che non inquieta nessuno; fra qualche mese non ne parlerà più. Credo le abbia turbata la mente la fama conquistata in Italia da altre donne. Queste donne! Una comincia e le altre seguono come le oche. L’esempio degli uomini non conta per esse. Imitano questa, imitano quella, e mai s’accorgono d’imitare, perché i loro cervellini ne sanno tanto di originalità da ritenerla equivalente ad esattezza, esattezza nella copia. L’originale fra loro è quella che per la prima imita gli uomini.
Alfonso rise.
— E la signorina Annetta?
— Della signorina Annetta quale scrittrice non so nulla, perché è tanto cauta che finché non avrà imitato qualche cosa con grande accuratezza non farà vedere nulla; quindi bisogna attendere dell’altro per dare un giudizio sicuro, perché si tratta di sapere chi avrà scelto per imitare. Già ella sa l’opinione che ho di Annetta. Qualità matematiche sviluppatissime... — e fece il suo gesto abituale per accentuare il sottinteso. — Adesso intanto andiamo a farle la corte.
Entrava nella via dei Forni; Alfonso lo fermò.
— Non vengo, non posso venire. Sono atteso a casa e poi in questo stato...
Aveva il viso infocato e parlava con troppo più calore di quanto abbisognasse per rifiutare l’invito di Macario.
— Io non ve lo costringerò di certo. Peccato però! Se qualcuno l’attende ella ha naturalmente ragione di rifiutare, ma se è per il vestito ha torto. Prima di tutto è pulito e poi ora che Annetta è letterata ama anzi i bohémiens . Venga dunque, via!
Ma Alfonso resistette! Aveva già compreso da quanto gli aveva detto Macario che Annetta lo avrebbe trattato con gentilezza, ma voleva farsi pregare. Non aveva potuto prendersi altra soddisfazione dell’offesa che gli era stata fatta e intendeva di esigere almeno quella.
— Ancora sempre si rammenta della freddezza di Annetta di mesi fa, — e quantunque Alfonso protestasse e asserisse che non se ne rammentava più, andandosene Macario lo sgridò amichevolmente trattandolo di fanciullo.
La sera appresso si trovarono di nuovo in biblioteca. Alfonso ci andò più volentieri. La conversazione con Macario lo divertiva e lo lusingava la sua compagnia.
Lo spirito di Macario la vinceva sempre sulla scienza di Alfonso e Macario era convinto di dare delle lezioni. S’ingannava. Alfonso se imparava da lui qualche cosa si era osservandolo quale oggetto di studio.
Aveva intanto compreso la qualità dello spirito di Macario. S’avvedeva degli errori suoi, non gli sfuggiva quando da lui un’idea veniva gonfiata per darle evidenza con maggior facilità, e, infine, se talvolta dimostrava ammirazione era perché ammirava la disinvoltura con la quale Macario negava o asseriva anche là dove menti superiori esitavano.
Macario cadeva spesso in contraddizioni, ma mai nel medesimo giorno. Era soggetto all’umore della giornata. Secondo quello si metteva in dati panni non suoi e ci viveva come se fossero stati suoi e non avesse avuto da smetterli mai più. Ciò gli era facile in grazia della sua cultura superficiale, abbastanza estesa per ricavarne i mezzi a creare un tipo da persona colta e stramba, non abbastanza profonda per dargli una ferma convinzione sua, tale da non potervi rinunziare neppure per ischerzo.
Quella seconda sera l’ebbe con la stampa. Diceva che scrivendo per la stampa si simulava sempre, non si era mai del tutto sinceri. In pubblico si diceva nuovo quello ch’era vecchio, meritevole di lode il biasimevole e così via. Fin qui era debole ma andava pigliando forza. A che serviva la scienza? All’infuori di coloro che si dedicano alle indagini originali in una data parte, gli altri hanno torto di curarsene troppo. Stancano il loro cervello e non ne hanno alcun vantaggio, perché chi ha compreso per bene una parte, ha il suo cervello altrettanto educato quanto colui che ne ha studiato più parti. La carta stampata danneggia quindi il cervello più che non lo avvantaggi. Quel quindi non era del tutto diretto, ma Alfonso non fece mostra di avvedersene e Macario si compiacque del proprio ragionamento.
— Bellissimo! — esclamò una sera Macario alla biblioteca, e pose dinanzi ad Alfonso un libriccino ch’egli aveva finito di leggere: Louis Lambert di Balzac.
Lo lesse anche Alfonso in due o tre giorni e la sua ammirazione non fu minore. Salvo una lettera di amore di una passione profonda e tanto sensuale da non esserlo più, egli non ammirò tanto i pregi artistici dell’opera, quanto l’originalità di tutto un sistema filosofico esposto alla breve ma intero, con tutte le sue parti indicate, e regalato dall’autore al suo protagonista con la splendidezza di gran signore.
Macario gli chiese come gli fosse piaciuto e Alfonso era in procinto di dirne con sincerità la sua opinione. Ma Macario con premura, quasi avesse temuto gli venissero rubate le idee, disse e gl’impose la sua:
— Sa perché è un bel libro? è l’unico di Balzac che sia veramente impersonale, e lo divenne per caso. Louis Lambert è matto, è composto di matti tutto il suo contorno e, per compiacenza, l’autore in quest’occasione rappresenta matto anche se stesso. Così è un piccolo mondo che si presenta intatto, da sé, senza la più piccola ingerenza dall’esterno.
Alfonso rimase stupefatto a questa critica altrettanto originale quanto falsa. Doveva essere stata fatta con un metodo che Alfonso si trattenne dall’indicare, unicamente perché