Esther la ripassò a Oliver, che la rimise attentamente nella tasca della tuta da lavoro.
“Chissà se il professor Nightingale lo saprà,” disse Esther. “Hai detto che dovrebbe essere un indovino, no?”
Oliver annuì. Era curioso riguardo alla bussola, e ancora più curioso di conoscere il professor Nightingale.
“Pensi che sappia qualcosa dei tuoi genitori?” gli chiese Esther.
Oliver sentì un piccolo nodo formarsi in gola. Deglutì. “Non voglio essere troppo speranzoso. Ma tutti i segni mi stanno portando lì. Quindi sono ottimista.”
Esther sorrise. “È lo spirito giusto.”
Raggiunsero la fine del ponte e imboccarono la strada principale. Il traffico era molto pesante qui, quindi presero una delle tante stradine laterali che scorrevano parallelamente.
Erano solo a metà della via quando Oliver notò un gruppo di ragazzi un po’ più grandi di lui ed Esther che stavano fermi nell’ombra. Provò un improvviso senso di pericolo.
Mentre lui ed Esther si avvicinavano al gruppo, i ragazzi improvvisamente sollevarono lo sguardo e fissarono gli occhi su di loro. Iniziarono a darsi colpetti col gomito e a sussurrare, chiaramente parlando di Oliver ed Esther. I loro sguardi maligni rendevano piuttosto ovvio il fatto che non avessero intenzioni amichevoli.
“Oh-oh, pare che ci siano dei guai,” disse Esther, avendoli chiaramente visti a sua volta.
Oliver ricordò i bulli con cui aveva avuto a che fare alla Scuola Media Campbell. Non si sentiva per niente spaventato come un tempo mentre gli si avvicinava, ma sentì Esther che gli si stringeva contro. Pareva intimidita.
“Bella tuta da lavoro!” esclamò uno dei ragazzi.
Gli altri si misero a ridere.
“Cosa sei?” gli chiese un altro. “Uno spazzacamino o roba del genere?”
Oliver tenne gli occhi fissi davanti a sé. Affrettò il passo. Accanto a lui, Esther fece lo stesso.
“Ehi!” gridò il primo ragazzo. “Sto parlando con te!”
Improvvisamente il gruppo li circondò. C’erano in tutto cinque ragazzi, e formavano un cerchio attorno a Oliver ed Esther. Esther pareva decisamente stressata dalla situazione.
“Per favore,” sussurrò sottovoce a Oliver. “Niente combattimenti. Non penso che il mio scudo possa bastare contro cinque.”
Ma Oliver era calmo. Aveva visto la forza di Esther. E aveva anche lui i suoi poteri. Messe insieme le cose, nessuno poteva fare loro del male. Nessun mortale, a ogni modo.
Oliver tenne il mento alto. “Scusate,” disse educatamente. “Dovremmo passare.”
Il primo ragazzo, il più alto del gruppo, incrociò le braccia. “Non fino a che non vi sarete svuotati le tasche. Andiamo.” Porse la mano con il palmo rivolto verso l’alto. “Cellulare. Portafoglio. Dammi qua.”
Oliver non si scompose. Parlò con voce fredda e determinata. “Non ho un cellulare né un portafoglio. E anche se li avessi, non te li darei.”
Da accanto a lui, Oliver sentì la voce di Esther, poco più che un sussurro. “Oliver. Non provocarli.”
Il ragazzo che aveva parlato si mise a ridere fragorosamente. “Oh, davvero? Allora dovrò prendermeli da solo.”
Fece per lanciarsi contro Oliver.
“Io non lo farei,” gli disse Oliver.
Subito Esther scagliò uno dei suoi scudi, innalzando così una barriera attorno a loro. Il ragazzo vi andò a sbattere contro. Rimase confuso. Provò ancora, ma la barriera impenetrabile lo fermò un’altra volta, come un vetro antiproiettile.
“Cosa stai aspettando, Larry?” chiese un altro ragazzo. “Prendilo!”
“Non riesco,” balbettò Larry, sempre più confuso. “C’è qualcosa in mezzo.”
“Ma di che parli?” chiese un altro della banda.
Anche questo si lanciò in avanti, ma andò a sbattere contro la barriera di Esther, emettendo uno sbuffo di dolore.
Oliver guardò verso Esther. Stava facendo un ottimo lavoro, ma lo sforzo era visibile sul suo volto mentre tentava di tenere la barriera al suo posto. Doveva fare qualcosa per aiutarla.
Oliver si ritirò nella sua mente, visualizzando il vento che sferzava in mezzo alle foglie autunnali, trasformandole in un tornado. Poi spinse fuori quell’immagine.
Subito le foglie iniziarono a vorticare. Colonne di vento salirono in aria, roteando e formando dei turbini. Oliver ne creò cinque, uno per ogni ragazzo.
“Cosa sta succedendo?” gridò Larry, il vento che gli faceva volare selvaggiamente i capelli.
Oliver si concentrò. Rinforzò i venti con la sua mente, poi li spinse fuori.
In un istante, i ragazzi si trovarono picchiati dalle folate di aria e foglie. Tentavano di scansarle, dimenando le braccia come se fossero attaccati da uno sciame di api, ma non servì a nulla. I tornado di Oliver erano troppo forti per loro.
Si girarono e scapparono di corsa. Il vento era così violento che inciamparono più di una volta nella loro fuga.
Oliver prese la mano di Esther, che stava ridendo.
“Andiamo, prendiamo un’altra strada.”
CAPITOLO OTTO
L’Università di Harvard era un posto dall’aspetto impressionante. L’architettura era bellissima, con miriadi di edifici e torrette in mattoni rossi. C’era un ampio cortile erboso circondato da caffetterie, bar e biblioteche.
“Come facciamo a trovare il professor Nightingale?” chiese Esther. “Questo posto è enorme!”
Oliver prese il libro che la signorina Belfry gli aveva dato. Andò alle pagine con la biografia del professor Nightingale e lesse a voce alta.
“Il Professor Nightingale opera presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Harvard, dove conduce esperimenti nello storico Laboratorio di Farnworth nel Centro Scientifico, insieme al suo piccolo team di brillanti studenti dottorandi.”
Esther indicò verso un edificio dall’altra parte del cortile. “Lì. Quello è il Centro Scientifico.”
Oliver ripose il libro. Attraversarono il prato e salirono i gradini che portavano all’ingresso dell’edificio. In cima si trovava una guardia della sicurezza.
“Documento d’identità visitatori?” disse bruscamente l’uomo, porgendo la mano con il palmo verso l’alto.
“Documento d’identità visitatori?” ripeté Oliver. Iniziò a tastarsi le tasche della tuta da lavoro. “Oh… mmm. Dove diamine l’ho messo?”
“Qui!” disse improvvisamente Esther.
Oliver la guardò tirare fuori qualcosa dalla propria tasca, porgendolo alla guardia. Si rese conto che aveva dovuto usare i suoi poteri per alterare qualcosa che assomigliava a un pass. Sperava che avesse fatto un lavoro abbastanza convincente.
Ma la guardia lo osservò senza la minima espressione in volto, prima di restituirglielo.
“Uno vero, signorina,” disse. Sembrava molto annoiato, come se un paio di ragazzini che tentavano di sgattaiolare in una biblioteca fossero poco più che un inconveniente per lui. “Non questo cartellino fasullo.”
Oliver si scervellò. Il tentativo di Esther di creare un documento dall’aspetto credibile era fallito. Doveva escogitare un altro piano.
Si guardò in giro alla ricerca di ispirazione e vide un bidone dell’immondizia dall’altro lato dei gradini. Velocemente