Blake B.
BLUE E LA BAMBINA SENZA CUORE
Illustrazioni di Andrea Berlinghieri
A mia nonna,
Bernardina Bersia.
La B.B. originale.
La bambina trasparente fluttuava tranquilla vicino a Blue, teneva il suo passo, seguiva la sua andatura, un po' a destra, un po' a sinistra, un po' di corsa, un po' a rilento.
Gli odori erano la guida che li faceva spostare.
Una bacca, una ghianda, una pigna, una felce.
La piccola foresta era ricca e satura di profumi invitanti e loro li approfondivano tutti. Le cortecce, i rami, le foglie, i funghi, perfino le lucciole e per seguirle, talvolta, la bambina attraversava Blue provocandogli un brivido che gli rizzava tutti i peli sulla schiena.
Lei rideva e Blue non si lamentava. Lei era un fantasma e lui un cinghiale. La coppia più improbabile del bosco. Eppure.
Da anni solcavano i sentieri verdi e marroni, stretti nel blu notturno, come se fossero una sola creatura, anche se solo una di loro era viva, mentre l'altra solo più un ricordo. Si erano incontrati, anche se sarebbe meglio dire scontrati, diverse lune prima quando lei era un'entità senza posto e lui il padrone del posto.
Lei era sola, trasparente e indifesa e lui il classico prepotente, un po' rozzo e un po' ottuso che, in ogni caso, non ammetteva intromissioni nel suo territorio e, tantomeno, nella sua quotidianità. Così, quando la intercettò la prima volta, si fiondò in una corsa ostile e inospitale verso la presenza che percepiva come intrusa, ma la sua furia si dissolse in un banco di nebbia e Blue restò immobile a respirare il bosco.
Grugnì. Soffiò aria, risentimento e fango.
Poi si ricompose, si guardò intorno furtivo, mascherò l'imbarazzo e fece finta di annusare il terreno. L'origine dell'odore che aveva scatenato la sua disapprovazione ricordava quella umana ed era il motivo per cui ci si era scagliato contro ma, a conti fatti, di umano non c'era nulla tra gli alberi ed il terreno, solo un tiepido vapore che gli solleticava i sensi confondendoli tra loro.
Blue si sentiva disorientato, proprio come quella notte in cui la paura puzzava così forte che si era condensata in realtà e lui non era riuscito a distinguere la soglia dell'incubo.
E così si lasciò cadere al suolo sconfitto e tremante, lo sguardo nel buio carico di interrogativi e, infine, si accucciò tra le foglie spingendo il muso tra le zampe.
E fu in quel momento che la distinse, o forse sarebbe meglio dire sentì, perché fu l'udito a raggiungerlo prima della vista.
«Hai paura?» Silenzio
«Anche io.» Silenzio immobile.
«Non dovresti essere più forte?» Silenzio ostile.
«Sei buffo.» Sbuffo.
«Ho capito. Tu non mi capisci.» Drizzamento di orecchie.
«Ah! Quindi hai sentito?» Abbassamento di orecchie.
«Non fare il furbo, ti ho visto sai...» Roteamento di occhi. E poi... sbam!
La nebbia che aveva inseguito era fatta di soffici e sottili capelli castani, piccole mani e grandi occhi verdi che sorvolavano una pelle pallida come una nuvola. Quello che si presentava ai suoi occhi, in pratica, era un batuffolo.
Come un soffione ancora da spargere.
Un groviglio di bellezza, un gomitolo di umanità.
Se l'astratto sarebbe potuto essere concreto sarebbe stato lei.
Blue si rizzò sulle zampe e, contro ogni pronostico, si avvicinò spavaldamente. Annusò la sua consistenza che era fatta di aria, di vento, di freddo, di ghiaccio.
Lei era un cristallo dalle fattezze irresistibili e Blue fu subito colpito dall'unico dettaglio che disturbava tutto quel candore. In mezzo al petto della bambina, all'altezza del cuore, oltre che al suo posto, c'era un buco. Un foro grande come un riccio di castagna attraverso il quale soffiava l'aria, passavano le piccole foglie o qualunque altra cosa che il vento trasportasse.
