“E fidarti di gestire una cosa così importante insieme a criminali e Picti?” chiese ancora sir Bolis. Royce si trovò a chiedersi come un uomo così giovane potesse riuscire a mostrarsi tanto pomposo.
“Hai problemi con la mia gente, intruso?” chiese Neave, portando la mano al coltello.
“Basta così,” disse Royce. “Sarà già piuttosto difficile di per sì. Abbiamo bisogno di lavorare insieme.”
Fu quasi sorpreso quando vide che gli altri smisero subito di bisticciare.
“Si fidano di te,” disse Mark, mentre gli altri prendevano un poco le distanze fra loro. “Quando sei tu a guidare, la gente ti segue.”
“È per questo che vieni con me?” chiese Royce.
Mark scosse la testa. “Sai che non è questo.”
“Anche se pensi che le Sette Isole siano pericolose?”
“Sono pericolose,” disse Mark. “Ci sono delle creature lì che… sono bel lungi dall’essere umane. Ci sono troll ed esseri che appartengono al mondo dei morti, e peggio ancora. Sei sicuro che è lì che dobbiamo andare?”
Come poteva fare Royce a spiegarglielo? Come poteva spiegare ciò che aveva visto con Lori, l’anziana donna che era tornata giovane e aveva avuto quelle visioni? Gli aveva detto dove si trovava suo padre, e Royce doveva andare a vedere, senza riguardi per quanto potesse essere difficile.
“Sono sicuro,” disse invece.
“Beh, mi hai salvato la vita così tante volte,” disse Mark, “che dove vai tu, io ti seguo.”
Royce non aveva parole per spiegare quanto si sentisse riconoscente nel sentirglielo dire. Con tutto ciò che li aspettava… anche se non era quello che li aspettava a preoccuparlo. Era quello che si era lasciato alle spalle. Si era appena fidanzato con Olivia e i suoi pensieri continuavano ad andare alla figlia del conte di Undine, col desiderio di aver avuto più tempo da passare con lei prima di doversene andare… e se il suo volto di tanto in tanto cambiava nella sua mente diventando quello di Genevieve… beh, almeno riusciva a scacciare quei pensieri dalla testa.
Royce proseguiva, concentrandosi sul viaggio che avevano davanti in modo da non dover pensare a Genevieve e al modo in cui lo aveva spinto da parte, o alla velocità con cui tutto era accaduto con Olivia.
Ci stava ancora pensando quando Bragia planò verso terra e i suoi artigli si stringevano sulla spalla di Royce mentre vi si posava sopra. Emise il suo verso stridulo, ma la voce che Royce udì era quella di Lori, e le parole della strega gli risuonarono chiaramente nella testa.
“Segui il falco, Royce. Lei ti porterà da una persona che devi incontrare.”
Bragia riprese il volo e Royce si trovò a seguire il falco con gli occhi, chiedendosi quanto controllo avesse la strega sull’animale, e quali fossero le sue intenzioni. Gli aveva già detto che aveva visto violenza e morte nel suo futuro, lo aveva già in parte incolpato per le cose che erano successe nel villaggio. Royce non aveva motivo per pensare che lei lo volesse aiutare.
Solo che sembrava che lo stesse aiutando, e dato che sapeva dove si trovava suo padre, tutto ciò che Royce poteva fare era fidarsi di lei. Royce seguì il falco, cavalcando mentre Bragia attraversava in volo le lande verso un punto dove si ergeva una capanna isolata, con il tetto ricoperto d’erba e il fumo che si alzava da essa.
C’era del fuoco, e sembrava che tutto, dai mobili alle stoffe, fosse stato bruciato, tanto che ora i resti stavano fumando man mano che venivano consumati sempre più, davanti alla dimora. Accanto al fuoco giacevano due corpi, vestiti con i resti di quelle che sembravano armature di soldati. Erano così ricoperti di sangue che era difficile distinguere di quale fazione facessero parte. Però Royce non poteva vedere nessun altro nei paraggi.
“Salve,” disse smontando da cavallo. “C’è nessuno qui?”
