“Esattamente cosa cerca?” volle sapere Penbrook.
“Ancora non lo so.”
“Non si lasci ingannare” lo rassicurò Ellington. “È proprio quando sembra non sapere quello che cerca che ottiene i risultati migliori.”
Mackenzie gli indirizzò un sorrisetto prima di riportare la propria attenzione su Penbrook. “Sono cresciuta in una città chiamata Belton. Partirò da lì e la mossa seguente si presenterà da sé.”
“Se è questo che intende fare, non ho intenzione di dissuaderla” disse Penbrook “ma la contea di Morrill... non si trova tipo a sei ore da qui?”
“Non mi dispiace guidare” replicò lei. “Non sarà un problema.”
“Quando partirete?”
“Presto, credo. Se partiamo per le sei, saremo a Belton entro mezzanotte.”
“Allora, buona caccia” commentò Penbrook. Sembrava deluso e un po’ irritato. Mackenzie immaginò che fosse perché aveva creduto che lei ed Ellington sarebbero rimasti a lavorare con lui gomito a gomito fino alla chiusura del caso.
Senza sforzarsi di mascherare la propria reazione, Penbrook si avviò alla porta. Voltando appena la testa per guardarli da sopra la spalla, fece loro un cenno di saluto. “Fateci sapere se vi serve qualcosa.”
Una volta che Penbrook si fu chiuso la porta alle spalle, Mackenzie fece un sospiro. “Wow, non l’ha presa affatto bene, eh?”
Dopo un momento di riflessione, Ellington rispose con voce calma e misurata: “Credo di capire il suo punto di vista.”
“Ovvero?” chiese Mackenzie.
“Gli omicidi più recenti sono avvenuti tutti vicino ad Omaha. Andare dall’altra parte del paese gli deve sembrare un’inutile perdita di tempo.”
“Ma tutto è cominciato lì” protestò Mackenzie. “Ha perfettamente senso andarci.”
Mackenzie intuì che Ellington si sarebbe voluto alzare per venire da lei, forse per abbracciarla o per stringerle le mani; ma si era impegnato molto a tenere separate la loro vita lavorativa da quella privata, così rimase seduto.
“Ascolta” disse “capisco quanto questo caso sia importante per te. E ti conosco abbastanza da sapere che non ti fermerai finché non sarà risolto. Se vuoi andare a Belton, credo che dovresti farlo, però... credo che sarebbe meglio se io restassi qui.”
Mackenzie non aveva mai nemmeno preso in considerazione l’idea di tornare nella sua città natale da sola. Poco più di un anno prima l’aveva fatto, ma allora le cose erano diverse; non aveva il supporto di Ellington su cui poter contare.
La sua delusione le si doveva leggere in volto, perché Ellington stavolta si alzò dalla sedia. Si avvicinò e si fermò proprio davanti a lei, prendendole delicatamente le mani.
“Vorrei venire anch’io. Sul serio. Ma abbiamo già commesso questo sbaglio. Ce ne andiamo in un posto lontano dal cuore dell’indagine solo per scoprire al nostro ritorno che è successo qualcosa di grosso. Stavolta non possiamo permetterci un errore di valutazione simile. Se senti di dover andare nella contea di Morrill, allora vai, ma è meglio che io resti qui alla centrale operativa. A costo di sembrarti uno stronzo... questo non è solo il caso di tuo padre. Ci sono molte vittime anche qui a Omaha. Vittime recenti.”
Naturalmente ha ragione, pensò Mackenzie. Ma allo stesso tempo... perché abbandonarmi quando ho più bisogno di lui?
Tuttavia annuì in silenzio. Non era quello il momento di fare scenate. Anzi, sperava di non doverne mai fare. Tra l’altro... perché avrebbe dovuto prendersela con lui per essere riuscito a separare il loro rapporto lavorativo da quello sentimentale? Lei sicuramente non ci stava riuscendo in quel momento.
“Sì, hai ragione” gli disse quindi. “Magari tu puoi iniziare a perlustrare le strade e parlare con qualche senzatetto.”