Blue inclinò la testa, prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e alla bambina scappò un risolino.
«E' il mio foro del cuore» spiegò per dissipare la confusione negli occhi del cinghiale, come se così facendo tutto sarebbe stato più chiaro.
Lui in risposta grugnì e si allontanò di qualche passo ma la bambina, in un soffio, le fu di nuovo vicino.
«Anche tu hai qualcosa di diverso, se per questo.»
Blue si sedette paziente e incuriosito, lasciando spazio alle sue parole.
«Tu hai gli occhi azzurri, lo sai?» Annuì. Certo che lo sapeva.
«Io non ho mai visto un cinghiale con gli occhi azzurri. Vedi? Siamo entrambi, come dire, speciali. E in più tu sembri essere l'unico in grado di capirmi, tutti gli altri animali scappano appena avvertono la mia presenza. Secondo me dovremo proprio stare insieme.»
Blue restò qualche secondo in silenzio, piacevolmente stordito da quella presenza e da quella vocina, e fece trascorrere ancora un buon minuto prima di rispondere, cosa che lei interpretò come indecisione o incertezza. La sua voce divenne un sussurro, come se stesse per confidargli un segreto.
«Non so neanche come mi chiamo. Non lasciarmi sola. Non voglio. Non mi piace.» Blue, che non aveva nessuna intenzione di allontanarla, spalancò i suoi occhi azzurri e si tirò sulle zampe, carico di responsabilità, infine parlò.
«Ti chiamerò Batuffolo.»
Non comprendeva bene quello che stava facendo eppure il sorriso più bello che avesse mai visto gli suggeriva che era certamente la cosa giusta, non capiva neanche bene cosa lei fosse, se per questo, non era del suo mondo ma neanche dell'altro e lui aveva deciso di rischiare. O forse abbandonarsi?
L'avrebbe accettata.
E da quel momento trascorsero insieme ogni millesimo di secondo di un'esistenza straordinaria. Proprio come in quell'istante quando la prima neve di dicembre iniziò a posarsi ovunque ricoprendo tutto di soffice bianco e, come diceva sempre Batuffolo, il bosco diventava di latte e panna.
Buonissimo! esclamava non appena assaggiava una foglia e Blue, di rimando, leccava un rametto e rispondeva Fresco al punto giusto. Il gelato perfetto!
Poi sghignazzavano un po' e continuavano il loro giro. Così, adesso, tra gli alberi bianchi e la notte blu cobalto gironzolavano assaporando fiocchi, fiori e anche un po' di fiume che, lentamente, iniziava a luccicare. Anche il pelo di Blue brillava sotto i riflessi della luna che, quella sera, sembrava volesse occupare tutto il cielo. Batuffolo se ne stava con il naso all'insù, incantata, e Blue andò a sedersi vicino a lei. La sponda del fiume era già rivestita di un morbido tappeto e Blue si sistemò per bene, lasciandosi leggermente sprofondare nella neve.
«Molto comodo aggiunse soddisfatto.»
«Sai cosa mi piace di questa notte Blue?»
«Cosa?»
«Tutto.»
Il cinghiale si sentì un po' meno cinghiale e si avvicinò ancora di più per vedere se riusciva anche a strappare qualche carezza che, in ogni caso, non tardò ad arrivare.
Blue restava sempre sorpreso da quella piccola creatura che, pur non avendo un cuore, era dotata di un amore puro e incondizionato. Il cuore che aveva perso, semplicemente, era fisico e materiale e lei stessa era diventata il suo cuore.
Pulsante e preziosa, proiettava splendore.
Di sottecchi spostò lo sguardo sul foro che le bucava il petto, in quel momento al suo interno vorticavano i piccoli cristalli di ghiaccio che, con calma e un po' di pigrizia, fuoriuscivano a spirale nell'atmosfera.
Sembrava