Specialmente se intendeva utilizzarle a proprio favore.
CAPITOLO CINQUE
Matt venne sospinto in avanti quando l’auto urtò un piccolo dosso mentre Claire manovrava l’auto nel parcheggio dell’ospedale. Era il giorno in cui avrebbe appreso se la sua vista stava migliorando o se…deglutì il nodo alla gola. L’alternativa non era qualcosa a cui voleva dar voce. Era inaccettabile considerare il fatto che avrebbe potuto non vedere mai più. La vista offuscata che aveva dovuto sopportare durante il mese precedente era fastidiosa, e non aveva percepito segni del fatto che stesse guarendo.
L’auto si fermò. “Sei pronto per entrare?” domandò Claire.
No, non lo era. Non del tutto. In ospedale avrebbe o ricevuto belle notizie—o le peggiori. Ad ogni modo non era certo di essere sicuro di volerne sapere qualcosa. La sua vita era stata un limbo per troppo a lungo. Non ne aveva però parlato. L’ultima cosa che voleva fare era riversare tutte le sue ansie su Claire. Le avrebbe dato un’ulteriore ragione per restare a controllarlo. “Certo”. Alzò la mano e cercò la maniglia all’interno della portiera. “Andiamo a vedere il Dottor Sousa”.
“Ti posso aprire io la portiera”.
“No” sbottò lui. Contrasse con forza la mascella. “Riesco ad aprirmi da solo la dannata portiera”.
Posò la mano sulla maniglia e tirò. L’aprì e prese un respiro profondo. Tutto era molto più difficile di com’era prima, ma non era invalido. Poteva fare certe cose, e non aveva bisogno che Claire lo aiutasse anche nei minimi aspetti.
“Matt…”
L’ignorò e scese dal veicolo. Poi si rese conto che aveva bisogno di lei. Non aveva idea di dove si trovassero nell’affollato parcheggio, figurarsi individuare l’ingresso dell’ospedale. Accidenti, era così frustrante. Si appoggiò alla portiera ed attese che Claire si posizionasse al suo fianco. Ogni minuto in cui rimaneva inerte e dipendente da qualcun altro lo irritava sempre di più.
“Scusami” sospirò lei. “Non è mia intenzione darti fastidio”.
“Tranquilla” rispose, ed un muscolo della sua mascella si contrasse. Non voleva le sue scuse. “Adesso possiamo entrare?”
Gli cinse la vita con un braccio e cominciarono a camminare. Matt distingueva alcuni oggetti. La maggior parte di loro dedusse che fossero auto nel parcheggio. Non che potesse vedere la loro forma, ma aveva senso. I diversi colori erano evidenti, ma dopo un po’ presero a mescolarsi uno nell’altro. Udì le porte slittare ed aprirsi, ed entrarono. Claire lo guidò in ogni passo del tragitto, lungo il corridoio, sull’ascensore e finalmente nello studio di Ren.
“Ren?” Claire busso alla porta.
“Entrate” rispose il dottore.
Matt le concesse di aiutarla ad entrare. Si allungò e tastò la sedia prima di accomodarcisi lentamente. “Hai buone notizie?”
Avrebbe desiderato vedere l’espressione sul viso di Ren. L’avrebbe aiutato a comprendere. Basarsi solamente sul suo tono di voce non gli avrebbe dato la possibilità di capire il quadro completo. Si trattennero poiché non volevano indispettirlo. Anche Dani aveva tentennato attorno al problema in modo che Matt non si dovesse preoccupare. Era la sua vita quella che era stata irrevocabilmente cambiata dall’incidente.
“Ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi raggi che abbiamo fatto”.
Perché non sembrava felice? La sua voce era piatta come sempre. Perché non era qualcosa per cui festeggiare? Ogni miglioramento era qualcosa per cui aveva pregato ogni volta in cui era venuto ad un controllo dai dottori e durante gli incessanti test. Il suono blando della voce del Dottor Sousa lo faceva irritare. I pami delle sue mani erano umidi—Matt se li asciugò sui pantaloni e disse, “è una bella cosa, vero?”
