Tracce di Morte . Блейк Пирс. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Блейк Пирс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Серия: Un Thriller di Keri Locke
Жанр произведения: Современные детективы
Год издания: 0
isbn: 9781640290860
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non la riconobbe subito, quindi Keri gliela indicò – una ragazza dall’aria sicura con una gonna e un top aderente.

      Poi, come nulla fosse, eccolo, il furgone nero. Le si accostò. I finestrini erano pesantemente fumé – era illegale. Il viso del conducente non si vedeva perché indossava un cappello con la falda tenuta bassa. Entrambi i parasole erano abbassati e il brillio della luce luminosa del sole pomeridiano faceva sì che fosse impossibile avere una visuale chiara dell’interno del veicolo.

      Ashley smise di camminare e guardò dentro al furgone. Pareva che il conducente parlasse. Lei disse qualcosa e si avvicinò. Nel frattempo la portiera del passeggero del veicolo si aprì. Ashley continuava a parlare, e sembrava che si sporgesse verso il furgone. Era impegnata in una conversazione con il conducente, chiunque fosse. Poi, all’improvviso, era dentro. Non era chiaro se fosse entrata volontariamente o se ci fosse stata tirata. Dopo qualche altro secondo, il furgone si reimmise con tranquillità in strada. Nessuna sgommata. Nessuna corsa. Nulla fuori dall’ordinario.

      Guardarono di nuovo la scena alla velocità normale, e poi una terza volta al rallentatore.

      Alla fine Ray si strinse nelle spalle e disse, “Non so. Ancora non riesco a capire. È finita dentro, è l’unica cosa che posso dire con certezza. Se sia stato contro la sua volontà o meno, non ne sono sicuro.”

      Keri non poté che essere d’accordo. Il video era indeterminato in modo esasperante. Ma lì dentro c’era qualcosa che non quadrava. Non riusciva a identificare cosa fosse. Riavvolse il nastro e lo fece ripartire dal punto in cui il furgone era più vicino alla telecamera di sicurezza. Poi lo mise in pausa. Era l’unico momento in cui il furgone era completamente in ombra. Era ancora impossibile vedere dentro al veicolo. Però qualcos’altro era visibile.

      “Vedi quello che vedo io?” chiese.

      Ray annuì.

      “La targa è coperta,” notò lui. “Lo metterei nella categoria delle ‘cose sospette’.”

      “Anch’io.”

      D’un tratto il telefono di Keri squillò. Era Mia Penn. Si buttò nella conversazione senza neanche salutare.

      “Mi ha appena chiamata Thelma, l’amica di Ashley. Dice che crede di aver appena ricevuto una telefonata fatta per sbaglio dal cellulare di Ashley. Ha sentito un mucchio di urla, come se qualcuno stesse gridando contro qualcun altro. C’era musica alta quindi non sa esattamente chi stesse urlando ma crede che si trattasse di Denton Rivers.”

      “Il ragazzo di Ashley?”

      “Sì. Ho chiamato Denton al cellulare per vedere se aveva già avuto notizie di Ashley, senza fargli capire che avevo già sentito Thelma. Ha detto che non la vede né la sente da scuola, ma sembrava strano. E c’era quella canzone di Drake, “Summer Sixteen,” che si sentiva quando ho chiamato. Ho richiamato Thelma per vedere se era la canzone che aveva sentito anche lei. Mi ha detto di sì. Quindi ho chiamato subito lei, detective. Denton Rivers ha il cellulare della mia bambina e credo che possa avere anche lei.”

      “Okay, Mia. È stata di grande aiuto. Ha fatto un lavoro fantastico. Ma ho bisogno che stia calma. Quando riattacchiamo, mi invii per messaggio l’indirizzo di Denton. E tenga a mente che potrebbe trattarsi di una cosa del tutto innocente.”

      Riappese e guardò Ray. L’occhio buono suggeriva che stava pensando quello che pensava lei. Pochi secondi dopo le vibrò il telefono. Inoltrò l’indirizzo a Ray mentre correvano giù dalle scale.

      “Dobbiamo muoverci,” disse Keri mentre raggiungevano le macchine. “La cosa non è per niente innocente.”

      CAPITOLO QUATTRO

      Lunedì

      Prima serata

      Keri si preparò mentalmente superando, dieci minuti dopo, la casa di Denton Rivers. Rallentò, esaminandola, e poi parcheggiò a un isolato di distanza; Ray la seguiva. Sentiva nello stomaco il formicolio che aveva quando stava per accadere qualcosa di brutto.

