– Si, Bilsby, esclamò il colonnello Blomsberry, questi sono disinganni crudeli! Un bel giorno si abbandonano le abitudini pacifiche, si fanno gli esercizî militari, si dà un addio a Baltimora pei campi di battaglia, si agisce da eroi, e due anni, tre anni dopo, bisogna perdere il frutto di tante fatiche, addormentarsi in un ozio deplorevole e cacciarsi le mani in tasca.»
Checchè avesse potuto dire, il valoroso colonnello sarebbe stato in grave imbarazzo per offrire siffatta prova della sua inazione… eppure non eran già le tasche che gli mancassero!
E nessuna guerra in isperanza! disse allora il chiaro J. T. Maston, grattandosi cogli uncini il cranio di guttaperca. Non una nube sull’orizzonte, e ciò quando v’ha tanto da fare nella scienza dell’artiglieria! Io che vi parlo ho finito stamane un disegno, con piano alzato e sezione d’un mortaio destinato a mutare le leggi della guerra!
– Davvero? replicò Tom Hunter, volgendo involontariamente il pensiero all’ultimo saggio dell’onorevole J. T. Maston.
– Davvero, rispose quest’ultimo. Ma a che serviranno tanti studî riusciti con buon esito, tante difficoltà vinte? Non è un lavorare inutilmente? Pare che i popoli del nuovo mondo siansi dati la parola per vivere in pace, ed il nostro bellicoso Tribune[4] giunge fino a pronosticare vicine catastrofi, dipendenti dall’accrescimento scandaloso delle popolazioni!
– Eppure, Maston, riprese il colonnello Blomsberry, in Europa si fa guerra ad ogni momento per sostenere il principio di nazionalità!
– E così?
– E così, forse, ci sarebbe qualcosa da tentare laggiù, e se si accettassero i nostri servigi…
– Ma vi pare! esclamò Bilsby. Studiare la balistica a profitto degli stranieri!
– Sarebbe sempre meglio del trascurarla affatto, rispose il colonnello. – Senza dubbio, disse J. T. Maston, sarebbe meglio, ma non bisogna pensarci neppure a questo espediente.
– E perchè? domandò il colonnello?
– Perchè gli uomini del vecchio continente hanno certe idee sugli avanzamenti, che disturberebbero tutte le nostre consuetudini americane. Quella gente non si capacita che si possa diventare generale in capo prima di aver servito come sottotenente, ciò che equivarrebbe al dire che uno non può esser buon appuntatore se non ha fuso il cannone egli stesso! Or dunque, è precisamente…
– Assurdo! replicò Tom Hunter tagliuzzando i braccioli del suo seggiolone a colpi di bowie-knife[5], e dappoichè le cose sono giunte a tal segno, più non ci resta che piantar tabacco o distillar olio di balena!
– Come! esclamò J. T. Maston con voce sonora, gli ultimi anni della nostra esistenza non li impiegheremo al perfezionamento delle armi da fuoco! Non si offrirà una nuova occasione di provare la lunghezza de’ nostri tiri! Il lampo de’ nostri cannoni non ci schiarirà più! Non sorgerà una difficoltà internazionale che ci permetta di dichiarara la guerra a qualche potenza transatlantica! I francesi non coleranno a fondo uno solo de’ nostri steamers, e gli inglesi non appiccheranno, ad onta del diritto delle genti, tre o quattro nostri connazionali.
– No, Maston, rispose il colonnello Blomsberry, non avremo questa felicità! No. Non ne nascerà neppure uno di questi incidenti, e, se anche nascesse, non ne profitteremo! La suscettibilità americana si affievolisce di giorno in giorno, e noi faremo ritorno alla connocchia.
– Sì, ci umiliamo! aggiunse Bilsby.
– E ci si umilia! Replicò Tom Hunter.
– Tutto è vero pur troppo, rispose J. T. Maston con nuova veemenza. Ci sono nell’aria mille ragioni di battersi e nol si fa! Si tengono da conto braccia e gambe, e questo a beneficio d’uomini che non sanno trarne profitto! Sentite, senza cercare tanto lontano, un motivo di guerra: l’America del Nord non ha appartenuto un tempo agli Inglesi?
