Sage volò in basso e velocemente, per non farsi notare, passando sopra tutti i luoghi a lei familiari – la scuola, la sua casa, qualsiasi cosa lui riuscisse a pensare – sfruttando la sua vista prodigiosa, per perlustrare dietro gli alberi e nelle strade più nascoste, in cerca di lei.
Quando il sole fu ancora più alto nel cielo – erano trascorse inutilmente altre ore – Sage infine risolse che cercare non fosse più di alcuna utilità. Avrebbe dovuto aspettare finché lei non fosse apparsa, o finché non fosse giunto il momento di scovarla, di nuovo.
Sage era esausto, in un modo a lui prima di allora sconosciuto. Sentiva le forze vitali abbandonarlo. Sapeva che gli restavano pochi giorni di vita, e provò un dolore a petto, braccia e spalle, sentiva che stava morendo dentro. Era consapevole che presto avrebbe lasciato questo mondo – aveva fatto pace con questo. Voleva soltanto trascorrere gli ultimi giorni con Scarlet.
Non aveva altri luoghi in cui cercare, dunque Sage girò intorno alla vasta proprietà di famiglia sull'Hudson, guardando in basso. Volò di nuovo intorno, e ancora, come un'aquila, chiedendosi se l'avrebbe rivista per l'ultima volta. Non sapeva quale fosse il punto. Tutti lo odiavano ora per non aver portato loro Scarlet; e, dovette ammetterlo, anche lui li odiava. L'ultima volta che era andato via, sua sorella stava morendo tra le sue braccia, e Lore era sulle tracce di Scarlet, per provare ad andare a ucciderla. Non voleva più affrontarli.
Ma, nonostante tutto, non aveva un altro posto dove andare.
Mentre volava, Sage sentì un rumore forte, e guardò in basso, notando diversi suoi cugini che mettevano delle assi di legno alle finestre e martellavano. Finestra dopo finestra, stavano sigillando la loro villa ancestrale, e Sage scorse molti altri cugini spiccare il volo. Ne fu incuriosito. Chiaramente, qualcosa stava accadendo.
Sage doveva scoprirlo. Una parte di lui voleva sapere dove fossero diretti, che cosa ne sarebbe stato della sua famiglia—e una parte più forte ancora di lui voleva sapere se avessero un'idea di dove fosse Scarlet. Forse, uno di loro aveva visto o sentito qualcosa. Forse, Lore l'aveva catturata. Doveva saperlo; era l'unica pista che aveva.
Sage si abbassò, diretto alla villa di famiglia, atterrando nel cortile posteriore in marmo, davanti ai grandi scalini che conducevano all'entrata posteriore, composta dalle alte e antiche porte francesi.
Quando si avvicinò ad esse, si aprirono improvvisamente, e lui vide entrambi i genitori farsi avanti, guardandolo con uno sguardo severo e di disapprovazione.
“Che cosa ci fai qui dietro?” sua madre chiese, come se fosse un intruso indesiderato.
“Ci hai uccisi una volta,” il padre disse. “La nostra gente potrebbe essere sopravvissuta, se non fosse stato per te. Sei venuto per ucciderci di nuovo?”
Sage li guardò male; era così stufo della disapprovazione dei suoi genitori.
“Dove state andando tutti?” Sage domandò.
“Dove pensi?” il padre esplose. “Hanno convocato il Gran Consiglio per la prima volta in mille anni.”
Sage lanciò loro uno sguardo scioccato.
“Al Castello di Boldt?” lui chiese. “Siete diretti alle Mille Isole?”
I genitori lo guardarono con rimprovero.
“Che cosa t'importa?” la madre disse.
Sage non riusciva a credere alle proprie orecchie. Il Gran Consiglio non si era riunito sin dall'inizio dei tempo, e, per la loro gente, riunirsi in un posto non poteva portare alcunché di buono.
“Ma perché?” lui chiese. “Perché convocarlo, se moriremo tutti comunque?”
Il padre avanzò e sorrise, mentre sollevò un dito e lo affondò nel petto di Sage.
