Si svegliò di soprassalto e si guardò attorno chiedendosi dove si trovasse. Sentiva del materiale ruvido attorno ai polsi e si rese conto di essere legato con le mani dietro alla schiena a un palo di legno. Si guardò attorno nella buia cella sentendo un movimento ondulatorio e capendo all’istante che si trovava su una nave. Lo capiva dal modo in cui il suo corpo si muoveva, dai piccoli fasci di luce che filtravano, dall’odore stantio di uomini in trappola sottocoperta.
Thorgrin si guardò in giro, subito in guardia, sentendosi debole e cercando di ricordare. L’ultima cosa che aveva in mente era il tremendo temporale, il naufragio, tutti i suoi uomini che cadevano dalla barca. Ricordò Angel, ricordò di averla afferrata per salvarle la vita e ricordava la spada alla cintura, la Spada della Morte. Come aveva potuto sopravvivere?
Si guardò attorno chiedendosi come potesse trovarsi ancora su una barca, confuso, cercando disperatamente i suoi fratelli ed Angel. Si sentì sollevato quando riuscì a scorgere delle figure nel buio, vedendoli tutti lì, legati a dei pali con delle corde: Reece e Selese, Elden e Indra, Mati, O’Connor e a pochi passi da lui Angel. Fu felice di vedere che erano vivi sebbene sembrassero tutti esausti, abbattuti dalla tempesta e dai pirati.
Udì una risata roca, voci che discutevano ed esultavano da qualche parte sopra di lui, poi sentì qualcosa di simile a delle esplosioni e uomini che camminavano sul ponte. A quel punto ricordò: pirati. Quei mercenari che avevano tentato di farlo affondare in mare.
Ne avrebbe riconosciute le voci ovunque: il rumore di individui crudeli, annoiati dal mare, dediti alla crudeltà: ne aveva incontrati tantissimi ormai. Si rese conto, riscuotendosi dal suo sogno, che ora era prigioniero. Cercò di lottare contro le corde per liberarsi.
Non ci riuscì. Le sue braccia erano ben legate e così anche le caviglie. Non sarebbe andato da nessuna parte.
Thorgrin chiuse gli occhi cercando di chiamare a raccolta i suoi poteri da dentro di sé, i poteri che sapeva avrebbero smosso le montagne se l’avesse deciso.
Ma non avvenne nulla. Era troppo stanco dopo il caos generato dal naufragio e le sue forze erano ancora scarse. Aveva imparato dalle esperienze passate che aveva bisogno di tempo per riprendersi. Tempo che sapeva di non avere.
“Thorgrin!” lo chiamò una voce sollevata squarciando il buio. Era una voce che conosceva bene e guardando oltre vide Reece, legato a pochi passi da lui, che lo guardava colmo di gioia. “Sei vivo!” aggiunse.
“Non sapevamo se ce l’avresti fatta!”
Thor si voltò e vide O’Connor legato dall’altra parte, anche lui felicissimo.
“Ho pregato per te ogni minuto,” disse una voce dolce che risuonò nell’oscurità.
Thor si voltò e vide Angel con gli occhi colmi di lacrime di gioia e sentì subito quanto tenesse a lui.
“Le devi la vita, sai,” disse Indra. “Quando hanno tagliato le funi facendoti cadere in mare è stata lei a tuffarsi e a riportarti in superficie. Senza il suo coraggio ora non saresti seduto qui.”
Thor guardò Angel con un nuovo rispetto e un nuovo sentimento di gratitudine e devozione.
“Piccola, troverò un modo per ripagarti,” le disse.
“L’hai già fatto,” rispose lei e Thor vide quanto stesse parlando sinceramente.
“Ripagala tirandoci tutti fuori di qui,” disse Indra lottando contro le sue funi, irritata. “Quei pirati succhia sangue sono la feccia più infima che esista. Ci hanno trovati che galleggiavamo in mare e ci hanno legati tutti mentre eravamo ancora privi di conoscenza dopo la tempesta. Se ci avessero affrontati da uomini la storia sarebbe stata molto diversa.”
“Sono codardi,” disse Mati. “Come tutti i pirati.”
