Gunner fece un mezzo sorriso. Scosse la testa. “Lo so cos’è un GPS, papà. La mamma ne ha uno nella macchina. È un bene, anche. Si perderebbe dietro l’angolo, senza. Perché me ne dai uno?”
“Vedi questo fermaglio che ha sul retro? Voglio che te lo assicuri allo zaino e che lo porti con te ovunque vai. Ho un’app sul cellulare programmata per tracciare questa unità. In questo modo, anche quando siamo lontani, saprò sempre dove sei.”
“Sei preoccupato per me?”
Luke scosse la testa. “No. Non sono preoccupato. Lo so che sai gestirti da solo. È solo che non ci vediamo molto ultimamente, e se basta guardare il telefono per vedere dove sei è quasi come essere lì con te.”
“Ma io non posso vedere dove sei tu,” disse Gunner. “Allora come faccio a sentirti vicino?”
Luke ficcò la mano in tasca e prese un’altra unità GPS, questa azzurro acceso. “Vedi questo? Lo metterò nel portachiavi. Quando torniamo all’hotel caricherò l’app nel tuo telefono, e poi potrai sempre sapere dove sono.”
Gunner sorrise. “Mi piace l’idea, papà. Ma lo sai che possiamo sempre mandarci dei messaggi. Tu li mandi i messaggi? So che molte persone della tua età non lo fanno.”
Adesso Luke sorrise. “Sì. Possiamo mandarci messaggi. Possiamo fare tutte e due le cose.”
Per Luke era una sensazione dolceamara stare con Gunner lassù. Luke era cresciuto senza un padre, e adesso Gunner stava facendo più o meno lo stesso. Il divorzio da Becca non era finalizzato, ma lo sarebbe stato. Luke non lavorava per il governo da due mesi, ma Becca era stata irremovibile: sarebbe andata fino in fondo lo stesso.
Nel frattempo Luke stava con Gunner due weekend al mese. Faceva tutto ciò che era in suo potere per assicurarsi che quei weekend fossero pieni zeppi di divertimento e avventura. Faceva anche tutto quello che poteva per rispondere alle domande di Gunner in modo imparziale però ottimistico. Domande come questa:
“Pensi che potremo fare una cosa così con la mamma un giorno?”
Luke fissò il mare. Domande come questa gli facevano venire voglia di buttarsi giù dalla scogliera. “Spero di sì.”
Gunner si tirò su al minimo accenno di possibilità. “Quando?”
“Be’, devi capire che io e tua madre siamo un po’ in disaccordo al momento.”
“Non capisco,” disse Gunner. “Vi amate, no? E tu hai promesso di lasciare il lavoro, no? L’hai lasciato davvero?”
Luke annuì. “L’ho lasciato davvero.”
“Vedi, la mamma non ci crede.”
“Lo so.”
“Però se riesci a farglielo credere, allora…”
Luke aveva lasciato, vero. L’aveva lasciato ed era uscito completamente dai radar. Susan Hopkins aveva promesso di lasciarlo in pace, e aveva onorato la promessa. Lui non si faceva neanche sentire col suo vecchio gruppo dello Special Response Team.
La verità era che si stava godendo il tempo lontano dal lavoro. Era tornato all’essenziale. Aveva affittato un capanno sui monti Adirondack per due settimane e aveva trascorso quasi tutto il tempo cacciando selvaggina con l’arco e pescando. Si lavava tuffandosi dal molo che si trovava sul retro del capanno ogni mattina. Si era fatto crescere la barba.
Dopo aveva trascorso dieci giorni ai Caraibi a navigare a vela in solitaria per St. Vincent e Grenadine, fare snorkeling con le tartarughe marine, pastinache giganti e squali grigi, e immersioni in un paio di relitti di più di cent’anni.
Al termine di ogni giretto, si concedeva una giornata di ritorno a Washington, DC, e andava a prendere Gunner per la prossima avventura padre e figlio. Luke doveva ammettere che la pensione non gli dispiaceva. A un anno da lì, quando avrebbe finito i soldi, non sarebbe stato tutto così gradevole, ma per il momento non riusciva a pensare a niente di brutto da dire in proposito.