“Noi non siamo come te,” lui ringhiò. “Non moriremo senza combattere. Il nostro sarà il più grande esercito mai conosciuto, per la prima volta saremo tutti riuniti in un solo posto. L'umanità la pagherà. Avremo la nostra vendetta.”
“Vendetta per cosa?” Sage domandò. “L'umanità non ha nulla a che fare con voi. Perché fate del male a degli innocenti?”
Il padre gli sorrise.
“Stupido fino alla fine,” l'uomo disse. “Perché non dovremmo? Che cosa abbiamo da perdere? Perché, che cosa faranno, ci uccideranno?”
Il padre rise, e la madre si unì a lui, mentre insieme, l'uno sotto il braccio dell'altra, gli passarono davanti, urtandogli le spalle bruscamente, preparandosi a spiccare il volo.
Sage urlò loro: “Ricordo quanto eravate nobili,” disse. “Ma ora, non siete niente. Siete meno di niente. Questo vi fa fare la disperazione?”
Loro si voltarono e fecero una smorfia.
“Il tuo problema, Sage, è che, sebbene tu sia uno di noi, non hai mai capito la nostra razza. La distruzione è tutto ciò che abbiamo sempre voluto. Sei solo tu, soltanto tu, ad essere diverso.”
“Tu sei il figlio che non abbiamo mai capito,” la madre disse. “E non hai mai fallito nel deluderci.”
Sage sentì un dolore attraversarlo, e fu troppo debole per rispondere.
Quando si voltarono per andarsene, Sage, sussultando, raccolse le forse per gridare: “Scarlet! Dov'è? Ditemelo!”
La donna si voltò ed esplose in un grosso sorriso.
“Oh, non preoccuparti per lei,” la madre disse. “Lore la troverà, e ci salverà tutti. O morirà provandoci. E quando sopravviveremo, non osare pensare che ci sarà un posto per te.”
Sage arrossì per la rabbia.
“Ti odio!” lui gridò. “Vi odio entrambi!”
I genitori si limitarono a voltarsi, sorridendo; raggiunsero la ringhiera di marmo e spiccarono il volo nel cielo.
Sage restò immobile e li osservò andarsene, sparire nel cielo, mentre i cugini che restavano si unirono a loro. Lui se ne stette lì, tutto solo, davanti alla sua casa ancestrale oramai tutta sigillata; non gli restava più niente lì. La sua famiglia lo odiava—e lui ricambiava questo sentimento.
Lore. Sage si sentì travolgere dalla determinazione, mentre pensò a lui. Non poteva permettere che trovasse Scarlet. Nonostante tutto il dolore dentro di lui, sapeva che doveva ricorrere alla sua forza per l'ultima volta. Lui doveva trovare Scarlet.
O morire provandoci.
CAPITOLO QUATTRO
Caitlin era seduta dal lato passeggero nel loro pickup, esausta, distrutta, mentre Caleb guidava incessantemente sulla Route 9, su e giù oramai da ore, cercando in ogni angolo. L'alba stava nascendo, e Caitlin guardò attraverso il parabrezza un cielo insolito. Si meravigliò che fosse già giorno. Avevano viaggiato per tutta la notte, lei con il marito davanti, dietro Sam e Polly, tenendo gli occhi puntati sui lati della strada, cercando Scarlet ovunque. Una volta, si erano fermati improvvisamente ad un segnale di stop, perché Caitlin aveva pensato di averla vista – per scoprire poi che si trattava soltanto di uno spaventapasseri.
Caitlin chiuse gli occhi per un istante; le palpebre erano così pesanti, gonfie. Anche con gli occhi chiusi, continuò a vedere le luci delle auto con i fari che passavano, un immenso flusso di traffico, che aveva visto per tutta la durata della notte. Aveva voglia di piangere.
Caitlin si sentiva così svuotata, come una cattiva madre che non era stata abbastanza presente per Scarlet – che non aveva creduto in lei, che non l'aveva capita, che non le era stata accanto nel momento del bisogno. In qualche modo, Caitlin si sentiva responsabile per tutto. E si sentiva morire all'idea di non rivedere mai più la figlia.
Caitlin cominciò a piangere, poi aprì gli occhi e si asciugò velocemente le lacrime. Caleb allungò