d'un cavallier la giovane s'accorse;
d'un cavallier, ch'all'ombra d'un boschetto,
nel margin verde e bianco e rosso e giallo
sedea pensoso, tacito e soletto
sopra quel chiaro e liquido cristallo.
Lo scudo non lontan pende e l'elmetto
dal faggio, ove legato era il cavallo;
ed avea gli occhi molli e 'l viso basso,
e si mostrava addolorato e lasso.
Questo disir, ch'a tutti sta nel core,
de' fatti altrui sempre cercar novella,
fece a quel cavallier del suo dolore
la cagion domandar da la donzella.
Egli l'aperse e tutta mostrò fuore,
dal cortese parlar mosso di quella,
e dal sembiante altier, ch'al primo sguardo
gli sembrò di guerrier molto gagliardo.
E cominciò: – Signor, io conducea
pedoni e cavallieri, e venìa in campo
là dove Carlo Marsilio attendea,
perch'al scender del monte avesse inciampo;
e una giovane bella meco avea,
del cui fervido amor nel petto avampo:
e ritrovai presso a Rodonna armato
un che frenava un gran destriero alato.
Tosto che 'l ladro, o sia mortale, o sia
una de l'infernali anime orrende,
vede la bella e cara donna mia;
come falcon che per ferir discende,
cala e poggia in un atimo, e tra via
getta le mani, e lei smarrita prende.
Ancor non m'era accorto de l'assalto,
che de la donna io senti' il grido in alto.
Così il rapace nibio furar suole
il misero pulcin presso alla chioccia,
che di sua inavvertenza poi si duole,
e invan gli grida, e invan dietro gli croccia.
Io non posso seguir un uom che vole,
chiuso tra' monti, a piè d'un'erta roccia:
stanco ho il destrier, che muta a pena i passi
ne l'aspre vie de' faticosi sassi.
Ma, come quel che men curato avrei
vedermi trar di mezzo il petto il core,
lasciai lor via seguir quegli altri miei,
senza mia guida e senza alcun rettore:
per li scoscesi poggi e manco rei
presi la via che mi mostrava Amore,
e dove mi parea che quel rapace
portassi il mio conforto e la mia pace.
Sei giorni me n'andai matina e sera
per balze e per pendici orride e strane,
dove non via, dove sentier non era,
dove né segno di vestigie umane;
poi giunsi in una valle inculta e fiera,
di ripe cinta e spaventose tane,
che nel mezzo s'un sasso avea un castello
forte e ben posto, a maraviglia bello.
Da lungi par che come fiamma lustri,
né sia di terra cotta, né di marmi.
Come più m'avicino ai muri illustri,
l'opra più bella e più mirabil parmi.
E seppi poi, come i demoni industri,
da suffumigi tratti e sacri carmi,
tutto d'acciaio avean cinto il bel loco,
temprato all'onda ed allo stigio foco.
Di sì forbito acciar luce ogni torre,
che non vi può né ruggine né macchia.
Tutto il paese giorno e notte scorre,
e poi là dentro il rio ladron s'immacchia.
Cosa non ha ripar che voglia torre:
sol dietro invan se li bestemia e gracchia.
Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene,
che di mai ricovrar lascio ogni spene.
Ah lasso! che poss'io più che mirare
la rocca lungi, ove il mio ben m'è chiuso?
come la volpe, che 'l figlio gridare
nel nido oda de l'aquila di giuso,
s'aggira intorno, e non sa che si fare,
poi che l'ali non ha da gir là suso.
Erto è quel sasso sì, tale è il castello,
che non vi può salir chi non è augello.
Mentre io tardava quivi, ecco venire
duo cavallier ch'avean per guida un nano,
che la speranza aggiunsero al desire;
ma ben fu la speranza e il desir vano.
Ambi erano guerrier di sommo ardire:
era Gradasso l'un, re sericano;
era l'altro Ruggier, giovene forte,
pregiato assai ne l'africana corte.
– Vengon (mi disse il nano) per far pruova
di lor virtù col sir di quel castello,
che per via strana, inusitata e nuova
cavalca armato il quadrupede augello. —
– Deh, signor (diss'io lor), pietà vi muova
del duro caso mio spietato e fello!
Quando, come ho speranza, voi vinciate,
vi prego la mia donna mi rendiate. —
E come mi fu tolta lor narrai,
con lacrime affermando il dolor mio.
Quei, lor mercé, mi proferiro assai,
e giù calaro il poggio alpestre e rio.
Di lontan la battaglia io riguardai,
pregando per la lor vittoria Dio.
Era sotto il castel tanto di piano,
quanto in due volte si può trar con mano.
Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca,
l'uno e l'altro volea combatter prima;
pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca,
o pur che non ne fe' Ruggier più stima.
Quel Serican si pone il corno a bocca:
rimbomba il sasso e la fortezza in cima.
Ecco apparire il cavalliero armato
fuor de la porta, e sul cavallo alato.
Cominciò