Il Cercatore Di Coralli. Mongiovì Giovanni. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Mongiovì Giovanni
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Исторические любовные романы
Год издания: 0
isbn: 9788835403159
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era rinomata non solo alla corte dell'emiro di Mahdia, ma anche a quella del califfo del Cairo. Perfino le principesse di Palermo, figlie e sorelle di Re Ruggero, avevano indossato inconsapevoli i monili che Kamal sistemava, in quanto aveva saputo ben sfruttare le relazioni commerciali che in passato vi erano stati tra i due regni.

      Quella mattina Kamal si recò al molo, proprio come faceva in tutti quei giorni in cui le sue barche prendevano il largo. Intendeva dare indicazione ai suoi uomini circa l'ubicazione di una possibile foresta di corallo nero, volendo appurare se i racconti sulla presenza di tale preziosità nelle vicinanze fossero veraci. Anticipò l'arrivo dei pescatori e guardò l’orizzonte, verso est. Il sole era appena spuntato e rifulgeva sul mare un'intensa luce, accecante se si indugiava con lo sguardo. Quindi notò al largo quelle che sembravano le sagome di grosse imbarcazioni. Pochi giorni prima la città si era rallegrata quando era giunta la notizia che la minaccia di Ruggero fosse ancora lontana. Tutti, partendo da Hasan, erano consapevoli che in quel periodo Mahdia non avrebbe mai potuto contrastare un attacco così diretto, e dunque non avevano potuto far altro che sperare. Ora tuttavia qualcosa non andava... quelle che vedeva Kamal erano proprio le navi del Regnum! Duecentocinquanta legni che coprivano l’orizzonte e si avvicinavano minacciose.

      Non potendo appurare la velocità con la quale avanzavano, Kamal credette che in poco tempo sarebbero piombate sulla città. Corse come un pazzo verso il palazzo dell'emiro, gridando nel frattempo per le vie che “Quei maledetti... quegli infedeli... quegli apostati” fossero alle porte. Dicendo “quei maledetti” si riferiva agli Altavilla, dicendo “quegli infedeli” ai siciliani cristiani e dicendo “quegli apostati” ai saraceni che prestavano servizio nell’esercito di Ruggero. Com’è facile immaginare si scatenò il panico.

      Giorgio d’Antiochia contava di sfruttare tale trambusto per stanare gli abitanti fuori dalle mura e così prenderli rapidamente sull'istmo che univa Mahdia alla terraferma. Tuttavia, se non era in grado Hasan di contrastare la flotta, lo fu un poderoso vento che, soffiando in opposta direzione a quella delle navi, costrinse le galee ad ammainare le vele e a darsi da fare sui remi. Falliva così l'effetto sorpresa e la possibilità di prendere rapidamente la città con tutte le sue ricchezze, e soprattutto di prendere prigioniero Hasan. Temendo quindi che tutti fuggissero, l'Amiratus, mentre annaspava contro la corrente, mandò un'ambasceria su una piccola imbarcazione a rassicurare l'emiro che veniva in pace e che gli accordi vigenti non sarebbero stati cancellati da atti di aggressione. Chiaramente Giorgio d’Antiochia voleva tentare l'ultima, poiché solo uno stupido non avrebbe capito che duecentocinquanta navi da guerra non erano lì per caso. Quando ad Hasan venne proposta l'alleanza e di marciare insieme verso Gabes, lì dove i ribelli avevano avuto la meglio sul governatore Jūsuf e comandavano ora la città, rispose con un secco rifiuto. Avrebbe preferito la morte piuttosto che unirsi ad un re cristiano per combattere altri servitori di Allah. Ciò nonostante, alla morte prospettata nelle belle parole, Hasan preferì la fuga. Si portò dietro la famiglia, i suoi uomini di fiducia e le ricchezze facilmente trasportabili. Lo seguirono in tanti pure tra i cittadini, soprattutto coloro che, essendo più abbienti, avevano qualcosa da perdere.

      Se i restanti si fossero messi in testa di difendere la città in fervor di patria e religione, per certo sarebbero stati sconfitti, e al massimo avrebbero resistito all'assedio un solo mese prima di esaurire le scorte e morire di fame. Chi non fuggì, perciò, si nascose nelle chiese e nelle case dei cristiani, trovando asilo e riparo dalle veniente depredazione dei siciliani.

      Nel corso della giornata Giorgio d’Antiochia sbarcò senza colpo ferire e subito si preoccupò di raffrenare la foga dei soldati per qualche ora. Fece in tempo a prendere il palazzo dell'emiro, incustodito e pieno di ricchezze... preservò quindi le donne dell'harem e quei figli di Hasan che erano stati lasciati indietro per la fretta, e fece accampare fuori dalla città quanti cristiani abitassero fra le mura. Infine diede il via libera all'esercito affinché ogni uomo in armi trovasse nel bottino una buona ragione del loro essere soldati.

