Tuttavia esistono anche due certificati medici contrastanti: il primo ci parla di morte per stricnina, l’altro di sifilide e il terzo di polmonite. Tutti però concordano sul fatto che Johnson morì dopo una lunga agonia e senza cure mediche . Come mai? Vediamo di ricostruire i fatti.
Ecco l’insegna del Three Forks, locale dove si dice che Johnson fu ucciso. Ma le mie ricerche mi inducono a pensare che non fu qui che l'artista fu avvelenato
Tuttavia fu lo stesso Edwards, in altre circostanze, a dare una versione un po’ diversa dei fatti. Sembra che, prima della famosa pinta di rhum contenete il veleno, fosse arrivata una prima bottiglia già stappata, e portata dal barista in persona, e che Sonny Boy Williamson l’ abbia fatta volutamente cadere per terra sussurrando a Robert: ”Non bere, è pericoloso!”. E Johnson infatti non bevve. Ma, dopo l’arrivo della seconda bottiglia, anche questa già aperta,
Johnson fu costretto a bere. Sembrano particolari banali ma vi assicuro che non è affatto così.
Per i suonatori ambulanti, e per i Bluesman in particolare, la vita era sempre attaccata a un filo. A dispetto di quanto si possa credere, il musicista ambulante era visto come ” barbone e mendicante” ed era tollerato solo se bravo nell’ intrattenimento.
Non dovete credere che Robert Johnson e la sua band portassero nei locali, come si usa oggi, la ” propria musica inedita”. Il blues era ancora ” musica di setta, maledetta e oscura” e il fatto che Johnson avesse registrato dei dischi non cambiava affatto la sua posizione nei rurali paesini del sud del Mississippi. Anzi, molti NON SAPEVANO AFFATTO che Johnson avesse inciso addirittura per la VOCALION. Ciò che potevano apprezzare di un musicista del genere era la capacità di intrattenimento degli avventori del locale, rudi agricoltori o braccianti di fattorie private, che in genere chiedevano ballate popolari e musica Country. La maggior parte di loro NON GRADIVA AFFATTO il Blues, che comunque costituiva solo il 10% del repertorio di Johnson.
Di lui si sapeva ciò che si diceva in giro e che, in fin dei conti, egli stesso ammetteva: che era un violento, un donnaiolo, un bevitore incallito e che aveva venduto la sua anima al demonio per suonare bene la chitarra. Nulla di nuovo sotto il cielo: per la massa OGNI BLUESMAN era così.
Come Alan Lomax , il più grande ricercatore al mondo sulla musica folk Americana degli inizi secolo ricorda, ” ogni musicista laico Afro-Americano era a parere di se stesso e dei suoi coetanei un FIGLIO DEL DIAVOLO, una conseguenza del peccaminoso abbraccio tra la tradizione Afro e la danza Europea portate all’ estremo ”.
Riguardo la morte di Johnson si sostenne l' omicidio per avvelenamento da parte di un amante geloso. Tuttavia NON FU MAI
APERTA UN’INCHIESTA e il caso venne immediatamente archiviato.
I Bluesman erano tutt' altro che sprovveduti: giravano per il mondo in condizioni difficili, vivevano mendicando , e il fatto che suonassero e non lavorassero, lo stile di vita che conducevano simile a quello degli altri disperati del periodo, neri bianchi Indiani o Messicani che fossero, li poneva ai margini della società. Spesso erano coinvolti in risse all’ ultimo sangue, in linciaggi pubblici, in ostracismi da parte delle organizzazioni religiose. Malvisti dalla gente ” perbene” erano spesso oggetto di maltrattamenti da parte delle forze dell’Ordine, e non pochi morivano tra le loro mani. In definitiva, il Rambler dell’epoca era una specie di fuorilegge, che viveva denunciando a testa alta le mancanze dello Stato e opponendosi all’integrazione forzata nelle pieghe di una società discriminante e spesso schiava di se stessa. La sua possibilità di sopravvivenza risiedeva tutta nella capacità di comprendere le situazioni, avvertire i minimi segnali di pericolo e, nel caso, mettersi in salvo.
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