CAPITOLO SETTE
Era difficile per Stefania credere di essere sposata con Tano già da sei settimane. Eppure con la Festa della Luna di Sangue alle porte, era proprio quello il tempo passato. Sei settimane di gaudio, ogni giorno meraviglioso come aveva sperato.
“Sei strabiliante,” disse guardando Tano nelle stanze che ora condividevano nel castello. Era una visione, così vestito di seta rosso scuro decorata di oro rosso e rubini. Stentava quasi a credere che fosse suo, a volte. “Il rosso ti dona.”
“Mi fa sembrare ricoperto di sangue,” rispose Tano.
“Che è proprio come dovrebbe essere, dato che è la Luna di Sangue,” sottolineò Stefania. Si piegò per baciarlo. Gli piaceva poter farlo quando voleva. Se ci fosse stato più tempo, si sarebbe forse presa quel momento per fare molto di più.
“Ad ogni modo conta ben poco cosa abbia addosso,” disse Tano. “Non c’è nessuno nella stanza che guarderà me quando là fuori ci sarai tu al mio fianco.”
Forse un altro uomo avrebbe potuto fare quel complimento con maggiore eleganza, ma c’era qualcosa nei modi sinceri di Tano che per Stefania contava ben più di tutti i più perfetti poemi esistenti al mondo.
E poi lei aveva lavorato sodo per scegliersi l’abito più bello di Delo. Luccicava con sfumature di rosso che la facevano sembrare avvolta dalle fiamme. Aveva addirittura pagato il sarto perché si assicurasse che l’originale, destinato a una nobildonna di rango inferiore in città, venisse ritardato irrimediabilmente.
Stefania offrì a Tano il braccio e lui lo prese, guidandola verso la grande sala della festa dove si erano sposati. Erano già passate sei settimane dal loro matrimonio? Sei settimane di felicità maggiore di quanto Stefania avesse creduto possibile: vivere insieme in appartamenti predisposti per loro dalla regina all’interno del castello. C’erano addirittura delle voci che il re stesse pianificando di donare a Tano una nuova proprietà poco fuori città. Per sei settimane erano stati la coppia più ammirata in città, lodati ovunque andassero. Stefania si era goduta quei momenti.
“Ricordati di non prendere Lucio a pugni quando lo vedi stasera,” disse Stefania.
“Finora mi sono trattenuto dal farlo,” rispose Tano. “Non ti preoccupare.”
Stefania era preoccupata invece. Non voleva rischiare di perdere Tano adesso che lo aveva come marito. Non voleva ritrovarselo condannato a morte per aver attaccato l’erede al trono, e non solo per la posizione in cui si sarebbe ritrovata. Magari aveva anche architettato di averlo come marito per il prestigio che ne sarebbe conseguito, ma ora… ora era sorpresa di sentire che lo amava.
“Il principe Tano e sua moglie Stefania!” annunciò l’araldo alla porta, e Stefania sorrise posando la testa sulla spalla di Tano. Le piaceva sempre tantissimo sentirlo dire.
Si guardò attorno nella stanza. Per il loro matrimonio era stata decorata di bianco, ma ora brillava di rosso e nero. Il vino nei bicchieri era di un profondo rosso sangue, le tavole da banchetto erano ricoperte di carne cotta al sangue e ogni nobile indossava i colori della nuova luna.
Stefania avanzò al braccio di Tano, analizzando le relazioni, prendendo nota degli ultimi intrighi, anche se le bastava essere guardata. Quella era Christina, che scivolava nell’ombra per parlare con un principe mercante delle Isole Remote? La figlia di Isolde aveva addosso meno gioielli del solito?
Ovviamente vide Lucio che beveva un po’ troppo, mangiava un po’ troppo e adocchiava le donne. Brevemente a Stefania parve che i suoi occhi guizzassero addosso a lei, lo sguardo quello di un uomo che avrebbe garantito guerra se Tano l’avesse visto. Era veramente un peccato che il suo tentativo di avvelenarlo al banchetto nuziale fosse andato storto. Se Tano non l’avesse fatto arrabbiare tanto da fargli spaccare il calice di vino, allora Lucio sarebbe andato a dormire quella sera e non si sarebbe più svegliato. Tutto sarebbe già a posto.
Da allora non c’erano state altre occasioni di occuparsi di lui. La solita gente che avrebbe potuto impiegare era più cauta ora che quello che aveva usato per Lucio era scomparso, e il trucco di un assassinio non era mai il puro atto in sé: si trattava sempre di fare in modo che la gente non sospettasse niente. Semplicemente non c’era mai stata un’occasione di arrivare vicina a Lucio senza che questo fosse ovvio.
“Ah, principe Tano,” disse un uomo dai baffi bianchi avvicinandosi ad entrambi. “Signora Stefania. Siete una coppia così bella!”
Stefania cercò nella sua memoria per ricordare chi fosse quell’uomo, e la risposta arrivò senza sforzo. “Generale Haven, siete troppo gentile. Come sta vostra moglie?”
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