“Tu e la mamma vi siete separati per sempre?”
Luke rivelò un sottile tremolio nella voce di Gunner quando pose la domanda. Aveva capito, aveva capito sul serio. Gunner aveva paura. Luke si sedette sulle rocce con lui.
“Gunner, voglio tantissimo bene sia a te che alla mamma. La situazione è complicata, e la risolveremo meglio che possiamo.”
Non era necessariamente vero. Becca era fredda con Luke. Voleva divorziare. Voleva l’affidamento esclusivo di Gunner. Pensava che Luke fosse un pericolo per Gunner e per lei. Aveva praticamente minacciato di farsi dare un ordine restrittivo contro di lui. Si stava comportando in modo irragionevole, e veniva da una famiglia molto facoltosa. Poteva pagare per una lunga e amara battaglia legale per l’affidamento, se necessario.
“Vuoi stare con lei?”
“Sì. Certo che sì.” Era la prima bugia che Luke aveva detto a Gunner in quella conversazione. La verità era troppo dura da determinare. All’inizio sì. Però, a mano a mano che il tempo passava, e la posizione di Becca si induriva, ne era diventato meno sicuro.
“Allora perché non vieni a casa a dirglielo? Perché non le mandi delle rose o qualcosa del genere tutti i giorni?”
Era una buona domanda. Che non aveva una risposta semplice.
Nello zaino di Luke cominciò a squillare un telefono. Probabilmente era Becca, che voleva parlare con Gunner. Luke prese il telefonino satellitare che teneva sempre con sé. Era l’unico gesto per rimanere connesso che avesse fatto. Becca poteva sempre raggiungerlo. Ma non c’era solo lei. C’era un’altra persona sulla Terra che aveva accesso a quel numero.
Guardò chi stava chiamando. Era un numero che non riconobbe, prefisso 202. Washington, DC.
Gli crollò il cuore.
Era lei. L’altra persona.
“È la mamma?” disse Gunner.
“No.”
“È la presidente?”
Luke annuì. “Credo di sì.”
“Non pensi che sia meglio rispondere?” disse Gunner.
“Non lavoro più per lei,” disse Luke. “Te lo ricordi?”
Quella mattina, prima di partire per l’arrampicata, avevano guardato al notiziario il filmato del collasso della diga della Carolina del Nord. Più di cento decessi confermati, centinaia di dispersi. Un intero resort di montagna era stato distrutto da un muro d’acqua. Paesi a valle erano stati evacuati e protetti con sacchi di sabbia il più velocemente possibile, ma era probabile che ci fossero altre vittime.
La cosa incredibile era che una diga costruita nel 1943 si fosse semplicemente guastata dopo più di settant’anni di operatività quasi perfetta. A Luke puzzava di sabotaggio. Ma non riusciva a immaginare chi avrebbe voluto mirare a una diga in una zona così remota. Chi avrebbe anche solo saputo che c’era? Se di sabotaggio si trattava, probabilmente era una faccenda locale, un gruppo di milizie, o magari di ambientalisti, o magari addirittura un ex dipendente seccato che si era inventato uno scherzetto pericoloso e idiota che era andato malissimo, e con conseguenze tragiche. La polizia di stato del Bureau of Investigation della Carolina del Nord avrebbe probabilmente messo i cattivi sotto custodia entro la fine della giornata.
Però adesso il telefono suonava. Perciò magari c’era dell’altro.
“Papà, va tutto bene. Non voglio che lasci il lavoro, nemmeno se lo vuole la mamma.”
“Davvero? E se lo volessi lasciare io? Io non ho diritto di parola in merito?”
Gunner scosse la testa. “Non credo. Cioè, sono morte molte persone in quell’inondazione, no? E se io fossi stato tra di loro? E se io e la mamma fossimo morti tutti e due? Non vorresti che qualcuno capisse perché è successo?”