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Piccola Biografia dell’Autrice
How to Kiss a Debutante Copyright © 2019 by Dawn Brower
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Cover art by Victoria Miller
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Pubblicato da Tektime
Capitolo Primo
Novembre 1922
Aletha Dewitt si strinse più forte nel suo cappotto, mentre camminava nel quartier Generale della Carter Candy. Suo nonno paterno era proprietario e Amministratore Delegato della Compagnia multimilionaria. Sua madre, Ester Carter Dewitt, era la sua unica figlia ed erede. Il nonno, Philip Carter, proveniva da una vecchia schiatta di maschi sciovinisti, convinti che il posto adatto per una donna fosse accanto al marito o a casa a occuparsi dei suoi bambini. Così, anche se sua madre era l’unica erede legittima, tuttavia Aretha non sarebbe mai diventata proprietaria della famosa Compagnia, che sarebbe finita o nelle mani di suo padre o di suo fratello, Christian. Comunque, sua madre non aveva mai dato segni di interessarsi alla cosa, e questo Aletha non riusciva proprio a capirlo.
Suo padre, Thomas Dewitt, era già proprietario dell’azienda della sua famiglia d’origine e quindi, con ogni probabilità, avrebbe passato l’amministrazione della Candy Carter Company a Christian. Al padre non importava se il figlio fosse in grado o meno di assumersi questa responsabilità; era troppo simile a suo nonno e non aveva mai neanche preso in considerazione la possibilità di affidare invece la Compagnia ad Aletha. Ecco perché adesso lei era determinata a far capire a suo nonno di essere tagliata per il mondo degli affari.
Si diresse direttamente verso l’ascensore, che era stato installato da poco nell’edificio, ma Aletha lo trovava scomodo e…claustrofobico. Aveva paura di tutti quegli strani congegni e le ci voleva bisogno di tempo per abituarsi a quello strano affare. L’ufficio della Compagnia si trovava al terzo piano; non ci avrebbe impiegato molto a farsi le scale.
Ci arrivò senza fiato: evidentemente, non era abituata a questi sforzi. Così, si prese un attimo per riprendersi e poi si sistemò per bene la gonna. Ci teneva a presentarsi davanti a suo nonno perfettamente in ordine, perché sapeva che gran parte delle scelte delle persone si basano anche sull’aspetto. O, almeno, questo era quello che diceva suo nonno. Poteva quasi sentirlo nella mente: “Le signorine per bene non vanno mai in giro con abiti trasandati e poco curati! Danno poco affidamento per un probabile matrimonio!”
Sospirò. Ciò contro cui avrebbe dovuto combattere era la visione arretrata e patriarcale del nonno riguardo le donne. Convincerlo ad avere fiducia in lei, una femmina, per un incarico di così grande responsabilità non era affare da poco! Forse, stava fantasticando su un sogno che non si sarebbe mai realizzato! Tuttavia, si disse che doveva almeno provarci.
Continuò a ripetersi sottovoce: “Sono pronta, sono pronta, sono pronta…” Sperava che così lo sarebbe stata per davvero! Fece un passo verso l’ufficio del nonno e trovò la porta aperta. Ciò rendeva tutto più semplice, ma Aletha bussò ugualmente. Il nonno alzò lo sguardo dai suoi registri e la scorse. I suoi capelli erano grigio argento, radi e morbidi come fili di seta. Per contrasto, gli occhi erano di un azzurro gelido, tale da congelare all’istante chiunque. Philip Carter non cambiò espressione, quando scorse la nipote sulla soglia, ma mantenne il gelo nei suoi occhi. Sembrava che non provasse amore per nessuno, nemmeno per i componenti della sua famiglia. Non cedeva mai ad atteggiamenti affettuosi. Aletha, in un certo senso, lo stimava per questo, eppure nella sua infanzia avrebbe tanto desiderato le coccole del nonno.
“Buongiorno, nonno!” disse, entrando nell’ufficio.
S’irritò molto, quando l’uomo non si degnò di risponderle. Lui rimase lì a fissarla, in attesa che lei parlasse e spiegasse il motivo della sua visita. Aletha resistette all’impulso di dirgliene quattro: se lo avesse fatto, avrebbe confermato in suo nonno l’idea di essere una donnetta permalosa da quattro soldi. Invece, si avvicinò alla scrivania con atteggiamento spavaldo e la schiena dritta, come di chi sa il fatto suo. Non avrebbe mai mostrato segni di cedimento davanti a suo nonno!
A un certo punto lui sospirò, e posò la penna con cui stava scrivendo: “Cosa posso fare per voi, Aletha?” chiese.
Perché cavolo avete lasciato che mio padre affidasse la Compagnia a…. pensò. Ma si guardò bene dall’esprimere ad alta voce i suoi pensieri. Invece disse, semplicemente:
“Vorrei discutere del mio futuro con voi, se non vi dispiace.”
Lui aggrottò la fronte. “Non vedo di cosa dovremmo parlare. Voi sposerete un buon partito, possibilmente nobile, sfornerete un paio di mocciosi e impegnerete il resto del tempo alle serate di beneficenza. Che altro c’è da dire?”
No, non avrebbe urlato Voi, brutto retrogrado…! Invece gli parlò con grazia, guardandolo dritto in faccia. “Veramente, mi piacerebbe fare qualcosa di più interessante che mettere al mondo bambini…” Cavolo, sai che noia un matrimonio del genere!
Lui si strinse nelle spalle. “E cos’altro potreste fare? Siete una donna, e questo è il vostro destino!”
“Nonno caro, i tempi sono cambiati. Le donne hanno uguali diritti e possono esprimere i loro pensieri, oggi. Il diciannovesimo emendamento della Costituzione ce lo ha permesso! Mi piacerebbe dimostrare che una donna è ben più di una fattrice. Ci sono donne che hanno combattuto per il nostro diritto al voto. E altre che sono morte in questa crociata!”
“Non vedo cos’abbia a che fare tutto questo con voi. – esclamò lui, con arroganza – Queste cose non vi riguardano. Voi siete una signorina che sta per far la sua entrata in società, una debuttante. Abbiamo progetti molto diversi per voi.”
Lei alzò le braccia al cielo. “Ecco, questo è l’atteggiamento con cui combatto da una vita! Io voglio dimostrare a tutti voi che ho qualcosa di più di un bel viso e che sono una donna capace!”
L’uomo sbuffò e riprese a scrivere. Quella discussione si era già protratta troppo a lungo per i suoi gusti. “Ma perché ve la prendete così tanto? Alla fine, farete quello che fanno tutte le donne di questo mondo: