Quella scuola, affermando che il Nuovo testamento è mitico, non si basava sulla scienza esegetica, ma sul pregiudizio razionalista di matrice liberale da cui la scuola mitica proveniva (cfr., tra molto altro, l'articolo di Giuseppe di Rosa S.I, anche reperibile sul web, ( https://books.google.it/books?id=Sgg5AQAAMAAJ&pg=PA566&lpg=PA566&dq=scuola+mitica+Bultmann&source=bl&ots=YRldT8stMY&sig=YGwD69AbHPpuSbVpIIup8KOMIHs&hl=it&sa=X&ei=9s9eVdqgG8bSU4eEgYgC&ved=0CDsQ6AEwBQ#v=onepage&q=scuola%20mitica%20Bultmann&f=false ) in La Civiltà Cattolica, n. 125, Volume II, Quaderno 2971, 6 aprile 1974, âRicciardetto e la sua vana ricerca di Dioâ). Della scuola mitica avevo scritto anch'io nel saggio âGesù, nato nel 6 âa.C.â crocifisso nel 30 â Un approccio storico, fuori catalogo ma scaricabile gratuitamente ( https://www.kobo.com/it/it/ebook/gesu-nato-nel-6-a-c-crocifisso-nel-30#http://store.kobobooks.com/it-IT/ebook/gesu-nato-nel-6-a-c-crocifisso-nel-30 ) da internet in formato e-book epub.
Aggiungo, sempre con la Dei Verbum (âCostituzione dogmatica Dei Verbum sulla divina Rivelazioneâ, n. 12), che âper ricavare con esattezza il contenuto dei testi sacri, si deve badare al contenuto e allâunità di tutta la Scrittura.â
Dopo una premessa sull'influenza della storia sulla Bibbia, andrò assai indietro rispetto allâepoca di Gesù, fin al 1200-1000 a.C., secoli in cui sorge in Palestina una prima tradizione orale che si rifletterà nella Bibbia. Passando per i duecento anni successivi, quelli dei primi re, discenderò ai secoli VIII - VI a.C., in cui sono scritti glâiniziali testi profetici, in certe parti già annunciatori del Dio amoroso, ed è steso, quanto meno stando al testo biblico posteriore 2 Re (2 Re 22, 3-20), un abbozzo del Deuteronomio, perduto e ritrovato nel tempio nel 622 a.C. sotto il re Giosia: nel Deuteronomio Jahvè è Dio della Legge, difensore anzitutto del popolo minuto e in particolare dei poveri, a differenza di quello formalista-legalista, in primo luogo desideroso di culto, del libro Levitico. Discorrerò della deportazione a Babilonia del popolo dâIsraele e dellâetà della liberazione e del rimpatrio, su autorizzazione del re persiano Ciro II il Grande (590-529 a.C.) vincitore di Babilonia, e del secondo tempio, eretto tra il 536 e il 515 a.C. sulle rovine di quello di Salomone, ch'era stato costruito per suo ordine nel X secolo prima di Cristo ed era stato distrutto nel 586 a.C. dall'esercito del re babilonese Nabucodonosor. Parlerò poi di quel lungo periodo, detto in senso stretto del Giudaismo, che inizia nel VI secolo a.C. giungendo a oltrepassare dâun quarantennio il tempo di Gesù, periodo in cui si mette per iscritto la maggior parte dellâAntica Scrittura giunta a noi: è questa unâepoca essenziale per la formazione della coscienza politico-religiosa giudaica e per lâabbandono definitivo del politeismo: parlerò in merito della scuola teologica, formata da sacerdoti e scribi che, avendo conservato le tradizioni durante lâesilio e avendole tramandate ai successori, dal VI al IV secolo prima di Cristo in parte redige ex novo e in parte integra i libri del Pentateuco - Genesi, Esodo, Numeri, Levitico e Deuteronomio - nei quali Jahvè è, prima di tutto anche se non esclusivamente, il Dio della Legge che stipula un patto dâalleanza (testamento) giuridica con Israele: un Dio legislatore e giudice, in vari passi castigatore analogamente allo Jahvè già presentato dal profeta dellâVIII secolo Amos. La teologia sacerdotale ha una visione tutto sommato ottimistica, sacerdoti e scribi ritengono dâessere i favoriti di Jahvè e che sia possibile, almeno per loro, vivere da âgiustiâ, il che significa per essi praticare il culto e stare soggetti alle prescrizioni legali. I profeti sono invece radicalmente pessimisti, convinti che lâegoismo degli esseri umani abbia fondamenta profondissime e che solo Dio possa liberarli dal peccato, che riguarda tutti: è benedetto da Dio chi confida in lui e maledetto è lâuomo che ha fiducia in sé (anzitutto, sono bersagli proprio gli uomini del governo politico-religioso, sedicenti giusti) e sâaffida ad altri uomini (in primo luogo, agli appartenenti alla propria cerchia di potere).
âIl Signore dice: âIo condanno chi si allontana da me, perché ha fiducia nell'uomo e conta soltanto su mezzi umani. Costui sarà come un rovo che cresce nel deserto, in una terra arida, piena di sale, dove è impossibile vivere: non gli accadrà mai nulla di buono. Ma io benedico chi ha fiducia in me e cerca in me la sua sicurezza. Egli sarà come un albero che cresce vicino a un fiume e stende le sue radici fino all'acqua. Non dovrà temere quando viene il caldo, perché le sue foglie resteranno verdi. Neppure un anno di siccità gli farà danno: continuerà a produrre i suoi fruttiââ (Ger 17, 5-8).
Le due linee, da una parte quella aristocratica dellâinflessibile giustizia e del primato delle forme del culto e, dallâaltra, quella profetica dellâamore per i poveri e per gli stranieri e della pietà per i peccatori, coesistono e arriveranno fino a Gesù il quale, inserendosi in questa seconda via e, secondo i cristiani, concludendola, rivelerà che Dio non solo è Amore che perdona, ma serve lâuomo e vuole divinizzarlo assumendolo a sé dopo la morte, e si scontrerà perciò con le guide dâIsraele, in particolare coi sacerdoti sadducei increduli sulla vita eterna, capi popolo propugnatori del giustiziere Jahvè della Legge, non del Dio-Amore.
Nellâuso ebraico i rotoli contenenti i cinque basilari testi storico-legislativi dâIsraele sono definiti la Torà (Torah), parola derivante dal verbo jarà h, insegnare, che significa appunto insegnamento, ma sono pure chiamati i Rotoli della Legge o la Legge di Mosè o semplicemente la Legge. La tradizione ebraica indica i libri della Torà con la parola iniziale di ciascuno. Il termine italiano Pentateuco deriva dal greco e fa riferimento ai cinque (penta) contenitori (teuchos = contenitore) di quei rotoli. I titoli di questi libri si devono ai cosiddetti Settanta, numero convenzionale dei molti, in realtà imprecisati, studiosi incaricati da Tolomeo Filadelfo sovrano dâEgitto di tradurre la Bibbia dallâebraico al greco verso la metà del III secolo a.C., che avrebbero compiuto lâopera in soli settantadue giorni.
Secondo certi critici la traduzione sarebbe da riferire al II secolo prima di Cristo. La datazione alla metà del III secolo a.C. deriva da un apocrifo celebrativo di Israele scritto in ambiente giudaico alessandrino, la Lettera di Aristea, opera in realtà dâignoto autore, che parla appunto di questa traduzione: è fittiziamente attribuita ad Aristea, alto funzionario del re Tolomeo II Filadelfo tra il 285 e il 247. Anche il numero 70 dei traduttori e il numero 72 dei giorni in cui la tradizione è compiuta traggono da questo apocrifo (cfr. La bibbia apocrifa, Editrice Massimo s.a.s., 1990, p. 171 ss.).
I Settanta intitolarono quei rotoli considerandone il contenuto: Genesi (le origini), Esodo, lâuscita dallâEgitto degli Ebrei, Levitico, libro della legge dettata dai sacerdoti della tribù di Levi, Numeri, dalle varie enumerazioni contenute nei primi capitoli, Deuteronomio, ovvero la seconda legge, sempre dal greco. Per gli scribi del tempio di Gerusalemme e per i sacerdoti sadducei questo Pentateuco, questa Torà , era la sola Parola di Dio. Gli altri libri veterotestamentari, indicati in Israele sotto i nomi collettivi di Profeti e Scritti, erano accolti come ispirati, ma non ancora da tutti gli ebrei ai tempi di Gesù Cristo, solo in ambiente farisaico.
Parlerò dei documenti, o tradizioni, che gli studiosi considerano fonti sia del Pentateuco, sia dei successivi sei libri biblici detti storici anche se non esenti da idealizzazioni, secondo il modo antico, apologetico, di fare storia.