“Sì, signore” Riley rispose tranquillamente.
Meredith si massaggiò il mente, mentre considerava tutte le opzioni, poi aggiunse: “L’Agente Vargas verrà con te.”
“Lucy Vargas?” Riley chiese.
Meredith si limitò ad annuire. A Riley non piacque molto l’idea.
“Era nella squadra che è venuta a casa mia, ieri sera” Riley rispose. “Sembra molto brava, e mi è piaciuta— ma è una recluta. Sono abituata a lavorare con qualcuno con maggiore esperienza.”
Meredith sorrise. “I suoi voti all’accademia erano decisamente più alti della norma. E’ giovane, d’accordo, ed é raro che studenti, appena usciti dall’accademia, vengano accattati al BAU. Ma è davvero in gamba. E’ pronta per fare esperienza sul campo.”
Riley sapeva di non avere scelta.
Meredith continuò: “Tra quanto sarai pronta ad andare?”
Riley mentalmente fece una lista delle cose da fare, prima di partire. Parlare con sua figlia, innanzitutto. E che altro? Il suo kit da viaggio non era lì nel suo ufficio. Doveva tornare fino a Fredericksburg, passare da casa, fare in modo che April restasse dal padre e poi tornare indietro a Quantico.
“Mi servono tre ore” rispose.
“Farò preparare un aereo” Meredith disse. “Informerò il capo della polizia di Reedsport che una squadra sta arrivando. Recati alla pista d’atterraggio tra esattamente tre ore. Se farai tardi, saranno grossi guai.”
Riley si alzò nervosamente dalla sedia.
“Capisco, signore” la donna disse. Fu tentata di ringraziarlo ancora una volta, ma si ricordò in tempo l’ordine di non farlo, appena ricevuto, e lasciò il suo ufficio senza aggiungere altro.
*
Riley arrivò a casa in mezz’ora, parcheggiò l’auto, e si precipitò alla porta d’ingresso. Doveva preparare il prima possibile il suo kit da viaggio, una valigetta in cui teneva sempre il necessario per l’igiene personale, una vestaglia e un cambio di vestiti. Poi, dopo aver preso tutto quello che le serviva il più rapidamente possibile, doveva andare di corsa in città, dove avrebbe spiegato le cose ad April e Ryan. Non aveva proprio voglia di parlare con il suo ex marito, ma doveva assicurarsi che la figlia fosse al sicuro.
Quando girò la chiave nella serratura della porta d’ingresso, si accorse che era già aperta. Sapeva di averla chiusa, uscendo, lo faceva sempre, senza possibilità di errore. Tutti i sensi di Riley si misero in stato di allerta. Estrasse la pistola dalla fondina ed entrò in casa.
Iniziò a muoversi con circospezione nell’abitazione, controllando ogni singola nicchia ed ogni angolo scuro; d’improvviso udì un lungo rumore continuo, che sembrava provenire dall’esterno della casa, dal retro. Facendo attenzione, realizzò che musica, e molto alta per giunta.
Che diavolo?
Ancora in stato di allerta, per la possibile presenza di un intruso, entrò in cucina. La porta sul retro era semiaperta, e una canzone pop riempiva l’aria. Avvertì un odore familiare.
“Oh, Gesù, non di nuovo” disse a se stessa.
Rimise la pistola nella fondina, e uscì. Vide April, seduta al tavolo da picnic con un ragazzo magro, approssimativamente della sua stessa età. La musica proveniva da un paio di piccoli altoparlanti, appoggiati sul tavolo da picnic.
Alla vista della madre, gli occhi di April mostrarono il panico che l’aveva presa. Si lasciò scivolare in basso, dietro il tavolo, sperando di riuscire a spegnere lo spinello che aveva in mano e farlo sparire.
“Non disturbarti a nasconderlo” Riley disse, avvicinandosi al tavolo. “So che cosa stai facendo.”
La musica era talmente alta che riuscì a malapena a farsi sentire. Si avvicinò allo stereo e lo spense.
“Non è come sembra, mamma” April iniziò.
“E’ esattamente come sembra” fu la secca replica. “Dammi il resto.”
Roteando gli occhi, April le diede un sacchetto di plastica che conteneva una piccola quantità di erba.
“Pensavo che lavorassi”April disse, come se quello spiegasse ogni cosa.
Riley non sapeva se essere più arrabbiata o delusa. Aveva sorpreso April a fumare erba già un’altra volta, in precedenza. Ma sembrava che le cose fossero migliorate tra di loro, e aveva creduto che quei giorni fossero ormai acqua passata per entrambe.
Riley guardò il ragazzo.
“Mamma, lui è Brian” April disse. “E’ un amico di scuola.”
Con un sorriso assente e occhi inespressivi, il ragazzo si fece avanti per stringere la mano a Riley.
“Lieto di conoscerla, Signora Paige” il giovane disse.
Riley mantenne le mani lungo i fianchi.
“Che cosa stai facendo qui?” la donna chiese alla figlia.
“Io vivo qui” April rispose, alzando le spalle.
“Sai che cosa intendo dire. Dovresti essere a casa di tuo padre.”
April non rispose. Riley guardò il suo orologio. Aveva poco tempo a disposizione. Doveva risolvere in fretta questa situazione.
“Dimmi che è successo” Riley disse.
April sembrava in qualche modo imbarazzata. Non era pronta ad affrontare questa situazione.
“Sono andata a scuola a piedi, da casa di papà, stamattina” lei disse. “Ho incontrato Brian di fronte alla scuola. Abbiamo deciso di saltare le lezioni oggi. E’ lo stesso, se una volta ogni tanto lo faccio. Sto già andando bene. L’esame finale ci sarà soltanto venerdì.”
Brian rise, nervosamente.
“Sì, April sta andando benissimo a scuola, Signora Paige” disse. “E’ fantastica.”
“Come siete arrivati qui?” Riley chiese.
April distolse lo sguardo.
Riley immaginò subito perché la figlia fosse così riluttante a dirle la verità.
“Oh, Dio, voi avete fatto l’autostop, vero?” la donna chiese loro.
“Il guidatore era davvero un brav’uomo, molto tranquillo” April disse. “Brian è stato con me tutto il tempo. Eravamo al sicuro.”
Riley lottò per trattenere i nervi e la voce ferma.
“Come sai che eravate al sicuro? April, non dovresti mai accettare passaggi dagli estranei. E perché sei venuta qui, dopo lo spavento che abbiamo avuto ieri sera? E’ stato incredibilmente stupido. Supponiamo che Peterson fosse ancora in giro?”
April sorrise, come se pensasse di poter gestire tutto con facilità.
“Dai, mamma. Ti preoccupi troppo. Gli altri agenti l’hanno detto. Ho sentito due di loro parlarne — quelli che mi hanno accompagnato a casa di papà ieri sera. Hanno detto che Peterson è morto, e tu proprio non riesci ad accettarlo. Hanno detto che chiunque abbia lasciato le pietre probabilmente ha fatto uno scherzo.”
Riley era furiosa. Avrebbe voluto mettere le mani addosso a quegli agenti. Avevano avuto il coraggio di contraddirla, facendosi ascoltare da sua figlia. Pensò di chiedere ad April i loro nomi, ma decise di lasciar perdere.
“Ascoltami, April” Riley disse. “Devo andare fuori città per un lavoro, per qualche giorno. Devo andare ora. Ti porto da tuo padre. Voglio che resti lì.”
“Perché non posso venire con te?” April chiese alla madre.
Riley si chiese per quale motivo gli adolescenti potessero essere tanto stupidi, a volte.
“Perché devi