“Penso ci siano delle stanze quaggiù,” disse Luna facendo strada lungo uno dei corridoi. Era così. C’erano degli interi dormitori, con file e file di letti a castello che non erano molto più che semplici telai di metallo, ma alcuni avevano degli oggetti accanto, insieme a materassi e coperte.
“C’era da immaginarsi che alcuni dovevano essere stati qua dentro,” disse Kevin. “Non ha senso che qui non ci sia nessuno.”
Luna scosse la testa. “Saranno usciti ad aiutare. E poi… beh, e prima che capissero che non era una buona idea, gli alieni avranno già preso il controllo su di loro.”
Aveva un certo senso, ma era pur sempre un pensiero orribile.
“Mi mancano i miei genitori,” disse Luna così dal niente, anche se quel pensiero era sempre stato nella sua mente per tutto quel tempo. Neanche il dolore che provava Kevin per la cattura di sua madre non era scomparso, ma solo spinto indietro per il bisogno di continuare a fare delle cose, dal bisogno di stare al sicuro, e di assicurarsi che entrambi rimanessero al sicuro.
“Anche io sento la mancanza di mia mamma,” disse Kevin sedendosi sul bordo della rete di un letto. Trovava impossibile ora poterla ricordare come era stata prima che gli alieni la prendessero. L’immagine che invece gli si presentava costantemente alla mente era di lei sulla soglia di casa loro, controllata dagli alieni, protesa a tentare di afferrarlo.
Luna si sedette su un altro letto. Nessuno di loro ne aveva scelto uno con le coperte. In qualche modo non gli sembrava giusto. Era come se quelle cose fossero appartenute a qualcuno e che i loro proprietari potessero tornare da un momento all’altro.
“Non sono solo i miei genitori,” disse Luna. “Si tratta anche di tutti gli altri ragazzi a scuola, di tutta la gente che conosco. Sono stati tutti presi. Tutti quanti.”
Si mise la testa tra le mani e Kevin si allungò a prenderle una mano, senza dire nulla. Era una cosa enorme anche per lui in quel momento, con il pensiero che tutti là fuori nel mondo erano potenzialmente stati presi dagli alieni. Gente comune, celebrità, amici…
“Non è rimasto nessuno,” disse Luna.
“Pensavo che comunque non ti piacesse la gente,” ribatté Kevin. “Pensavo avessi deciso che la maggior parte delle persone sono stupide.”
Luna sorrise debolmente, ma parve fare uno sforzo. “Preferisco di gran lunga gli stupidi ai controllati dagli alieni.” Fece una pausa per un momento. “Pensi… pensi che la gente tornerà mai normale?”
Kevin non riuscì a guardarla. “Non lo so.” Non vedeva come potesse essere possibile. “Però noi siamo al sicuro. Questo è quello che conta adesso.”
Ma non era vero. Non a lungo termine.
***
Si guardarono attorno nel bunker fino a che trovarono altre coperte e lenzuola, dato che non volevano prendere nulla che fosse già stato sistemato sui letti. Quelli rimasti erano immacolati come se i loro proprietari fossero potuti tornare in qualsiasi momento, sebbene Kevin sperasse che non lo facessero, perché immaginava che ora fossero sotto il controllo degli alieni.
Tornarono alla cucina per il tempo che bastò loro per mettere qualcosa sotto ai denti. Il pacchetto diceva pollo, ma Kevin riuscì a malapena a distinguerne il sapore. Forse era una cosa positiva, a giudicare dall’espressione sul viso di Luna.
“Non mi lamenterò mai più per essere costretta a mangiare verdura,” disse, anche se Kevin sospettava che probabilmente l’avrebbe fatto. Non sarebbe stata Luna altrimenti.
Quando ebbero finite fecero a turno per lavarsi in uno dei bagni del bunker. Avrebbero probabilmente potuto scegliersi un bagno a testa, o due, o anche di più, ma Kevin almeno non voleva ancora stare così lontano da Luna. Anche quando venne il momento di scegliere un letto, ne scelsero due quasi vicini, sebbene avessero l’intero spazio del dormitorio. Era come una piccola isola in mezzo a tutto il resto, e se si sforzava a dovere, Kevin poteva addirittura fare finta che fosse un po’ come andare a dormire da un amico. No, beh, non poteva, non proprio, ma faceva bene anche solo provarci.
