“Ecco che arriva Prija, –esclamai – e come al solito interrompe i nostri discorsi!”
“Cosa ho interrotto?” chiese lei, prendendosi una sedia e servendosi del mio bicchiere di aranciata fredda.
“Una conversazione piacevole con la mia amica.”
“Oh, hai un’amica?” Sorrise a Priskit e posò il cellulare sul tavolo.
“Sì, l’ho rubata a te.” Presi il mio drink e ci feci un sorso. “Stai ancora lavorando?”
“Infatti.”
“Non ci farai un soldo a scherzare con me.”
“Fossi in te, non ci giurerei.”
“Sai che è un dottore? – disse Siskit – E ha anche scritto sedici libri!”
“Che tipo di dottore?”
“Ehmm…uno per le donne.” dissi, in Inglese. Feci un profondo sospiro. “Ginecologo.”
“Cosa?’” chiese Siskit.
“Tipo…una dottoressa.” rispose Priskit, con un sorriso cattivo.
“Lasciamo perdere, ok?”
Il suo cellulare squillò. Diede un’occhiata. “Devo andare.” Si voltò verso di me. “Resta lì finché non torno. Non abbiamo ancora finito, io e te.” E sgusciò via.
“Oddio! A volte penso che dovrei tapparmi la bocca!” esclamai.
“Perché? – chiese Siskit – Ti fa schifo essere paragonato ad una dottoressa?”
“Niente affatto, ma Prija mi sfotterà a lungo per questo.”
Siskit sorrise. “Hai ragione!” esclamò.
“Parliamo del tuo lavoro. Ti occupi delle vendite dirette?”
“No, sto a logistica.”
“Sembra difficile.”
“Per niente. Sto al computer e mi occupo di riempire di merci i containers, e poi assegnarli alle navi dirette in America o in Europa.”
Si dilungò sul modo migliore per utilizzare gli imballaggi in base alle loro dimensioni. E a come assegnarli ai vari containers in modo che quelli in cima fossero i primi da scaricare.
“Wow, affascinante! Ma che…?!?!”
“Ho un’eruzione cutanea!”
“Oddio, eccola che torna!” Mi misi le mani sulla faccia. “Monistar, Prija. Compralo in farmacia. Non c’è bisogno della ricetta medica. Siskit e io stavamo parlando.”
“Di me?” E sorrise. Per la terza volta, quella sera.
Devo andarmene subito, prima di spiattellare tutto.
“Oh, Signore.” Mi appoggiai allo schienale della sedia, per prendere i soldi dalla tasca dei pantaloni. “Proprio divertente. Ora devo andare.”
“Perché te ne devi andare?” chiese Siskit.
“Ho bisogno di dormire.” dissi.
“Domani è domenica. Nessuno lavora.” aggiunse Prija.
“C’è gente costretta a lavorare tutti i giorni.”
“Sulle femmine o sui libri?” chiese Prija.
“Non ti arrendi mai, vero?” Sorrisi.
Lei scosse la testa, ridendo.
“Devo iniziare un nuovo libro.”
“E di che parla?”
“Non te lo posso dire. E’ una storia triste.”
“A me piace leggere.”
“Pensi di essere capace?”
“Leggo meglio di come scrivi tu.”
“Buonanotte, signore.”
“Ci vediamo domani.” disse Siskit.
“Ti porteremo in un bel ristorante.” disse Prija.
Scossi il capo: sapevo che stavano scherzando.
CAPITOLO TRE
Un bussare alla mia porta mi spaventò. Chi poteva essere? Diedi un’occhiata all’orologio sul microonde: le quattro pomeridiane di domenica.
Aprii la porta e mi trovai faccia a faccia con due ragazze sorridenti.
Prija mi scavalcò entrando. “Allora, sei pronto per uscire? Ti devi cambiare questa camicia puzzolente!” Esaminò con cura il mio appartamento.
Siskit mi sorrise e mi abbracciò.
“Che bello vederti, Siskit! – le dissi – Credevo che steste scherzando quando mi avete parlato dell’andare fuori a cena!” Chiusi la porta.
“Ti abbiamo avvisato che saremmo venute a prenderti.” Disse Prija, sedendosi davanti allo schermo del PC.
“Ho creduto che non faceste sul serio, perché non vi ho mai detto dove alloggiavo.”
“Che roba è?” chiese Prija, indicando le cifre sul monitor.
“La stima del budget necessario per i lavori di ristrutturazione dell’ospedale e la nostra offerta.”
“Wow, quanti numeri!” Guardo la cifra del totale. “ Cosa? Diciassette milioni di dollari?”
“Si, questa è la stima che hanno fatto i miei soci.”
Prija si alzò. “Siskit, tu che sei pratica di conti, dai un’occhiata a questo.” Porse la sedia alla sorella. “Vai daccapo.”
Le due ragazze cominciarono a scorrere i numeri.
“E’ una cosa piuttosto noiosa. – dissi – Allora, è tutto esatto?”
“Oh Oh! – disse Siskit, indicando alla sorella delle cifre. Scorse velocemente la pagina successiva.
“Che cos’è “il mix pronto?” chiese Prija.
“E’ la miscela di calcestruzzo, pronta per l’utilizzo.” risposi.
“E quante sono dodicimila iarde?”
Feci un rapido calcolo mentale. “Circa 120 camion pieni.”
Le sorelle si guardarono. “Guarda, che c’è un errore sui 120 camion di calcestruzzo.” esclamò Prija.
“Che dici?” Mi fiondai anch’io a guardare lo schermo.
“Guarda. 204 dollari per dodicimila metri cubi di calcestruzzo.” E m’indicò il numero.
“Santo cielo!” Mi precipitai al telefono. “Dovrebbero essere 20.400 dollari!” Feci il numero. “Scendi all’ultima pagina.” IL telefono squillò. “Sottrai 20000 dal totale. Ehi, numero Tre!”
“Che c’è?”
“A che punto siamo con la nostra offerta per i lavori di ristrutturazione dell’ospedale?”
“Che ore sono lì?”
“Le quattro del pomeriggio. Allora? Dai un’occhiata alla cifra totale dei costi.”
“Ma che c’è? – bofonchiò l’uomo dall’altro capo del telefono – Vuoi darmi almeno il tempo d svegliarmi prima di cominciare a urlare?”
“Ma che fai, dormi?”
“Di solito è quello che si fa a notte fonda. Dammi il tempo di aprire gli occhi e accendere il PC.”
Tamburellai impaziente con le dita sul tavolo.
“Ok, sono davanti al PC e sto guardando l’offerta.”
“La vedi la cifra totale per i costi del mix pronto?”
“Aspetta, sto arrivando…Oddio!”
“Proprio così!”
“Dovrebbero