      E se Ashley si trovasse in quella casa? E se le avesse fatto qualcosa?

      La strada di Denton era disseminata di una serie di case a un piano fatte con lo stampino, assolutamente troppo vicine l’una all’altra. Non c’erano alberi sulla via e l’erba della maggior parte dei piccoli prati d’accesso era cresciuta tanto da diventare marrone. Denton e Ashley chiaramente non condividevano lo stesso stile di vita. Questa parte della città, a sud del Venice Boulevard e poche miglia nell’entroterra, non aveva case da milioni di dollari.

      Lei e Ray percorsero rapidi l’isolato – Keri controllò l’orologio: erano appena passate le diciotto. Il sole cominciava la sua lunga e lenta discesa sull’oceano, a occidente, ma non si sarebbe fatto davvero buio per un altro paio d’ore.

      Quando ebbero raggiunto la casa di Denton, sentirono della musica ad alto volume provenire da dentro. Keri non la riconobbe.

      I due si avvicinarono in silenzio, sentendo adesso delle urla – rabbiose e severe, di una voce maschile. Ray estrasse la pistola dal fodero e le fece cenno di fare il giro, poi le mostrò con le dita il numero “1”, ovvero che sarebbero entrati nella casa esattamente dopo un minuto. Lei abbassò lo sguardo sull’orologio per confermare l’ora, annuì, prese la sua pistola, e si affrettò lungo il perimetro della casa verso il retro, attenta a chinarsi quando passava davanti a delle finestre aperte.

      Ray era il detective senior e di solito era il più prudente tra i due quando si trattava di violare una proprietà privata. Ma chiaramente pensava che ora si trattasse di circostanze urgenti che non richiedevano un mandato. C’era una ragazza scomparsa, un potenziale sospetto all’interno, e urla di rabbia. Era giustificabile.

      Keri controllò il secondo cancello. Non era chiuso a chiave. Lo aprì il meno possibile per evitare stridii e strisciò dentro. Era improbabile che qualcuno dall’interno potesse sentirla ma non voleva rischiare.

      Arrivata nel giardino sul retro, abbracciò il muro posteriore della casa, tenendo gli occhi aperti in cerca di movimenti. Un capanno fatiscente e decrepito vicino alla staccionata sul retro della proprietà la mise a disagio. La porta rovinata dalla ruggine sembrava stare per cadere.

      Si arrampicò sul patio e rimase lì un momento, vedendo se riusciva a sentire la voce di Ashley. Non la sentì.

      Il retro della casa aveva una porta in legno con zanzariera non chiusa, che portava a una cucina in stile anni Settanta con un frigorifero giallo. Keri riuscì a vedere qualcuno nel soggiorno, che gridava insieme alla musica e agitava il corpo, muovendo il capo a ritmo con violenza, come se si trovasse sotto al palco di una band heavy metal.

      Ancora nessuna traccia di Ashley.

      Keri abbassò lo sguardo sull’orologio – era ora ormai.

      Puntualissimo, sentì un forte bussare alla porta principale. Aprì la porta posteriore insieme al rumore, per mascherare il leggero click del chiavistello. Attese – un secondo forte bussare le permise di chiudere la porta. Si mosse rapida attraverso la cucina e lungo il corridoio, gettando occhiate a ogni vano aperto che incontrava.

      Alla porta principale, che era aperta eccetto per la zanzariera, Ray bussò forte, e poi ancora più forte. Improvvisamente Denton Rivers smise di ballare e si diresse verso l’ingresso. Keri, nascosta sul limitare del soggiorno, riusciva a vedere il viso del ragazzo nello specchio vicino alla porta.

      Sembrava molto confuso. Era bello – capelli castani tagliati corti, profondi occhi blu, una corporatura asciutta e muscolosa che faceva pensare che facesse wrestling più che football. In circostanze normali probabilmente era un buon partito, ma in quel momento la sua bellezza era mascherata da una smorfia brutta, da occhi iniettati di sangue, e da un profondo taglio sulla tempia.

      Quando aprì la porta, Ray gli mostrò il distintivo.

      “Ray Sands, Dipartimento di polizia di Los Angeles, Unità persone scomparse,” disse con voce lenta e ferma. “Vorrei entrare per farti qualche