Gwen provò un’improvvisa fitta allo stomaco rendendosi conto che le correnti li stavano spingendo proprio lì. Presto sarebbero stati risucchiati in quel grande porto, accerchiati da tutte quelle navi e fatti prigionieri, se non addirittura uccisi. Gwen ricordò quanto crudele fosse stato Andronico, quanto crudele fosse stato Romolo e sapeva che così erano fatti nell’Impero. Forse sarebbe stato meglio morire in mare.
Gwen udì un movimento di piedi sul ponte e voltandosi vide Sandara quasi svenuta per la fame ma pur sempre in piedi, attaccata al corrimano mentre teneva in mano un grosso cimelio dorato. Aveva la forma di corna di toro e lei lo rigirava in modo da farlo luccicare al sole. Vide come la luce veniva raccolta dallo strano oggetto e poi rispedita verso la costa come a trasmettere dei segnali. Sandara non lo stava indirizzando verso la città, ma più a nord, verso quello che sembrava essere un isolato gruppo di alberi lungo la costa.
Mentre gli occhi di Gwen, così pesanti, iniziavano a chiudersi e lei continuava a perdere e riprendere conoscenza, mentre si sentiva accasciare sul ponte, delle immagini cominciarono a scorrerle nella mente. Non era più sicura di cosa fosse realtà e cosa fosse invece generato dalla sua mancanza di cibo. Gwen vide delle canoe, ne vide a decine che emergevano dalla densa giungla di vegetazione e si dirigevano verso il mare aperto, verso la loro nave. Ne scorse un fuggevole scorcio mentre si avvicinavano e fu sorpresa di vedere non la razza dell’Impero, non enormi guerrieri con corna e pelle rossa, ma individui di tipo diverso. Vide uomini e donne fieri e muscolosi con la pelle color cioccolata e scintillanti occhi gialli, con volti compassionevoli e intelligenti. Tutti stavano remando verso di loro per accoglierli. Gwen vide che Sandara li guardava riconoscendoli e si rese conto che erano persone del suo popolo.
Gwen udì il suono sordo di qualcosa che sbatteva contro la nave e vide degli uncini che si attaccavano al ponte, delle funi che venivano gettate imbragando l’imbarcazione. Sentì che la nave cambiava direzione e abbassando lo sguardo vide la flotta di canoe che trascinava la barca guidandola controcorrente, in direzione opposta rispetto alla città dell’Impero. Gwen si rese lentamente conto che la gente di Sandara era giunta in loro aiuto. Stavano conducendo la loro nave verso un porto diverso, lontano dal porto dell’Impero.
Gwen sentì che la nave veniva fatta virare seccamente verso nord, verso la fitta vegetazione, verso un piccolo porticciolo nascosto. Chiuse gli occhi sentendosi colmare dal sollievo.
Subito dopo riaprì gli occhi e si ritrovò in piedi, china sul corrimano, a guardare la propria nave che veniva attraccata. Completamente esausta, Gwendolyn si ritrovò a sporgersi troppo perdendo la presa e scivolando: sgranò gli occhi per la paura e si rese conto che stava per cadere fuori bordo. Si aggrappò al corrimano ma era ormai troppo tardi: lo slancio la stava già portando oltre il bordo.
Il cuore di Gwen batteva per la paura: non poteva credere che dopo tutto quello che aveva passato sarebbe morta a quel modo, affondando silenziosamente nel mare quando erano ormai così vicini alla terra.
Mentre si sentiva cadere, Gwen udì un improvviso ringhio e improvvisamente sentì dei forti denti che le stringevano la camicia. Udì poi un mugolio e si ritrovò trascinata indietro, tirata lontano dall’abisso e finalmente adagiata sul ponte. Atterrò con un tonfo sul ponte di legno e si ritrovò stesa sulla schiena, sana e salva.
Sollevò lo sguardo e vide Krohn che stava sopra di lei e il suo cuore si riempì di gioia. Krohn era vivo e lei era felicissima di rivederlo. Sembrava più magro rispetto all’ultima volta che l’aveva visto, emaciato e si rese conto che aveva perso le sue tracce in tutto quel caos. L’ultima volta che l’aveva visto era stata quando era sceso sottocoperta durante una tempesta particolarmente impetuosa. Si rendeva conto ora che probabilmente era rimasto lì nascosto per tutto quel tempo trattenendosi dal mangiare così da non rubare provviste agli altri. Così era fatto Krohn. Sempre così altruista. E ora che si stavano riavvicinando alla terra era tornato in superficie.