      I soldati del Regno erano ben conosciuti in tutta Europa per la violenza che riversavano sulla gente assoggettata. Per via del gran numero di mori che faceva parte dell'esercito, gli uomini di Ruggero erano conosciuti come i “saraceni di Sicilia”, cosa che, vista la nomea di barbari assassini che avevano gli infedeli, serviva ad aumentare il terrore nelle popolazioni nemiche. Li conoscevano bene quegli abitanti del sud Italia che ne avevano fatto le spese subendo razzie, stragi, stupri e quant'altro quando anni prima il novello Re aveva dovuto affermare con la forza la sua posizione sulle province ribelli.

      Adesso toccava alla povera gente di Mahdia conoscere l'infamia della guerra. Quel 22 di giugno sarebbe stato ricordato a lungo dagli abitanti della capitale dell'Ifrīqiya...

      Kamal e la sua famiglia erano fuggiti via al seguito dell’emiro. Avevano perciò passato la notte accovacciati tra gli arbusti dalla sterpaglia, tenendo stretti un paio di sacchi contenenti i gioielli che erano riusciti a raccattare prima di lasciare la città.

      Tutti disseminati nella zona se ne stavano parecchi concittadini, i quali erano scappati per lo più a piedi, essendo che quelli erano giorni duri e le cavalcature scarseggiavano. Di Hasan e del suo seguito invece non se ne seppe più nulla; le notizie sulla sua sorte cessarono del tutto con la mezzanotte.

      Al mattino gli sguardi dei fuggitivi sembravano voler carpire ognuno nell'altro le prossime intenzioni, così da accodarsi in scelte che nessuno era in grado di prendere personalmente. La carovana riprese dunque a camminare seppure nessuno sapesse chi avesse preso l'iniziativa o dove si stesse andando. Era chiaro però che inoltrandosi verso il deserto, con donne e bambini al seguito, non sarebbero andati lontani. Inoltre, il rischio di essere attaccati dalle bande dei tagliagole, beduini sanguinari e senza scrupoli, aumentava man mano che ci si allontanava dalla civiltà. Comunque sia, verso metà mattinata arrivarono dalla direzione di Mahdia un gruppo di uomini a cavallo. Lì per lì i fuggitivi temettero di essere presi dal nemico, ma poi appurarono che i cavalieri erano persone conosciute. Si trattava di alcuni uomini della milizia di Hasan, rimasti in città nel momento in cui il naviglio siciliano era sbarcato.

      Un certo Abdel si avvicinò a Kamal e, dall'alto del suo destriero, gli disse:

      «Fratello, il capo degli infedeli ha proclamato l'amān31 e invita tutti i cittadini di Mahdiyya a rientrare nelle proprie case. Guarda in fondo verso la direzione da cui vengo e noterai un gran polverone... sono le bestie che il cristiano ci ha affidato affinché donne e bambini tornino comodamente oltre le mura.»

      Da tutto ciò si comprendeva quanto Giorgio d’Antiochia conoscesse le usanze di quella gente e sapesse applicare le loro consuetudini in materia di diritto islamico. Ciò che era stato decenni prima per i mori di Sicilia, adesso l'Amiratus lo estendeva anche a quelli d'Africa. Ovviamente per l'antica comunità cristiana di Mahdia quello era un giorno memorabile, di riscatto e rivalsa sui dominatori di molti secoli. Ciò non significava, tuttavia, che i saraceni avrebbero vissuto da dominati, in quanto se fossero stati disposti a sottomettersi al nuovo ordine di cose avrebbero potuto trarne profitto e arricchirsi in funzione delle proprie capacità. Inoltre la sharia sarebbe stata ancora vigente sui fedeli del Corano, così come avveniva in Sicilia, mentre i cristiani e i giudei32 avrebbero avuto altre leggi, basate sulla propria tradizione. Giorgio d’Antiochia, saggio e capace, estendeva quindi il Regno e la sua tolleranza pure all'altra sponda del Mediterraneo.

      Kamal sapeva di aver lasciato a Mahdia molto più di quei due sacchi che si era portato dietro, perciò prese la palla al balzo e decise che sarebbe rientrato; forse avrebbe potuto fare affari d'oro con quegli avari cristiani di Sicilia... Guardò la sua famiglia, i suoi figli, e poi assentì col capo facendo capire che cedeva all'invito del nemico. Fu allora che si voltò e vide che migliaia di suoi concittadini marciavano in direzione di Mahdia, convinti a rientrare dalle stesse argomentazioni che avevano fatto presa su di lui.

      Non è facile elencare tutti gli atti che compì Giorgio d’Antiochia nella settimana che era cominciata con lo sbarco. Tra le tante cose, mandò i figli e le donne dell'harem di Hasan in Sicilia, trattandoli con benevolenza... invitò molti dei nomadi dell'Ifrīqiya a stanziarsi accanto alla cittadinanza in modo da compensare alla crisi demografica... permise ai