Tutti i volti si girarono all’unisono, sorpresi dall’improvviso arrivo di Thor e Reece. Thor si rese conto dello shock che avevano causato con la loro improvvisa comparsa nel mezzo della stanza, fuoriusciti com’erano da una porta segreta celata nella parete di pietra.
“Ecco il ragazzo!” gridò qualcuno tra la folla, alzandosi e puntando con odio il dito contro Thor. “È lui quello che ha tentato di avvelenare il re!”
Le guardie si gettarono su di lui da ogni angolo della stanza. Thor non aveva idea di cosa fare. Una parte di lui avrebbe voluto girarsi e fuggire, ma d’altro canto sapeva che doveva affrontare quella calca furiosa per poter trovare la sua pace con il Re. Quindi si preparò mentre numerose guardie avanzavano verso di lui pronte a catturarlo. Al suo fianco Krohn ringhiò ammonendo gli aggressori.
Mentre stava lì, Thor si sentì pervadere da un improvviso calore, da un potere che gli scorreva attraverso il corpo. Sollevò involontariamente una mano e tenne il palmo aperto dirigendo quell’energia verso di loro.
Si stupì quando tutti si fermarono a mezza strada, a pochi metri da lui, come pietrificati. Il suo potere, qualsiasi cosa fosse che gli scorreva dentro, li teneva a bada.
“Come osi venire qui a usare la tua stregoneria, ragazzo!” gridò Brom, il più valoroso generale del Re, sguainando la sua spada. “Non ti è bastato cercare di uccidere il nostro Re una volta?”
Brom si avvicinò a Thor con la spada sguainata, e in quell’istante Thor si sentì avvolgere da qualcosa, la sensazione più forte che avesse mai provato. Non fece altro che chiudere gli occhi e concentrarsi. Percepì l’energia nella spada di Brom, la sua forma, il metallo, e in qualche modo divenne tutt’uno con essa. Decise di fermarla con la sola forza del pensiero.
Brom rimase immobile, con gli occhi sgranati.
“Argon!” gridò Brom voltandosi. “Ferma subito questa stregoneria! Ferma quel ragazzo!”
Argon emerse dalla folla e abbassò lentamente il cappuccio. Fissò Thor con intensità, gli occhi che ardevano.
“Non vedo perché dovrei fermarlo,” disse Argon. “Non è venuto qui per fare male a nessuno.”
“Sei impazzito? Ha quasi ucciso il nostro Re!”
“Questo è quello che pensate voi,” disse Argon. “Non quello che vedo io.”
“Lasciatelo stare,” disse una voce profonda e roca.
Tutti si voltarono a guardare MacGil che si metteva a sedere. Lui li guardò con occhi sofferente. Era ovvio che faceva una fatica enorme a parlare.
“Voglio vedere il ragazzo. Non è stato lui a pugnalarmi. Ho visto il volto di quell’uomo, e non era lui. Thor è innocente.”
Lentamente gli altri abbassarono la guardia e anche Thor si sentì più rilassato. Le guardie si tirarono indietro guardandolo con cautela, come se venisse da un altro pianeta, e riposero lentamente le loro spade nei foderi.
“Voglio vederlo,” disse MacGil. “Da solo. Tutti voi. Lasciateci soli.”
“Mio Re,” disse Brom. “Pensate veramente che sia una cosa sicura? Solo voi e questo ragazzo, soli?”
“Thor non deve essere toccato,” disse MacGil. “E ora lasciateci. Tutti. Inclusa la mia famiglia.”
Un fitto silenzio calò sulla stanza mentre tutti si guardavano, chiaramente insicuri sul da farsi. Thor era lì in piedi, radicato al suo posto, a malapena capace di capire quello che stava accadendo.
Uno dopo l’altro, compresi i parenti del Re, uscirono dalla camera e anche Krohn si allontanò insieme a Reece. La stanza, così piena di gente solo pochi istanti prima, fu all’improvviso vuota.
La porta si chiuse. Ora c’erano solo Thor e il Re, soli nel silenzio. Thor stentava a crederci. Vedere MacGil steso lì, così pallido, così sofferente, gli arrecava un dolore indescrivibile. Non sapeva perché, ma era quasi come se anche una parte di lui stesse morendo lì, su quel letto. Voleva più di ogni altra cosa che il Re si riprendesse.
“Avvicinati, ragazzo mio,” disse MacGil debolmente, con la voce roca, poco più che un sussurro.
Thor abbassò la testa e corse ad inginocchiarsi al suo capezzale. Il Re allungò un polso floscio, Thor gli prese la mano e la baciò.
Thor sollevò lo sguardo e vide che MacGil gli sorrideva debolmente. Si sorprese di sentire lacrime calde che gli bagnavano le guance.
“Mio signore,” iniziò con foga, incapace di trattenersi, “vi prego di credermi. Non vi ho avvelenato. Sapevo del complotto solo grazie al mio sogno. Grazie a un potere del quale non so nulla. Volevo solo avvisarvi. Vi prego, credetemi…”
MacGil sollevò una mano, e Thor tacque.
“Mi sono sbagliato su di te,” disse MacGil. “Ho avuto bisogno di ricevere una pugnalata per mano di un altro uomo per capire che non eri stato tu. Tu stavi solo cercando di salvarmi. Perdonami. Sei stato leale. Forse l’unico membro leale nella mia corte.”
“Come vorrei essermi sbagliato,” disse Thor. “Come vorrei che voi foste salvo. Che i miei sogni fossero stati solo illusioni, che voi non foste mai stato colpito a morte. Forse mi sono sbagliato. Forse sopravviverete.”
MacGil scosse la testa.
“È giunta la mia ora,” disse a Thor.
Thor deglutì, sperando che non fosse vero, ma percependo che lo era.
“Sapete chi ha compiuto questo gesto terribile, mio signore?” chiese Thor, ponendo la domanda che gli era bruciata in petto da quando aveva fatto il sogno. Non riusciva a immaginare chi avrebbe potuto volere la morte del Re, o perché.
MacGil guardò il soffitto, sbattendo gli occhi con sforzo.
“Ho visto il suo volto. È una faccia che conosco bene. Ma per qualche motivo non riesco a ricordare chi sia.”
Si voltò a guardare Thor.
“Ora non ha importanza. È giunta la mia ora. Che sia stato compiuto dalla sua mano, o da quella di qualcun altro, la fine è sempre la stessa. Ciò che importa ora,” disse afferrando un polso di Thor con una forza che lo sorprese, “è quello che accadrà quando non ci sarò più. Il nostro diventerà un regno senza Re.”
MacGil lo guardò con un’intensità che Thor non comprese. Thor non capiva appieno ciò che gli stava dicendo, o cosa per caso gli stesse domandando. Thor avrebbe voluto chiederglielo, ma vedeva quanto penoso fosse per MacGil anche solo prendere fiato e non voleva rischiare di interromperlo.
“Argon aveva ragione su di te,” disse, allentando lentamente la presa. “Il tuo destino è ben più grande del mio.”
Thor avvertì una scossa attraversargli il corpo a quelle parole. Il suo destino? Più grande di quello del Re? La sola idea che MacGil si fosse preoccupato di parlare di Thor assieme ad Argon era ben più di quanto Thor potesse comprendere. E il fatto che ora stesse affermando che il suo destino era più grande del proprio: cosa poteva mai significare? Era solo lo stato d’animo deluso di MacGil nei suoi ultimi momenti di vita?
“Ho scelto te… ti ho portato nella mia famiglia per un motivo. Sai qual è?”
Thor scosse la testa, disperatamente desideroso di sapere.
“Non sai perché ti ho voluto qui, solo tu, in questi ultimi attimi della mia vita?”
“Mi spiace, mio signore,” rispose Thor, scuotendo la testa. “Non lo so.”
MacGil sorrise debolmente, mentre i suoi occhi iniziavano a chiudersi.
“C’è una grande terra, lontano da qui. Oltre le Terre Selvagge. Addirittura oltre la Terra dei Draghi. È la Terra dei Druidi. Da dove viene tua madre. Devi andare lì a cercare le risposte.”
Gli