Spensero le luci e usarono le torce militari per dirigersi nuovamente al letto. Luna saltò sul materasso in alto della struttura che aveva scelto, mentre Kevin prese il livello sottostante del suo.
“Paura dell’altezza?” chiese Luna.
“Solo non voglio rischiare di avere una visione e cascare a terra,” disse Kevin. Non che avesse avuto alcuna visione dopo quella che l’aveva avvisato dell’invasione. Non che averne una gli avrebbe portato niente di buono. Si trovò a chiedersi che senso avessero avuto le sue visioni se niente di tutto questo era minimamente stato di aiuto.
“Giusto,” disse Luna. “Immagino… sì, immagino che dovresti stare attento.”
“Magari domattina le cose sembreranno migliori,” suggerì Kevin. Non che ci credesse veramente.
“Dovremmo poter vedere per capire se le cose stanno andando meglio o no,” sottolineò Luna.
“Beh, magari saremo in grado di trovare un modo di rivedere le cose,” disse Kevin. Ma anche se ci fossero riusciti, cosa avrebbero visto? Avrebbero visto orde di alieni sparpagliati per il mondo adesso? Un paesaggio desolato con niente a riempirlo?
“Forse escogiteremo cosa fare poi,” suggerì Luna. “Magari sogneremo di un modo di rendere tutta la situazione migliore di adesso.”
“Forse,” disse Kevin, anche se sospettava che ogni sogno lui avesse avuto sarebbe stato dominato dalla vista di quelle persone in silenzio.
“Buonanotte,” disse Kevin.
“Buonanotte.”
A dire il vero a Kevin parve passare un’eternità prima di riuscirsi ad addormentare. Stava sdraiato lì nel buio, ascoltando Luna mentre il suo respiro si faceva più profondo e iniziava a russare in un modo che probabilmente non avrebbe mai ammesso una volta sveglia. Tutto questo sarebbe sembrato molto diverso senza lei lì. Anche se ci fosse stato qualcun altro, Kevin si sarebbe sentito solo, ma dato come stavano le cose…
… Dato come stavano le cose, si sentiva ancora quasi solo, ma almeno Luna era lì a condividere quella solitudine. Kevin non riusciva a prendere le distanze dal pensiero di ciò che era accaduto a sua madre, a tutti, ma almeno sapeva che Luna era al sicuro.
Quei pensieri lo seguirono nel sonno e nei suoi sogni.
Nei suoi sogni Kevin era circondato da tutti coloro che conosceva. C’era sua madre, i suoi compagni di scuola, i suoi insegnanti, la gente della NASA. C’era anche Ted, con l’attrezzatura militare buttata in spalla, e il professor Brewster, il volto accigliato che suggeriva la sua disapprovazione per tutto quello che Kevin aveva fatto.
Le loro espressioni mutarono mentre Kevin li guardava, diventando più aliene che se fossero stata prese da un film di fantascienza. Alcuni di loro avevano la pelle grigia e gli occhi grandi, mentre altri assomigliavano più a insetti con placche di armatura sul corpo. Il professor Brewster aveva dei tentacoli che gli uscivano dalle mani, mentre gli occhi della dottoressa Levin erano sorretti da delle antenne. Avanzavano lentamente verso di lui e Kevin si mise a correre.
Correva attraverso i corridoi dell’istituto della NASA, quasi incapace di tenere testa a tutti loro mentre si riversavano fuori da ogni porta, e anche se aveva vissuto in quei luoghi, Kevin non riusciva a trovare la via d’uscita. Non riusciva a trovare un modo per migliorare la situazione.
Si tuffò in un laboratorio, chiudendosi la porta alle spalle e barricandola con sedie e tavoli, e qualsiasi altra cosa potesse trovare. Lo stesso la gente trasformata fuori dalla stanza si mise a battere contro la porta, i loro pugni che rimbombavano mentre, per nessun motivo comprensibile a Kevin, un allarme iniziava a suonare…
Kevin si svegliò con un sussulto. Era ancora buio, ma un’occhiata all’ora sul suo telefono gli disse che lo sera solo perché si trovavano sottoterra. Di sottofondo c’era un