“Ci hanno anche preso le nostre armi,” aggiunse O’Connor.
Il cuore di Thor si fermò un istante ripensando alle sue armi, alla sua armatura, alla Spada della Morte.
“Non preoccuparti,” disse Reece vedendo la sua faccia. “Le nostre armi hanno superato la tempesta, anche le tue. Almeno non si trovano in fondo al mare. Ma i pirati le hanno prese. Vedi lì, attraverso le fessure?”
Thor sbirciò e vide, sul ponte, tutte le loro armi adagiate sotto il sole e i pirati attorno ad esse. Vide l’ascia da guerra di Elden, l’arco dorato di O’Connor, l’alabarda di Reece, la lancia di Indra e il sacco di sabbia di Selese. Infine anche la sua Spada della Morte. Vide i pirati, con le mani ai fianchi, che le esaminavano con soddisfazione.
“Non ho mai visto un spada come quella,” disse uno di essi agli altri.
Thor arrossi per la rabbia vedendo il pirata che picchiettava la sua spada con il piede.
“Sembra quella di un re,” disse un altro avvicinandosi.
“L’ho trovata prima io, quindi è mia,” disse il primo.
“Sei mi uccidi per averla,” disse l’altro.
Thor vide gli uomini iniziare ad azzuffarsi, poi udì un pesante tonfo mentre entrambi cadevano sul ponte, lottando, mentre gli altri pirati si mettevano attorno ad essi incitandoli. Rotolavano da una parte e dall’altra prendendosi a pugni e a gomitate mentre gli altri li sostenevano. Alla fine Thor vide il sangue spruzzare attraverso le fessure mentre uno dei due pirati picchiava la testa dell’altro diverse volte.
Gli altri esultavano godendosi il combattimento.
Il pirata vincitore, un uomo senza camicia con il corpo muscoloso e una lunga cicatrice lungo il petto, si alzò e respirando affannosamente si avvicinò alla Spada della Morte. Thor lo guardò allungare una mano e afferrarla sostenendola con fare vittorioso. Gli altri esultarono.
Thor avvampò alla vista. Quella feccia umana con la sua spada in mano, una spada da re. Una spada che lui aveva ottenuto rischiando la vita. Una spada che era stata data a lui e a nessun altro.
Si udì un grido improvviso e Thor vide il volto del pirata contorcersi improvvisamente per il dolore. Gridò e gettò la spada come se avesse tenuto in mano un serpente. Thor la vide volare in aria e atterrare sul ponte con un tonfo e un rumore metallico.
“Mi ha morso!” gridò il pirata rivolto agli altri. “Quella dannata spada mi ha morso la mano, guardate!”
L’uomo mostrò la mano facendo notare che mancava un dito. Thor guardò la spada, l’elsa visibile attraverso le fessure, e vide un piccolo dente affilato che sporgeva da una delle facce intagliate su di essa. Da quella bocca scendeva del sangue.
Gli altri pirati si voltarono a guardarla.
“Appartiene al diavolo!” gridò uno di essi.
“Io non la tocco!” strillò un altro.
“Non importa,” disse uno pirata girando la schiena. “Ci sono un sacco di altre armi tra cui scegliere.”
“E il mio dito?” gridò il pirata in agonia.
Gli altri risero ignorandolo e si concentrarono invece sulle altre armi, lottando tra essi per accaparrarsele.
Thor riportò la sua attenzione alla spada vedendola ora posata lì, così vicina a lui, ad allettarlo dall’altra parte delle fessure. Cercò un’altra volta di liberarsi con tutte le sue forze, ma le funi non cedevano. Le avevano legate proprio bene.
“Se potessimo solo prendere le nostre armi,” sibilò Indra. “Non posso sopportare la vista di quelle mani sudice sulla mia lancia.”
“Forse posso esservi di aiuto,” disse Angel.
Thor e gli altri si voltarono verso di lei scettici.
“Non mi hanno legata come voi,” spiegò Angel. “Avevano paura della mia lebbra. Mi hanno legato le mani, ma poi hanno lasciato stare. Vedete?”
Angel si alzò in piedi mostrando i polsi legati dietro alla schiena, ma il piedi liberi che