– Senza dubbio, rispose Tom Hunter stuzzicando il fuoco rabbiosamente coll’estremità della sua gruccia.
– Ebbene! riprese J. T. Maston, perchè dunque l’Inghilterra, a sua volta, non apparterrebbe agli Americani?
– Sarebbe pura giustizia, rispose il colonnello Blomsberry.
– Andate a farne la proposta al presidente degli Stati Uniti, esclamò J. T. Maston, e vedrete come vi riceverà!
– Ci riceverà male, mormorò Bilsby fra i quattro denti che aveva salvati dalla battaglia.
– Affè mia, esclamò J. T. Maston, alle prossime elezioni non avrà certo da contare sul mio voto!
– Nè sui nostri, risposero all’unisono que’ bellicosi invalidi. – Intanto, riprese J. T. Maston, e per conchiudere, se non mi si fornisce l’occasione di far le prove del mio nuovo mortaio sopra un vero campo di battaglia, do la mia dimissione di membro del Gun-Club, e corro a seppellirmi nelle savanne dell’Arkansas!
– Noi vi seguiremo, risposero gl’interlocutori dell’audace J. T. Maston.
Ora le cose erano a tal punto, le menti eccitavansi vieppiù, ed il Club era minacciato di una vicina dissoluzione; quando un avvenimento inatteso fu d’ostacolo alla triste catastrofe.
L’indomani di questa conversazione, ciascun membro del circolo riceveva una circolare concepita ne’ termini seguenti:
Baltimora, 3 Ottobre.
«Il presidente del Gun-Club ha l’onore di avvertire i suoi colleghi che nella seduta del 5 corrente egli farà loro una comunicazione di tal natura da impressionarli vivamente. E però li prega di cacciare per poco in disparte qualsiasi altra occupazione, e di accettare l’invito dato colla presente circolare.
Il collega presidente
Impey Barbicane, P. G. C.»
Capitolo 2 Comunicazione del presidente Barbicane.
Il 5 ottobre, alle otto pom., una folla compatta pigiavasi nelle sale del Gun-Club N. 21 Union-Square. Tutti i membri del circolo residenti a Baltimora avevano accettato l’invito del loro presidente. Quanto ai membri corrispondenti, gli express li sbarcavano a centinaia sulle vie della città: e per quanto grande fosse la hall delle sedute, tanto numero di dotti non aveva potuto trovarvi posto; per cui que’ signori rifluivano nelle sale attigue, in fondo a’ corridoi, e perfino nel mezzo delle corti esterne; ivi essi incontravano il popolo minuto che affrettavasi intorno alle porte, tentando ognuno di farsi strada alle prime file, avidi tutti di conoscere l’importante comunicazione del presidente Barbicane; spingendosi, urtandosi, schiacciandosi con quella libertà d’azione speciale alle masse educate colle idee del Self government[6]. Quella sera uno straniero che si fosse trovato a Baltimora non avrebbe ottenuto, neppure a prezzo d’oro, di aver accesso nella sala maggiore; questa era esclusivamente riservata ai membri residenti in luogo o corrispondenti; nessun altro poteva pigliarvi posto, e le persone più importanti della città, i magistrati del consiglio dei Selectmen[7]avevano dovuto frammischiarsi alla folla de’ loro amministrati per pigliare al volo le notizie dell’interno.
Intanto l’immensa «hall» offriva agli sguardi un curioso spettacolo. Il vasto locale era maravigliosamente adatto alla sua destinazione. Alte colonne formate di cannoni sovrapposti, ai quali servivano di base grossi mortai, sostenevano le esili armature della volta, veri merletti di ferro fuso. Panoplie di spingarde, di tromboni, d’archibugi, di carabine, d’ogni arma da fuoco antica e moderna, si distendevano sui muri, intrecciandosi fra loro in modo pittoresco. Divampava il gas da un migliaio di revolvers raggruppati a lumiere, e girandole di pistole e di candelabri a foggia