Krohn piagnucolò e le leccò la faccia e Gwen lo abbraccio con il suo ultimo briciolo di forza. Rimase sdraiata sulla schiena e Krohn le si accoccolò accanto posandole la testa sul petto e stringendosi a lei come se non avesse altro posto rimasto dove andare al mondo.
*
Gwendolyn sentì un liquido fresco e dolce gocciolarle sulle labbra, sulla lingua, sulle guance e sul collo. Aprì la bocca e bevve, deglutendo con energia man mano che quella sensazione la risvegliava dai suoi sogni.
Aprì gli occhi continuando a bere avidamente, vedendo volti sconosciuti che le stavano attorno. Mandò giù fino a che si mise a tossire.
Qualcuno la sollevò e la mise a sedere mentre tossiva senza riuscire a controllarsi, e le diedero delle pacche sulla schiena.
“Shhhh,” disse una voce. “Bevi lentamente.”
Era una voce gentile, la voce di un guaritore. Gwen sollevò lo sguardo e vide un anziano con il volto pieno di rughe che si facevano più fitte mentre le sorrideva.
Gwen si guardò attorno e vide decine di altri volti che non conosceva, la gente di Sandara che la guardava in silenzio osservandola attentamente come se fosse qualcosa di strano. Gwendolyn, sopraffatta da sete e fame, si allungò e come una pazza afferrò il recipiente che le stavano porgendo versandosi il liquido dolce in bocca e continuando a bere svuotandolo completamente come se non avesse potuto bere mai più.
“Lentamente ora,” le disse l’uomo. “O starai male.”
Gwen sollevò lo sguardo e vide decine di guerrieri, il popolo di Sandara, che si stavano occupando della nave. Vide la sua gente, i sopravvissuti dell’Anello, sdraiati, in ginocchio o seduti mentre qualcuno si prendeva cura di ciascuno e dava loro da bere. Si stavano tutti riprendendo dopo essere stati sul punto di morire. Tra loro vide Illepra che teneva tra le braccia la bimba che Gwen aveva salvato sulle Isole Superiori e le dava da mangiare. Gwen fu felice di sentire il pianto della bambina. L’aveva passata ad Illepra quando era stata troppo debole per tenerla in braccio e vederla viva la fece pensare a Guwayne. Gwen era determinata a fare in modo che quella creatura vivesse.
Gwen si sentiva meglio ogni momento di più e si mise a sedere bevendo ancora e chiedendosi cosa fosse quel liquido. Il suo cuore era colmo di gratitudine per quelle persone: avevano salvato loro la vita.
Accanto a sé Gwen udì un mugolio e abbassando lo sguardo vide Krohn che era ancora lì sdraiato con la testa sulle sue gambe. Gli diede da bere dal contenitore e lui leccò con gratitudine. Gwen gli accarezzò amorevolmente la testa: gli doveva la vita. E vederlo le fece venire in mente Thor.
Gwen guardò la gente di Sandara non sapendo come ringraziarli.
“Ci avete salvati,” disse. “Vi dobbiamo le nostre vite.”
Gwen si voltò e guardò Sandara che si avvicinava e le si inginocchiava accanto scuotendo la testa.
“La mia gente non crede ai debiti,” le disse. “Per loro è un onore salvare chi si trovi in difficoltà.”
La folla si aprì e Gwen vide apparire un uomo serio che sembrava essere il loro capo: un uomo forse sulla cinquantina con la mascella definita e le labbra sottili. Si accucciò accanto a lei con indosso una grossa collana turchese fatta di conchiglie che luccicavano al sole e chinò la testa. I suoi occhi gialli erano pieni di compassione mentre la guardava.
“Sono Bokbu,” disse con voce profonda e autoritaria. “Abbiamo risposto a Sandara perché è una di noi. Vi abbiamo accolti mettendo a rischio le nostre stesse vite. Se l’Impero dovesse vederci qui ora, con voi, ci ucciderebbero tutti.”
Bokbu si rialzò in piedi, le mani sui fianchi, e Gwen stessa si alzò, aiutata da Sandara e dal guaritore. Bokbu sospirò e si guardò attorno dando un’occhiata a tutta la gente e alle misere condizioni della nave.
“Ora stanno meglio, ora devono andarsene,” disse una voce.
Gwen si voltò e vide un guerriero muscoloso, senza camicia e con una lancia in mano, che insieme ad altri si portava vicino a Bokbu e li guardava tutti con freddezza.