Lacey si voltò a guardarlo, seduto sul sedile posteriore accanto a Naomi e Shirley, schiacciato tra le due, coscia contro coscia.
Proprio come lo volevano loro, pensò mestamente mentre ripiegava il foglietto e se lo infilava in tasca.
“Zia Lacey!” gridò Frankie dal sedile del passeggero. “Possiamo ascoltare musica di cornamusa?”
Lacey fece un profondo respiro tranquillizzante. Quelle poche ore di viaggio l’avrebbero davvero messa alla prova.
“Frankie, per la centesima volta: non stiamo andando in Scozia,” disse Lacey
Aveva la testa che scoppiava dopo un’ora di informazioni e chiacchiere su Loch Ness e le Highlands, e la ricetta dell’haggis. L’incessante entusiasmo di Frankie per tutte le cose che appartenevano alla Scozia aveva anche l’effetto secondario di escluderla dalle chiacchiere di Tom, Shirley e Naomi nel sedile posteriore. I tre sembravano andare d’accordo come grossi amici, ridendo di qualche battuta che lei non era riuscita a sentire. Lacey sapeva che avrebbe dovuto essere riconoscente del fatto che il suo compagno e la sua famiglia andassero d’accordo, ma era ancora scocciata per come sua madre e sua sorella si erano intrufolate nel loro viaggio romantico.
“Sai che ci sono più di settemila diversi stili di stoffa scozzese?” chiese Frankie.
Lacey espirò lentamente. “Lo sapevo già. Perché me l’hai già detto. Diverse volte.”
“Guardate!” esclamò improvvisamente Naomi dal sedile posteriore, tanto forte da farle quasi venire un attacco di cuore. “Il cartello di Studdleton Bay!”
In effetti, alla loro sinistra c’era l’indicazione blu dell’autostrada, con la scritta bianca che dichiarava l’attuale distanza dalla piccola cittadina di Studdleton Bay, vicino a Dover. Sotto c’era scritto:
Deal… 8 miglia
Sandwich Bay… 15 miglia
“Sandwich Bay?” lesse Lacey a voce alta. “Per quello c’era la foto del panino?”
Finalmente aveva messo al suo posto l’ultimo indizio fotografico che Tom le aveva passato.
“L’hai capito solo ora?” le chiese Tom ridendo. “Per cosa pensavi che fosse il panino?”
“Ho solo pensato che ci fosse un qualche famoso sandwich che fanno a Dover e di cui non sapevo nulla,” gli spiegò.
Sentì le spalle che iniziavano a fremere, scosse dalle risate. Era bello poter interagire con Tom per quella che le sembrava la prima volta da quando erano partiti la mattina. Ma prima che potesse continuare la conversazione, un altro nome sul cartello le fece quasi fermare il cuore in petto. Canterbury.
Tutt’a un tratto Lacey rivide nella propria mente il messaggio che aveva ricevuto da Xavier Santino. Quando aveva cercato di prendere le distanze da lui – preoccupata che potesse avere un secondo fine romantico per aiutarla – lui le aveva scritto dicendo di sapere dove si trovava suo padre. A quanto pareva c’era stato un recente avvistamento di Francis a Canterbury, ma Xavier era stato tanto vago nei dettagli e incapace di fornire qualcosa di più specifico, che lei aveva immaginato fosse solo un misero stratagemma per mantenere il contatto con lei. Ma ora che vedeva la parola stampata, cominciava improvvisamente a pensare che la cosa fosse possibile. Poteva darsi che suo padre fosse a sole venti miglia dal luogo della sua vacanza?
Ma i suoi pensieri vennero immediatamente distratti da Frankie.
“Guardate! Guardate!” gridò, indicando con gesti frenetici.
In lontananza era apparsa all’orizzonte una fascia argentata di oceano. Era così una bella e soleggiata giornata, che l’acqua luccicava. In alto, stormi di gabbiani volavano leggiadri sopra alle onde. E apparvero anche le frastagliate scogliere di gesso color crema. Le famosissime scogliere bianche di Dover.
Lacey sentì un brivido percorrerle la schiena. Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di demoralizzarla. Per quanto la sua famiglia potesse darle ai nervi, o per quanto i pensieri di suo padre le affollassero la mente, si sarebbe goduta questo posto meraviglioso, questa estate strepitosa e questi giorni privi di responsabilità.
Sempre che prima non finissero con l’ammazzarsi a vicenda.
CAPITOLO OTTO
“Oh, Tom, è fantastico,” disse Lacey, incrociando il suo sguardo nello specchietto retrovisore.
Lui le rispose con un sorriso, ma non ebbe modo di dire nulla, perché Frankie stava indicando entusiasta fuori dal finestrino, esclamando: “C’è un castello su quella collina! Un castello!”
“E guarda quella chiesa pazzesca,” aggiunse Shirley, indicando un alto edificio in pietra grigia con un grandissimo campanile.
Tutti quanti continuarono a commentare meravigliati la bella campagna di Dover, mentre Lacey guidava in mezzo alle floride e verdeggianti colline, entrando infine nella graziosa e coccolosa cittadina di Studdleton Bay. Qui l’architettura era un miscuglio di vecchi cottage in pietra, case a tre piani in stile edoardiano e grandi edifici in mattoni, retaggio dell’epoca di re Giorgio, con le sporadiche rovine di una chiesa normanna. Sulle soglie delle porte sventolavano le bandiere inglesi, affiancate da cestini pieni di fiori rosa che decoravano ogni lampione.
Dopo un paio di curve in più, in lontananza apparve la punta rossa a cupola di un faro.
“Non sarà mica quello…” disse Lacey, sentendo l’emozione gonfiarsi nel petto.
“Penso di sì…” rispose Tom con voce ridente.
“Non può essere!” balbettò lei incredula.
La struttura a strisce bianche e rosse del faro si fece sempre più evidente e Lacey non poté fare altro che guardarlo a bocca aperta per lo stupore. Quella di Tom era stata davvero un’idea unica. Così avventurosa. Così romantica. David non l’aveva mai portata in posti come questo. A lui piacevano i suoi hotel comodi, puliti e di lusso. Non avrebbe mai pensato alla rustica sistemazione di un faro sulle scogliere di Dover. Il cuore di Lacey era gonfio di gratitudine mentre guardava Tom dallo specchietto retrovisore. Come aveva potuto avere una tale fortuna?
“Sembra un lecca lecca,” esclamò Frankie accanto a lei.
“Sembra essere venuto fuori da quel film fantasy che abbiamo visto ieri,” aggiunse Shirley.
“Sembra… è in una fattoria?” disse Naomi.
Aveva ragione. Quando Lacey fece l’ultima svolta, l’odore di deiezioni animali filtrò attraverso i finestrini appena aperti. Un cartello di legno piantato nel terreno diceva Fattoria Ashworth e un nugolo di galline passò di corsa davanti all’auto.
“Attenta, zia Lacey!” gridò Frankie.
“Non ti preoccupare, le ho viste,” disse lei, rallentando a passo d’uomo. La macchina procedeva sobbalzando sul terreno irregolare.
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