l’un l’altro dicendo:
“Sicuramente è stata la tempesta
da ieri sera la stava trascinando”.
La tempesta? dice l’altro
Come può essere?
“Con un vento insidioso
la barca mossa si sarebbe”.
Il pensiero nella gabbianella
per un po’ è rimasto
e tornando alla nave
seria la guardò.
Sì, il vento soffia forte
lo so molto bene
ma la nave è così grande
Come si poteva spostare?
E così la gabbianella
pensando lì stava
intorno alla nave
e questa non si muoveva.
È bloccata sulle rocce
e non si muove più
mentre la chiglia è rotta
non navigherà mai più.
Sicuramente la tempesta
la trascinò
da un mare infuriato
ed è per questo che si arenò.
AMORE
3. IL RICCIO E LA PERNICE
Volando era arrivata
stava per mangiare
era molto affamata.
quando qualcosa vide.
La pernice guardò e guardò
e a guardare continuò
quello che cibo sembrava
a dimenarsi cominciò.
Un po’ si scansò
ma a guardarlo, continuò
quello, che cos’è quello?
quello che sto vedendo ora.
Che cosa sei? Chiese.
e sorpresa rimase
pensava di conoscere tutto
tutto quello che sul campo c’era.
L’altro aveva sentito
rispose subito.
“Un riccio, non vedi?”
e non si mosse.
“Vedendoti, ti vedo molto bene”
la pernice rispose
“Ma mai da queste parti
ti incontrai prima”.
“Forse perché qui non sei mai passata
perché non mi sono mai mosso
Qui ho la mia casetta
ma non ho amici”.
La pernice lo fissò e poi
gli aghi vide
e anche se non gli piaceva
al riccio ha disse:
“Se vuoi posso esserlo io
ma non mi piaci affatto”.
Cosa? chiese.
perché nulla ne sapeva.
“I tuoi aghi son pericolosi
e potrei infilzarmi
su un’ala o negli occhi
e più volare non potrei”.
“Andiamo, stai esagerando
Come potrei pungerti?
se nemmeno ti avvicini
io lì non ci arrivo”.
La pernice ci pensò un po’ su
e a volare iniziò
Dove vai? chiese l’altro
che solo sarebbe rimasto.
““Forse un giorno tornerò
quando ci avrò pensato
perché non mi piacciono gli aghi
e te li sei tolti”.
E volò via
più non tornò
il riccio rimase
triste in solitudine.
Ma aveva capito
le motivazioni che aveva
con quegli aghi che ha
sarebbe stata infilzata.
AMORE
4. IL SIGNOR POMPON
Un’ape una mattina
volando si avvicinava
a qualcosa di strano che lì
sul suolo stava.
“Che cos’è?” sta dicendo
quello non rispondeva
l’ape a guardar continuava
e un po’ si spaventava.
Volando se ne andò
ma improvvisamente si fermò
su un ramo lì accanto
e di nuovo lo guardò.
Quello era ancora sul suolo
e dato che è molto curiosa
si avvicinò una volta ancora
per vedere cos’era quella cosa.
“Perché non vuoi parlare con me?”
La piccola ape chiedeva
quello era ancora silenzioso
e nessuno le rispondeva.
Improvvisamente una risata udì
guardò con stupore
per vedere chi rideva
e un piccolo verme vide.
“Con chi stai parlando?”
il vermicello chiese
“E tu, perché hai riso?”
l’ape gli rispose.
“Prima dimmelo tu”
il verme dice
“Beh”, dice l’ape
ed in fretta lo dice.
“Questo non vuole parlare con me”
disse la piccola ape
“E non gli ho fatto niente
gli ho chiesto cosa stesse facendo.
Il vermicello tra le risate
all’ape ha raccontato
che quello che lì c’era
mai parlare lo aveva ascoltato.
“Non credo che sappia parlare”
il piccolo verme disse
“Ma si chiama Pompon”
questo è quel che so.
“Pompon” ripeté l’ape
il nome le piaceva
“Signor Pompon” continua a dire
andandosene volando.
Era il pompon di una festa
che qualcuno aveva gettato via
era lì sul suolo
dimenticato e tutto solo.
Alla piccola ape piaceva
lo