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      Copyright © 2017 Guido Pagliarino

      All rights reserved

      Book published by Tektime

      Guido Pagliarino

      Il mostro a tre braccia e I satanassi di Torino

      Due racconti lunghi

      3a Edizione

      Editrice Tektime

      Racconto "Il mostro a tre braccia" Copyright 1994 Guido Pagliarino

      Racconto "I satanassi di Torino" Copyright 1995 Guido Pagliarino

      1a Edizione cartacea, "Il mostro a tre braccia e I satanassi di Torino, due racconti", Copyright 2009-2011, 0111 Edizioni, ISBN 9788863071955

      Dal 2012 di nuovo Copyright di Guido Pagliarino: tutti i diritti sono tornati all'autore

      2a Edizione, solo in e-book in tutti i formati, "Il mostro a tre braccia e I satanassi di Torino, due racconti lunghi",Copyright 2015 Guido Pagliarino ISBN 9781310185984

      Le copertine di tutte le edizioni e le relative immagini sono state realizzate elettronicamente da Guido Pagliarino

      Gli avvenimenti, i personaggi, i nomi di persone, enti, ditte e società e di loro prodotti e servizi che appaiono in questi racconti sono immaginari e ogni eventuale riferimento alla realtà presente o passata è casuale e involontario

      Indice

        PREFAZIONE DELL’AUTORE ALLA TERZA EDIZIONE

        Il mostro a tre braccia

        I

        II

        III

        IV

        V

        VI

        VII

        I satanassi di Torino

        I

        II

        III

        IV

        V

        VI

        VII

        VIII

        IX

        X

        XI

        XII

        XIII

        Note

        Guido Pagliarino

      PREFAZIONE DELL’AUTORE ALLA TERZA EDIZIONE

      Avevo scritto questi due racconti lunghi nel 1994 e nel 1995, di poco anteriormente al sorgere della moda del giallo e poliziesco italiani, lavori basati sulle figure di Vittorio D’Aiazzo, commissario e poi vice questore, e di Ranieri Velli, suo aiutante e amico, personaggi che, l'uno o entrambi, ritornano in altre mie opere: è uscito da pochissimo, per i tipi dell'Editrice Genesi, l'ultimo romanzo sul personaggio D’Aiazzo, il prequel "L'ira dei vilipesi".

      Sempre, in questi lavori ho prestato in primo luogo attenzione alle psicologie e agli ambienti, questi tutti del passato più o meno recente con qualche nostalgia per quella Torino della mia adolescenza e giovinezza che più non esiste. Ne erano e sono destinatari i lettori di narrativa in generale che, pur non disdegnando opere che trattino di delitti, non abbiano gusti alla paprika; non ci si aspetti dunque racconti alla Raymond Chandler o James Ellroy o, restando in Europa, alla Manuel Vazquez Montalban; ma neppure, d'altro canto, si attendano indagini arzigogolate, ben poco verosimili, come quelle ideate da Agatha Christie.

      L’azione del paio di racconti inclusi in questo libro si svolge in un periodo ancora pre-cibernetico, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60 dello scorso secolo, in una Torino dove, nell’area di Porta Palazzo e dintorni, centrale al primo lavoro, non abitavano ancora, come oggi, quasi soltanto extracomunitari, ma anziani piemontesi in pensione, originari della zona, e giovani famiglie dell’immigrazione meridionale; una città in cui arterie principali quali corso Vittorio Emanuele II e corso Regina Margherita vedevano, quasi, più mezzi di trasporto pubblici che privati. Fra questi ultimi, nelle vie e nei contro viali giravano molte biciclette, alcune a motore, mentre già si vedevano le prime auto 600 e 500, normalmente comperate a rate, con chili di cambiali, da qualche impiegato avanti nella carriera o occupato alla regina FIAT, signora ben più di oggi di Torino e cintura. Qua e là, poi, rombavano le automobili di maggior prezzo, acquistate da esponenti dell’alta e media borghesia, come la FIAT 1400 e l’ALFA ROMEO 1900 – questa usata pure dalla Polizia: la cosiddetta pantera – o come la fantasmagorica, per giovani figli di ricchi, LANCIA Aurelia Sport 1200, quella del film “Il sorpasso”, auto diretta concorrente dell’ALFA Giulietta spider 1300. Con le automobili e le biciclette circolavano vespe e lambrette assieme a qualche motocicletta di piccola cilindrata. Era quella un’epoca in cui non c’erano ancora il personal computer e il telefonino, tutte le famiglie avevano la radio ma pochissime la televisione, in bianco e nero, canale RAI unico: però senza pubblicità, a parte il simpatico e oggidì quasi leggendario “Carosello”. Una Torino, insomma, in cui un investigatore poteva ancora operare quasi come i suoi colleghi dei gialli e polizieschi classici europei anni ’20-50.

      Nel primo racconto, "D'Aiazzo e il mostro a tre braccia", viene picchiato a morte da ignoti un antiquario e restauratore torinese, Tarcisio Benvenuto, uomo dal fisico deforme che, alla nascita, era stato abbandonato dall’ignota madre ed esposto alla carità delle suore d’un istituto religioso torinese. Dal nulla, lavorando senza posa era divenuto proprietario d’un negozio all’ingrosso e al dettaglio in zona Porta Palazzo. Le suore sue educatrici lo ricordano come persona di bontà quasi angelica e così pure è per altri come la giovanissima sua magazziniera Mariangela che, anzi, parrebbe esserne stata innamorata nonostante l’aspetto mostruoso di lui. Proprio l'incontrario affermano Giulia, avvenente e disinibita sua ex dipendente, adesso prostituta, e un altro dei suoi magazzinieri, Alfonso, e così pure è per alcuni piccoli commercianti clienti del Benvenuto: secondo tutti loro, egli era stato un individuo furioso e vendicativo. Il commissario, dopo aver cercato e sottoposto