“Pensavo che potremmo cenare insieme.”
“Così, semplicemente?”
“Dovremo pur partire da qualche parte, Chloe.”
“No, in realtà non dobbiamo.” Aprì la porta e si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi per la prima volta. Aveva lo stomaco annodato e stava facendo ogni sforzo possibile per non lasciarsi sopraffare dalle emozioni davanti a lui. “Voglio che tu te ne vada. E, per favore, non tornare mai più.”
Aiden parve sinceramente ferito, ma non distolse lo sguardo da lei. “Dici sul serio?”
Chloe voleva dire di sì, invece quello che le uscì di bocca fu: “Non lo so.”
“Fammi sapere se cambi idea. Adesso abito a...”
“Non voglio saperlo” lo interruppe. “Se vorrò mettermi in contatto con te, ti troverò.”
Lui le rivolse un sorriso tirato, ma si vedeva che era addolorato. “Ah, giusto. Adesso lavori per l’FBI.”
Ed è stato quello che è successo fra te e la mamma che mi ha spinto a prendere questa strada, pensò.
“Ciao, papà” disse Chloe prima di entrare nell’edificio.
Una volta chiuso il portone alle sue spalle, non si voltò, raggiungendo l’ascensore più in fretta che poté, senza dare l’impressione di stare scappando. Quando le porte si chiusero e l’ascensore iniziò a salire, si premette le mani sugli occhi e iniziò a piangere.
***
Fissava l’armadio aperto, pensando se chiamare Moulton e dirgli che non poteva uscire quella sera. Non voleva dirgli il motivo, cioè che suo padre era uscito di prigione dopo ventitré anni e si era presentato improvvisamente davanti a casa sua. Sicuramente lui avrebbe compreso che per lei era un trauma, no?
Ma aveva deciso che non avrebbe lasciato che suo padre le rovinasse la vita. Aveva vissuto perseguitata dalla sua ombra fin troppo a lungo. Anche solo annullare un appuntamento a causa sua avrebbe significato riconoscere che aveva su di lei un gran potere.
Digitò il numero di Moulton e, quando si attaccò la segreteria, lasciò un messaggio in cui proponeva un ristorante dove andare. Dopodiché si fece una doccia veloce e si vestì. Si stava infilando i pantaloni quando il cellulare squillò. Vedendo il nome di Moulton sullo schermo, la sua mente immaginò l’ipotesi peggiore.
Ha cambiato idea, sta chiamando per annullare l’appuntamento.
Chloe ne era convinta fino a quando rispose. “Pronto?”
“Ehi, il giapponese mi sembra una buona idea” disse invece Moulton. “Probabilmente avrai capito dalla totale assenza di dettagli sulla serata che non è qualcosa che faccio spesso. Quindi, vengo io a prenderti o ci troviamo direttamente là...?”
“Vieni a prendermi, se non ti spiace” disse Chloe, pensando di nuovo alle condizioni della sua auto. “C’è un locale carino non molto lontano da qui.”
“D’accordo. Allora a dopo.”
...non è qualcosa che faccio spesso. Nonostante l’avesse ammesso lui stesso, Chloe faticava a crederci.
Finì di vestirsi, si sistemò i capelli e aspettò di sentire bussare alla porta.
Magari sarà di nuovo papà, si disse. Anche se, a dirla tutta, non era stata la sua voce a dirlo, bensì quella di Danielle, in tono condiscendente e sicuro.
Mi domando se sappia già che è libero. Oddio, andrà su tutte le furie.
Ma non aveva tempo di rimuginarci. Infatti, proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta. Per un istante, Chloe rimase paralizzata, certa che fosse il padre, e fu tentata di non aprire. Poi però ricordò l’atteggiamento di Moulton, impacciato quanto il suo, davanti al poligono, e si accorse di avere una gran voglia di vederlo, soprattutto dopo quello che era successo poco prima.