“Era quello che avevo in mente, però Mac... se vuoi che venga insieme a te...”
“No” disse lei “me la caverò. Facciamo come dici tu, è meglio.”
Detestava non riuscire a nascondere il proprio disappunto. Sapeva che Ellington non metteva in dubbio il suo istinto e sapeva anche che dividersi era la tattica migliore in quel caso. Ma stava per tornare nella sua città natale per affrontare demoni che aveva finora ignorato. Quella era la prima vera occasione per Ellington di farsi avanti e dimostrarle l’uomo che poteva essere per lei.
Invece aveva deciso di comportarsi da bravo agente più che da bravo fidanzato.
Lei lo capiva e, Dio l’aiuti, questo la fece innamorare di lui ancora di più.
“Non sono uno stupido, Mac” disse. “Sei arrabbiata. Posso venire con te, non è una tragedia.”
“Non sono arrabbiata... non con te. È solo che odio come questo caso mi faccia sentire di essere due persone diverse. Ma hai ragione tu, devi restare qui.”
Lo baciò all’angolo della bocca e andò verso la porta.
“Quindi te ne vai così?”
“Sempre meglio che tirarla per le lunghe e arrabbiarsi ulteriormente, non credi? Ti chiamo appena trovo una stanza in albergo.”
“Sei sicura di voler fare così?” le chiese lui.
Non so cosa voglio, pensò lei. Ed è questo il problema. Ma quello che disse fu solo: “Sì. È la strategia migliore. Ci sentiamo verso mezzanotte.”
Quindi uscì dalla sala riunioni. Le ci volle tutta la propria determinazione per non voltarsi e spiegargli che non avesse idea del perché l’idea di separarsi la turbasse tanto. Così si obbligò a non fermarsi. Mentre andava a procurarsi una macchina, tenne gli occhi bassi e non parlò con nessuno.
CAPITOLO CINQUE
A ripensarci, Mackenzie si pentì di non essere rimasta ad Omaha quella notte, ad aspettare la luce del giorno per recarsi nella contea di Morrill. Attraversare Belton alle 0:05 si rivelò a dir poco inquietante. In giro per le strade non c’era praticamente nessuna auto e le uniche fonti di luce erano i lampioni sulla Main Street e alcune insegne al neon che segnalavano la presenza di bar e del posto che cercava Mackenzie, ovvero l’unico motel del paese.
La popolazione di Belton superava di poco le duemila unità. Gli abitanti erano per lo più agricoltori e operai dell’industria tessile. Il cuore del paese era costituito da piccole imprese, poiché quelle più grandi non si attentavano a tentare la fortuna in quella parte dello Stato. Quando era piccola, un McDonald’s, poi un Arby’s e quindi un Wendy’s avevano provato ad aprire su Main Street, ma tutte e tre le attività erano morte nel giro di tre anni.
Prese una stanza dopo aver ricevuto un’occhiata lasciva molto poco discreta dal vecchio e burbero impiegato dietro il bancone. Dopo aver disfatto l’unica valigia che aveva portato con sé e sentendosi esausta per quella lunga giornata, chiamò Ellington come ultima cosa prima di mettersi a dormire. Diligente come al solito, rispose al secondo squillo. Dalla voce sembrava esausto quanto lei.
“Ce l’ho fatta” esordì Mackenzie, senza sprecarsi in convenevoli.
“Bene” rispose Ellington. “Come va?”
“Mi ha messo i brividi. Immagino non sia il posto ideale da visitare col buio.”
“Sei ancora convinta che sia la mossa giusta?”
“Sì, e tu?”
“Non lo so. Ho avuto tempo per pensarci. Forse sarei dovuto venire con te. Per te non si tratta solo di risolvere un caso, ma anche di lasciarti il passato alle spalle. E una persona che ti ama, come ti amo io, dovrebbe essere lì con te.”
“Ma prima di tutto è un caso” disse Mackenzie. “La priorità per te è