Murphy era nella cabina di comando, dietro una parete rinforzata. Sulla prua erano state montati un lanciagranate verde militare e una grossa mitragliatrice calibro .50. Quel cannone avrebbe fatto a brandelli anche un veicolo corazzato, ma non aveva idea se avrebbe funzionato là fuori, dato il freddo e l'acqua salata che schizzava ovunque. Oltretutto quella non era una barca adatta a essere guidata da una persona sola. Sarebbe stato costretto ad abbandonare i comandi per usare le armi.
Le luci dell’imbarcazione erano spente. Murphy avanzava nell’oscurità più assoluta. Portava occhialetti per la visione notturna, ma il mondo verdastro che gli mostravano non era confortante. Onde mostruose, acqua nera e schiuma bianca contro un cielo buio. Correva alla cieca nella furia della tempesta.
Scivolò in fondo a un cavallone, atterrando sull’acqua come in una giostra. A volte capitava che una barca arrivasse alla base di un’onda e sprofondasse sotto l’acqua, per poi svanire per sempre. Lo sapeva, ma preferiva non pensarci.
“Swann!” gridò nell’oscurità. “Dove sono?”
Quella cosa era dotata di radar, ecoscandagli, GPS, radio nautica VHF, e una miriade di sensori e sistemi di elaborazione, ma Murphy riusciva a malapena a manovrare la barca, men che meno dare un senso alle informazioni che arrivavano. In teoria Swann lo stava seguendo da remoto, monitorando la sua distanza dalla piattaforma.
Una voce gli gracchiò nelle cuffie.
“Swann!”
“Vai a nord!” lo udì urlare. “Da nord a nordest. Le correnti ti stanno spingendo a sud.”
Murphy controllò la bussola. Faceva fatica a distinguerla. Girò il timone della barca lievemente verso sinistra, cercando di seguire il nord. Non aveva idea di dove stava andando. Avrebbe potuto avere qualcosa direttamente davanti a sé e ci si sarebbe schiantato contro senza nemmeno vederlo.
Non aveva un piano. Nessuno aveva idea del suo arrivo, nemmeno i suoi colleghi. Swann e Trudy erano gli unici a sapere che aveva preso la barca, che si era infilato un giubbotto antiproiettile e che aveva caricato l’imbarcazione di armi e munizioni. Erano gli unici a sapere dov’era. Neanche lui avrebbe saputo dirlo.
E quasi non gli importava.
Era vuoto, insensibile.
Era un mero mezzo di trasporto per la dexedrina e l’adrenalina.
Là fuori c’erano dei terroristi. Loro erano i cattivi e lui era il buono. Lui era il cowboy e loro erano gli indiani. Lui era il poliziotto e loro erano i ladri. Erano l’FBI e lui era John Dillinger. Erano Batman e lui era il Joker. Era Superman e loro erano… chiunque volessero.
Non aveva importanza chi fosse chi o cosa.
Erano gli avversari e lui gli avrebbe fatto ingoiare quell’intera barca. Se fosse sopravvissuto tanto meglio. Non gli importava di morire. Era così che si era sempre gettato negli scontri, uscendone tutto intero. Con la sicurezza più totale.
Non gli importava molto della vita, della sua né di chiunque altro.
Era morto dentro.
Solo nei momenti come quello si sentiva davvero vivo.
“E est!” gridò Swann. “Dritto verso est!”
Murphy voltò leggermente il timone verso destra.
“Quanto manca?”
“Un minuto!”
Uno strano brivido lo attraversò. Stava gelando. Diavolo, era praticamente un cubetto di ghiaccio. Anche in tuta, con un grosso parka, i guanti, un cappello e il viso coperto, stava morendo di freddo. Aveva gli abiti fradici. Stava tremando, forse per la temperatura o forse per la scarica di adrenalina.
Era in gioco. C’era quasi.
Proprio lì. Stava per arrivare.
Aumentò la potenza della barca e scrutò nell’oscurità. La tempesta imperversava intorno. Raddrizzò le gambe e strinse il timone mentre l’imbarcazione ondeggiava.
Ora riusciva a vedere le luci. E sentiva dei rumori.
Pop! Pop! Pop!
Erano spari.
“Rallenta!” gridò Swann. “Stai per raggiungere la piattaforma!”
Davanti a lui, apparvero all’improvviso dei lampioni accesi.
Stava avanzando in fretta. Troppo in fretta. Swann aveva ragione. La riva era PROPRIO LÌ.
Ma tanto la barca era progettata per atterrare sulle spiagge.
Non poteva più fermarsi. Lanciò il mezzo alla massima potenza e si preparò all’impatto.
* * *
Un cadavere galleggiava nell’acqua sopra la testa di Luke.
Lui lo fissò. Era un Navy SEAL completamente equipaggiato. Era stato colpito da un proiettile mentre cercava di uscire dall’acqua. Ondeggiava da una parte all’altra, roteando come un’alga nelle correnti agitate. Le sue braccia e le gambe si agitavano scompostamente, simili a spaghetti scotti.
Poi affondò verso di lui.
Il sangue fuoriusciva da diversi fori nel suo corpo e tingeva di rosso l’acqua intorno. Luke sapeva che non avrebbe continuato a sanguinare a lungo. Ora che la sua muta si era aperta e l’uomo era stato esposto al gelo, si sarebbe congelato in fretta.
Un’accecante luce bianca brillava sopra di loro. Un momento prima aveva visto scendere lampade klieg da terra, che avevano illuminato il mare. I lampioni avevano rivelato i SEAL e a quanto pareva nessuno di loro era riuscito a uscire dall’acqua.
Il loro piano aveva previsto che si sfilassero le mute, liberassero le armi dagli involucri stagni e avanzassero dopo essersi orientati. Ma il loro attacco a sorpresa era andato completamente a monte.
Il nemico non era affatto sorpreso. Erano proprio sopra di loro e stavano sparando nell’acqua.
Sapevano del loro arrivo. Avevano previsto l’attacco sottomarino. Un’immagine lampeggiò di nuovo nella mente di Luke: il robot con la telecamera che brillava verde nelle acque scure.
Era un’imboscata. Gli stavano sparando come pesci in un barile.
Luke, a venti metri dalla superficie, vide i proiettili penetrare nell’acqua gelida sopra la sua testa, e perdere velocità nel liquido.
Nelle sue cuffie qualcuno stava strillando.
Ed era ancora accanto a lui. Gli diede uno spintone. Il collega si voltò a guardarlo e Luke indicò alle loro spalle e verso il basso. Più a fondo. Dovevano ritirarsi e andare più a fondo. Da un momento all’altro i loro nemici si sarebbero accorti che i proiettili non raggiungevano gli obiettivi, e avrebbero iniziato a usare armi più pesanti e potenti.
“Ritirata!“ gridava la voce nel suo casco. Era la prima volta che Luke riusciva a sentire chiaramente una comunicazione. “Ritirata!”
* * *
La barca scivolò sull’isola avanzando sul terreno ghiacciato.
La decelerazione fu istantanea. Il rumore del metallo sulla roccia fu orrendo. Murphy si ritrovò gettato per aria come una bambola di pezza. Volò sopra la console di comando e fuori dalla cabina. Colpì i comandi con le gambe e finì capovolto.
Roteò su se stesso per atterrare sulla schiena sulla prua della barca. Sbatté la testa sulla pavimentazione d’alluminio. BONG. Gli presero subito a fischiare le orecchie. Campane tubolari. I suoi occhiali per la visione notturna finirono chissà dove.
Ansimò, cercando