“I tuoi test vanno bene” Ren s’interruppe. “Infatti mi aspettavo che la tua vista progredisse un po’ di più perché appunto, le analisi vanno bene. Mi preoccupa il fatto che la tua vista non sia migliorata”.
Matt rilassò la schiena sulla sedia ed assimilò le parole del Dottor Sousa. Doveva stare meglio…eppure così non era. Che cazzo si doveva fare di tale informazione? Era difettoso. Beh, se si guardava in tal modo—lo era. Fare tutto nel modo più complicato era il proprio modo di vivere la vita. Sembrava una buona idea arrampicarsi sulla collina quando avrebbe potuto scivolare giù dalla stessa facilmente. Forse era un modo testardo del suo corpo di agire come il suo solito.
“Che cosa significa?”
Udiva il fruscio dei fogli, ma oltre a ciò l’accoglieva solo il silenzio. Gli vennero le vertigini ed ondeggiò. Allungò il braccio e si issò alla scrivania di Ren. Ragnatele d’incertezza colmavano la sua mente. Sarebbe stato sempre così? Sarebbe guarito, eppure non era ancora successo. Che brutte notizie stava per dargli Ren?
“Matt?” Claire attirò la sua attenzione, nella sua voce era impressa preoccupazione. “Che cosa sta succedendo?”
Scosse il capo, “sto bene”.
“Non sembri stare bene. Non è il momento di trattenersi”.
Matt strinse la mano attorno al bracciolo della sedia. Non aveva bisogno di questo. “Claire, lasciami solo con Ren. Devo parlargli in privato”.
“Non…”
“Va’” ordinò lui, interrompendo la sua obiezione. “Ritorna fra poco”.
“Se ne sei sicuro” la sua voce era esitante. Sentì poi le scarpe di lei spostarsi sul pavimento. Claire si abbassò e gli mise una mano sulla spalla. Era immobile, forse cercava una ragione per restare. Nessuna quantità di esitazione gli avrebbe fatto cambiare idea. Se non fosse stato scortese lei avrebbe trovato un modo per restare, e lui non poteva far sì che ciò accadesse.
“Lo so”. I muscoli della sua mascella s’indurirono. “Non sei necessaria qui”.
Claire soppresse un sussulto dalla sorpresa alle parole di lui. La sedia di Claire indietreggiò quando si alzò in piedi. “Ren, mi puoi chiamare quando hai finito? Ho bisogno di un po’ d’aria fresca”.
“Sì, certo” disse Ren. “Non dovremmo metterci troppo”.
I tacchi delle sue scarpe produssero un morbido rumore mentre se ne andò, ma Matt non tentò nemmeno di guardarla andarsene. Sembrava che fosse un comportamento inutile, poiché la sua vista continuava ad eluderlo. Era questo adesso, ed era ora di accettarlo. Claire sarebbe dovuta uscire dalla sua vita. Era l’unica scelta che ancora le restava.
“Siamo soli” cominciò Ren. “Mi vuoi dire che cosa succede nella tua testa?”
Dove cominciare? La sua vita faceva schifo. Non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Claire era la donna che voleva, e non credeva di poterla raggiungere. Non aveva niente da offrirle. Oh, e la cecità era più o meno permanente.
“Voglio che mi spieghi senza mezzi termini. Che possibilità ci sono di sistemare ciò che non va in me?”
“Credi che vedrai offuscato per il resto della tua vita, vero?” domandò Ren con fare calmo. “La mia onesta opinione è che è questo il tuo problema”.
Che diavolo significava? “Non ti sto seguendo. Che cosa c’entra? Non ha senso”.
“Per farla semplice, non c’è un motivo medico dietro la tua continua cecità. Tutti i testi hanno mostrato che sei guarito e che le ferite si stanno sgonfiando. Sei sano, ed i tuoi occhi dovrebbero esserlo altrettanto”.
Ma. Che. Cazzo? “Allora per favore spiegami perché i miei occhi si rifiutano di cooperare”.
Ren sospirò. “Non lo so, ma credo sia psicologico”.
Il buon dottore stava dicendo che era malato di mente? Dopo aver considerato