Aprì la porta, esibendo il suo sorriso migliore. Anche Moulton aveva sfoderato il suo. Forse era perché raramente si vedevano al di fuori del lavoro, ma Chloe trovava quel sorriso maledettamente sexy. Tra l’altro, nonostante fosse vestito in modo piuttosto semplice – una camicia button-down e un bel paio di jeans – era assolutamente stupendo.
“Pronta?”
“Certo che sì.”
Chloe si chiuse la porta alle spalle e si avviarono insieme lungo il corridoio. Tra loro c’era di nuovo quel silenzio perfettamente immobile, che le faceva desiderare che le cose tra loro fossero già più avanti. Anche un gesto semplice e innocente come tenersi per mano... aveva bisogno di qualcosa.
Era proprio quel bisogno di contatto umano che le dimostrò quanto l’improvvisata di suo padre l’avesse scossa.
Adesso che è libero sarà sempre peggio, pensò mentre lei e Moulton scendevano con l’ascensore.
Ma non gli avrebbe permesso di rovinarle l’appuntamento.
Scacciò il pensiero del padre dalla mente, mentre insieme a Moulton usciva nella sera tiepida. Con sua somma sorpresa, sembrò funzionare.
Per un po’.
CAPITOLO TRE
Il ristorante giapponese che aveva scelto era di quelli con piano di cottura a vista, dove grandi gruppi di persone potevano sedere al bancone e guardare gli chef cuocere il cibo proprio davanti a loro. Chloe e Moulton optarono per un tavolo in una zona più privata e tranquilla del locale. Una volta sistematisi, Chloe notò con piacere che le pareva naturale trovarsi in un luogo del genere con lui. A parte l’attrazione fisica, Moulton le era piaciuto fin dal primo momento. Era lui che aveva illuminato la sua giornata quando era stata trasferita dalla Squadra Ricerca Prove al Programma Criminali Violenti. E adesso eccolo lì, che ancora una volta rendeva più sopportabili dei momenti imbarazzanti della sua vita.
Non voleva rovinare la serata, ma sapeva che se non si fosse tolta quel peso dal petto, sarebbe stato solo una distrazione.
“Allora” disse Moulton aprendo il menù. “È strano che ti abbia invitata ad uscire?”
“Di sicuro dipende a chi lo chiedi” disse. “Il direttore Johnson probabilmente penserebbe che non sia stata una grande idea. Ad ogni modo, a essere sincera, in realtà speravo che me lo chiedessi.”
“Ah, così sei una all’antica? Non mi avresti invitato tu? Avresti aspettato che facessi io il primo passo?”
“La tradizione non c’entra, c’entra piuttosto essere rimasta scottata da una relazione precedente. Immagino di potertelo anche dire, ormai. Fino a sette mesi fa, ero ufficialmente fidanzata.”
Lo shock sul viso di lui fu solo momentaneo. Per fortuna, Chloe non notò paura o imbarazzo. Prima che Moulton avesse modo di commentare, arrivò la cameriera a prendere le loro ordinazioni per il bere. Entrambi scelsero rapidamente una Sapporo, in modo da non perdere tempo e tornare alla discussione.
“Posso chiederti perché è finita?” chiese Moulton.
“È una lunga storia. La versione breve è che lui era un arrogante e non riusciva a staccarsi dalla famiglia d’origine, in particolare dalla madre. Quando poi all’improvviso ho avuto l’opportunità di iniziare la mia carriera nell’FBI, non mi è astato affatto di sostegno. Non lo era nemmeno per i miei problemi famigliari...”
In quel momento le venne in mente che Moulton probabilmente conosceva parte della storia della sua famiglia. Quando Chloe si era messa a scovare nel suo passato, verso la fine del suo addestramento, era perfettamente consapevole che un po’ tutti nell’accademia erano venuti a sapere delle voci su di lei.
“Sì, ho sentito qualcosa in proposito...”
Moulton non aggiunse altro. Chloe intuì che significava che sarebbe stato disposto ad