Crivaro rimase silenzioso per un istante.
Poi, rivolse lo sguardo a Riley e chiese: “Come va?”
“Bene” fu la risposta di Riley.
“Sicura?” Crivaro insisté. “Sembri pallida, come se non ti sentissi bene.”
Naturalmente, era vero. Una combinazione della nausea mattutina e dello shock per quello che aveva visto aveva senz’altro influito su di lei. Ma l’ultima cosa che voleva al mondo era dire a Crivaro che era incinta.
“Sto bene” Riley ripeté.
Crivaro disse: “Presumo che tu abbia avuto delle sensazioni istintive sul killer laggiù.”
Riley annuì silenziosamente.
“C’è altro che dovrei sapere, oltre alla possibilità che abbia spaventato a morte la vittima?”
“Non molto” Riley rispose. “Tranne che è …”
Lei esitò, poi trovò la parola che stava cercando. “Sadico.”
Mentre proseguirono il viaggio in silenzio, Riley si trovò a ricordare lo spettacolo del corpo deposto sulla barella. Si sentì sopraffare di nuovo dall’orrore che la vittima avesse dovuto patire una tale umiliazione e un simile oltraggio persino nella morte.
Si chiese che tipo di mostro avrebbe augurato una cosa simile a una persona.
Per quanto vicina si fosse sentita momentaneamente al killer, sapeva che non poteva comprendere le orrende elucubrazioni della sua mente.
Ed era certa di non volerlo fare.
Ma c’era questo in serbo per lei prima che il caso fosse risolto?
E poi dopo che cosa avrebbe fatto?
E’ così che sarà la mia vita?
CAPITOLO OTTO
Quando Riley e Crivaro entrarono nel J. Edgar Hoover Building, trovandosi in un ambiente pulito e rinfrescato dall’aria condizionata, la ragazza avvertì tutto il senso di orrore generato dalla scena del crimine. Era come se l’orrore fosse penetrato dentro di lei. Come se lo sarebbe scrollato di dosso, specialmente l’odore?
Durante il tragitto fin lì, Crivaro aveva assicurato Riley che l’odore che aveva notato sul campo non proveniva dal corpo. Come Riley aveva immaginato, proveniva dai rifiuti rimasti sparsi per via del luna park. Il corpo di Janet Davis non era diventato cadavere da molto e non avrebbe potuto produrre un tale tanfo, come era stato per i corpi delle amiche uccise di Riley, quando le aveva trovate a Lanton.
Riley non aveva ancora conosciuto il tanfo di un cadavere in composizione.
Crivaro aveva detto, mentre guidava …
“Lo saprai quando sentirai il suo odore.”
Non era qualcosa che Riley aspettasse con impazienza.
Ancora una volta, si chiese …
Che cosa penso di fare qui?
Lei e Crivaro presero un ascensore fino ad un piano occupato da dozzine di laboratori forensi. Riley seguì il mentore in fondo ad un corridoio, finché giunsero ad una stanza con un cartello che diceva “CAMERA OSCURA.” Un giovane uomo smilzo, con i capelli lunghi era appoggiato alla porta.
Crivaro presentò se stesso e Riley all’uomo, che annuì e disse: “Sono Charlie Barrett, tecnico forense. Siete arrivati in tempo. Sto facendo una pausa dopo aver elaborato i negativi della macchina fotografica che hanno trovato al Lady Bird Johnson Park. Stavo giusto tornando a stamparne alcuni. Entrate.”
Charlie accompagnò Riley e Crivaro in un corto corridoio immerso in una luce color ambra. Poi, superarono una seconda porta, che li condusse in un’altra stanza illuminata dalla stessa strana luce.
La prima cosa a colpire davvero Riley fu l’odore pungente e acre degli agenti chimici.
Curiosamente, non trovò l’odore per niente sgradevole.
Invece, sembrò quasi …
Detergente, Riley intuì.
Per la prima volta da quando aveva lasciato il campo dove avevano trovato il corpo, quel tanfo appiccicoso e acido di rifiuti era sparito.
Persino l’orrore, in qualche modo, era svanito, e la nausea di Riley non c’era più.
Fu un vero sollievo.
Riley si guardò intorno sfruttando la luce fioca dell’ambiente, affascinata da tutti gli elaborati strumenti.
Charlie sollevò un foglio di carta con file di immagini e l’esaminò nella luce fioca.
“Ecco le prove” disse. “Sembra che fosse un’eccezionale fotografa. E’ un peccato quello che le è successo.”
Charlie mise una serie di negativi su un tavolo.
Riley non aveva mai visto una camera oscura prima d’ora. Aveva sempre portato le sue pellicole in un negozio per farle stampare. Ryan e alcuni amici avevano recentemente acquistato delle fotocamere digitali, che non usavano affatto la pellicola.
Il marito di Janet Davis aveva detto a McCune che la moglie del suo fotografo aveva utilizzato entrambi i tipi di macchina fotografica. Aveva la tendenza ad usare una macchina digitale per il suo lavoro professionale. Ma considerava gli scatti che aveva fatto al parco opere d’arte, e pertanto aveva preferito una classica macchina con pellicola.
Riley pensò che anche Charlie sembrava un artista, un vero maestro del proprio lavoro. Il che le fece sorgere una domanda …
Questa è arte al tramonto?
Tutto questo lavoro abile con pellicola, carta, strumenti, termometri, timer, valvole e agenti chimici un giorno sarebbe finito nel dimenticatoio?
Se così era, sembrava piuttosto triste.
Charlie cominciò a stampare i fotogrammi, ad uno ad uno, prima allargando i negativi su un pezzo di carta fotografica, poi immergendo lentamente la carta in una vaschetta di liquido per lo sviluppo, seguito da ulteriore immersione in quello che Charlie chiamava “bagno di pausa” per poi passare a un “bagno per fissaggio”. Infine, risciacquò a lungo su un piano in acciaio sotto il rubinetto. Per ultimo, Charlie appese le foto con delle pinze ad un supporto rotante.
Era un processo lento. Il silenzio veniva solo interrotto dal gocciolio del liquido, dallo strascicare dei piedi e da alcune parole dette di tanto in tanto, in quelle che sembravano quasi dei sussurri reverenziali. Proprio sembrava fuori luogo parlare ad alta voce in quella stanza.
Riley trovò la staticità e la lentezza quasi inspiegabilmente calmanti dopo il rumoroso disordine sulla scena del crimine, quando la polizia aveva dovuto sforzarsi per tenere a bada i giornalisti.
Riley osservò rapita le immagini che si rivelarono dopo lunghi minuti: spettrali ed indistinte all’inizio, ma poi finalmente con grande chiarezza e contrasto, quando erano appese sul supporto.
Le fotografie in bianco e nero catturavano una serata tranquilla e serena al parco. Una mostrava un ponte pedonale di legno che si estendeva su uno stretto passaggio d’acqua. Un’altra sembrava inizialmente rappresentare uno stormo di gabbiani che spiccavano il volo, ma quando l’immagine da sbiadita divenne più chiara, Riley si rese conto che quegli uccelli erano parte di una grande statua.
Un’altra foto mostrava un rozzo obelisco in pietra con il Monumento di Washington, che troneggiava a distanza. Altre immagini rappresentavano piste ciclabili e pedonali, che passavano attraverso zone boscose.
Le foto erano state chiaramente scattate con l’avvicinarsi del tramonto, creando