Licinio, come una specie di religiosa Crociata. All'invito del Tiranno alcuni Uffiziali Cristiani avevano riprese le loro zone, o in altri termini eran tornati al servizio militare. Fu dipoi censurata la lor condotta dal Canone XII del Concilio Niceno, qualora vogliasi ammettere questa interpretazione particolare, invece di quel generale e libero senso, che gli danno gl'interpreti Greci Balsamone, Zonara, ed Alessio Aristeno. Vedi Beveridge
Pandect. Eccles. Graec. Tom. I. p. 72. Tom. II p. 73. annotat.
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Nomen ipsum crucis absit non modo a corpore civium Romanorum, sed etiam a cogitatione, oculis, auribus: Cicer. pro Rabirio c. 5. Gli scrittori Cristiani, Giustino, Minucio Felice, Tertulliano, Girolamo, e Massimo di Torino hanno investigato con passabil successo la figura o la somiglianza della croce in quasi tutti gli oggetti della natura, o dell'arte; nell'intersezione per esempio del meridiano coll'equatore, nella faccia umana, nell'uccello che vola, nell'uomo che nuota, nell'albero coll'antenna della nave, nell'aratro, nello stendardo ec. Vedi Lipsio de cruce. (l. I. c. 9).
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Vedi Aurelio Vittore, che riguarda questa legge come uno degli esempi delle pietà di Costantino. Un editto così onorevole al Cristianesimo meritava luogo nel Codice Teodosiano, invece di farne indirettamente menzione, come par che resulti dal paragone de' Titoli V. e XVIII. del lib. IX.
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Eusebio in vit. Const. l. I. c. 40. Questa statua, o almeno la croce e l'iscrizione, si può riportare più probabilmente alla seconda, o anche alla terza visita di Costantino a Roma. Subito dopo la disfatta di Massenzio gli animi del Senato e del Popolo non potevano essere ancora disposti per tal pubblico monumento.
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Agnoscas regina libens mea signa necesse est;
In quibus effigies crucis aut gemmata refulget,
Aut longis solido ex auro praefertur in hastis,
Hoc signo invictus transmissis alpibus ultor
Servitium solvit miserabile Constantinus.
···············
Christus purpureum gemmanti textus in auro
Signabat Labarum clypeorum insignia Christus
Scripserat; ardebat summis crux addita christis.
Prudent. in Symmach. l. II. v. 464. 486.
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Rimane tuttora ignota la derivazione, ed il senso della parola Labarum o Laborum, che s'usa da Gregorio Nazianzeno, da Ambrogio, da Prudenzio ec. malgrado gli sforzi dei Critici, che hanno inutilmente torturato il Latino, il Greco, lo Spagnuolo, il Celtico, il Teutonico, l'Illirico, l'Armeno ec. per trovarne l'etimologia. Vedi Du Cange. Gloss. et inf. Latin. v. Labarum e Gottofredo ad Cod. Theodos. (Tom. II. p. 143).
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Eusebio in vit. Const. l. I. c. 30, 31. Il Baronio (annal. Eccles. An. 312. n. 46) ha riportato un'immagine del Labarum.
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Transversa X. littera, summo capite circumflexa, Christum in scutis notat. Caecil. de M. P. c. 44. Cuper ad M. P. in Edit. Lactant. Tom. II p. 500, ed il Baronio an. 312. n. 25 hanno tratto dagli antichi monumenti vari modelli di tali monogrammi, i quali divennero molto alla moda nel Mondo Cristiano.
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Eusebio in vit. Constant. l. II, c. 7, 8, 9. Egli introduce il Labaro avanti la spedizione dell'Italia, ma sembra che la sua narrazione indichi, ch'esso non fu mai mostrato alla testa dell'esercito, finchè Costantino, circa dieci anni dopo, non si fu dichiarato nemico di Licinio e liberator della Chiesa.
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Vedi Cod. Teod. l. VI, Tit. XXV. Sozomeno l. I, c. 2. Teofane Cronogr. p. 11. Teofane visse verso il fine dell'ottavo secolo, quasi cinquecento anni dopo Costantino. I Greci moderni non erano inclinati a spiegare in campo lo stendardo dell'Impero e del Cristianesimo; e quantunque s'attaccassero ad ogni superstiziosa speranza di difesa, pure la promessa della vittoria sarebbe sembrata loro una finzione troppo ardita.