Tenne la mano ferma sull’elsa della spada di cristallo che aveva al fianco, temendo che ci potessero essere dei banditi o qualche altro nemico. Era ovvio che c’era stato qualcun altro a uccidere quegli uomini, e neanche tanto tempo prima, ma ora la casa sembrava vuota, la porta aperta come se l’avessero buttata giù a calci.
Poi sentì un ringhio provenire dalla soglia e si voltò vedendo una creatura lì in piedi, gli occhi gialli e i denti digrignati.
“Un lupo!” gridò Matilde mentre il suo cavallo si impennava.
Però non era veramente un lupo. Questa creatura era più grande, e c’era qualcosa in essa che la faceva assomigliare tanto a una volpe quanto a un lupo. I denti erano comunque lunghi, e gli artigli sembravano affilati. Era ricoperta di sangue, ed era ovvio che quel sangue apparteneva agli uomini morti lì.
“Non un semplice lupo,” disse Neave. “Un bhargir, un essere magico.”
“È solo un grosso lupo,” disse sir Bolis smontando da cavallo e sguainando la spada.
“Non è un lupo,” insistette Neave. “Il mio popolo ha storie su queste cose. Alcuni dicono che sono creati da maghi malvagi, altri dicono che sono le anime dei morti, o uomini che indossano le pelli di bestie cucite insieme e diventano quindi cose diverse.”
Qualsiasi cosa fosse quella creatura, sembrava arrabbiata. Camminava verso di loro ringhiando, e Royce trovò quei grossi occhi gialli fissi su di sé. Per un momento pensò che magari la creatura gli stesse per saltare addosso. Poi Bragia si posò nuovamente sulla sua spalla.
“Si chiama Gwylim.”
“Chi?” chiese Royce. “Cosa sta succedendo qui, Lori?”
Ma il falco si rimise in volo e Royce sospettò che non le avrebbe carpito nessuna risposta, neanche se fosse rimasto lì. Si voltò a guardare sir Bolis che avanzava con la spada puntata, pronto a colpire la bestia.
“Va tutto bene,” disse il giovane. “Me ne occupo io.”
Il cavaliere iniziò a far roteare la spada, e quasi senza pensarci Royce si mise in mezzo afferrandogli il braccio.
“Aspetta,” disse. “Aspetta, Bolis.”
Sentì il cavaliere fare un passo indietro, anche se tenne la spada pronta.
“Quella cosa ha ucciso due uomini e ci sta minacciando,” disse Bolis. “Dovremmo ucciderlo in modo che non faccia male a nessun altro!”
“Non ancora,” disse Royce. Si voltò a guardare il… come l’aveva chiamato Neave? Un bhargir? Ora poteva vedere che non tutto il sangue che la bestia aveva addosso apparteneva agli uomini. C’era una ferita che gli percorreva tutto il fianco. Non c’era da meravigliarsi che la creatura stesse ringhiando.
“Gwylim?” chiese Royce.
Non appena pronunciò il nome, il ringhio cessò e il bhargir piegò la testa di lato, guardandolo con occhi particolarmente intelligenti.
“Puoi capire qualcosa di quello che dico, giusto?” chiese Royce. “Mi ha mandato la strega Lori. Se lei conosce il tuo nome, forse tu conosci lei?”
La creatura chiaramente non aveva modo di rispondere, ma parve comunque calmarsi e si portò vicino a Royce, sdraiandosi ai suoi piedi. Quando lo fece, Royce notò una cosa che gli parve impossibile: la ferita che aveva al fianco stava iniziando a rimarginarsi, ricucendosi insieme a velocità quasi impossibile. Non c’era ovviamente niente di normale in quella creatura.
Royce non era sicuro di cosa dover fare. Lori l’aveva ovviamente indirizzato lì da quella creatura per un qualche motivo, ma quale? Guardò nella casa, cercando di capirlo, ma sembrava del tutto spoglia: chiaramente le cose che prima conteneva stavano ora ardendo nel falò lì vicino. Perché dei saccheggiatori come i due uomini morti avrebbero dovuto fare una cosa del genere?
Insicuro della risposta, Royce tornò verso il suo cavallo. Il bhargir