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L'Abate du Voisin (p. 103. ec.) riporta molte di queste medaglie, e cita la particolar dissertazione d'un Gesuita, cioè del P. Grainville, su tal soggetto.
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Tertulliano de Coron. c. 3. Athanas. (Tom. I. p. 101). Il dotto Gesuita Petavio (Dogm. Theolog. l. XV. c. 9, 10) ha raccolto molti passi uniformi sopra le virtù della Croce, che nel passato secolo imbarazzarono i nostri Protestanti controversisti.
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Caecil. de M. P. c. 44. Egli è certo che questa istorica declamazione fu composta e pubblicata, mentre Licinio Sovrano dell'Oriente conservava sempre l'amicizia di Costantino e de' Cristiani. Ogni lettore di buon gusto si deve accorgere, che lo stile è d'un carattere molto diverso ed inferiore a quel di Lattanzio, e tale in fatti è il giudizio del Clerc e del Lardner, (Bibl. anc. et mod. Tom III. p. 438 Credibil. del Angelo ec. P. 2 vol. II. p. 94). Quelli, che son per Lattanzio, deducono tre argomenti di tale opinione dal titolo del libro e da' nomi di Donato e di Cecilio. Vedi il P. Lestocq (T. II. p. 46-60). Ciascheduna di queste prove presa da se è debole e mancante, ma l'unione di esse ha gran peso. Io sono stato spesso dubbioso, e seguiterò senza darmene altro pensiero il MS. Colbertino, chiamando l'A. chiunque siasi Cecilio.
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Caecil. de M. P. c. 46. Par che sia ragionevole l'osservazione di Voltaire (Oeuvr. Tom. XIV. p. 307), che attribuisce al successo di Costantino l'essere stata la fama del suo Labaro maggiore di quella dell'Angelo di Licinio. Pure anche quest'Angelo ha incontrato favore appresso il Pagi, il Tillemont, il Fleury, che sono impegnati ad accrescere la loro quantità di miracoli.
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Oltre questi ben cogniti esempi, Tollio, nella Prefazione alla traduzione di Longino fatta da Boileau, ha scoperto una visione d'Antigono, che assicurò le sue truppe d'aver veduto un pentagono (simbolo di salvezza) con queste parole «In questo vinci». Ma Tollio è affatto inescusabile per avere omesso di addurre donde ha ricavato quel fatto; ed il suo carattere nella letteratura, ugualmente che nella morale, non è superiore ad ogni eccezione. Vedi Chauffepiè Diction. crit. Tom. IV. p. 460. Senza insistere nel silenzio di Diodoro, di Plutarco, di Giustino ec. si può osservar, che Polieno, il quale in un capitolo a parte (l. IV. c. 6), ha raccolto diciannove stratagemmi militari d'Antigono, non è punto informato di questa notevol visione.
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Instincta Divinitatis, mentis magnitudine. Da qualunque curioso viaggiatore può sempre leggersi l'Iscrizione sull'arco trionfale di Costantino, che fu copiata dal Baronio, dal Grutero ec.
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Habes profecto aliquid cum illa mente divina secretum, quae delegata nostra Diis minoribus cura uni se tibi dignatur ostendere. Panegyr. vet. IX. 2.
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Freret (Mem. de l'Acad. des Inscript. Tom. IV. p. 411-417) spiega per mezzo di cause fisiche molti prodigi dell'antichità, e Fabricio, di cui abusano ambe le parti, vanamente procura di porre la celeste croce di Costantino fra gli aloni solari. Biblioth. Graec. Tom. VI. p. 8-29.
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Nazar. Paneg. vet. X. 14, 15. Non è necessario nominare i moderni, l'avido e non discernente appetito de' quali ha ingoiato anche il cibo Pagano di Nazario.
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Vengono attestate dagli Istorici e da' pubblici monumenti le apparizioni di Castore e di Polluce, specialmente per annunziare la vittoria Macedonica. Vedi Cicer. de Nat. Deor. II. 2. III; 5. 6. Flor. II. 12. Val. Massim. lib. I. c. 8 n. 2. Pure il più recente di questi miracoli è omesso, ed indirettamente negato da Livio, XLV. I.
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Eusebio l. I. c. 18, 19, 20. Il silenzio d'Eusebio stesso, nella sua Storia Ecclesiastica, ha veramente toccato sul vivo tutti que' difensori del miracolo che non sono affatto insensibili.