ma l'identità del campo Cimbrico e del Gotico si deve intendere (come il Filippi di Virgilio Georg. I. 490) secondo la libera Geografia d'un Poeta. Vercelli e Pollenzia son distanti sessanta miglia fra loro; e la differenza è anche maggiore, se i Cimbri fossero stati disfatti nella vasta e nuda pianura di Verona (Maffei,
Veron. Illustr. P. I. 54-62).
111
Bisogna esaminare rigorosamente Claudiano e Prudenzio, per ridurre le figure, ed estorcere il senso istorico di que' Poeti.
112
Et gravant en airain ses frêles avantages
De mes états conquis enchaîner les images.
Era famigliare a' Romani la pratica d'esporre in trionfo le immagini de' Re e delle Province. Il busto di Mitridate medesimo, d'oro massiccio, era alto dodici piedi. Freinshem, Suppl. Livian. 103. 47.
113
La guerra Gotica ed il sesto Consolato di Onorio, legano oscuramente insieme gli avvenimenti della ritirata di Alarico e delle sue perdite.
114
Taceo de Alarico… saepe victo, saepe concluso, semperque dimisso. Orosio l. VII. c. 37. p. 567. Claudiano (VI. Cons. Hon. 320) tiravi sopra un velo con una delicata immagine.
115
L'avanzo del poema di Claudiano sul sesto Consolato d'Onorio descrive il viaggio, il trionfo ed i giuochi (330-660).
116
Vedasi l'inscrizione nell'Istoria degli antichi Germani di Mascou VIII. 12. Le parole sono positive ed indiscrete, Getarum nationem in omne oevum domitam etc.
117
Sopra il curioso, quantunque orrido, soggetto dei Gladiatori si consultino i due libri dei Saturnali di Lipsio, che come Antiquario è disposto a scusare la pratica dell'antichità Tom. III. p. 483-545.
118
Cod. Theod. lib. XV. Tit. XII. leg. 1. Il comentario del Gotofredo somministra (Tom. V. p. 396) dei gran materiali per la storia dei Gladiatori.
119
Vedasi la perorazione di Prudenzio (in Symmac. l. II, 1121-1131) che senza dubbio avea letto l'eloquente invettiva di Lattanzio (Divin. Instit. l. VI. c. 20). Gli Apologisti Cristiani non hanno risparmiato questi sanguinosi giuochi, che s'erano introdotti nelle feste religiose del Paganesimo.
120
Teodoret. l. V. c. 28. Io bramo di creder la storia di S. Telemaco. Pure non è stata dedicata veruna Chiesa, nessun altare è stato eretto all'unico monaco, che morì martire nella causa dell'umanità.
121
Crudele Gladiatorum spectaculum, et inhumanum nonullis videri solet, et haud scio, an ita sit, ut nunc fit: Ciceron. Tusc. II. 17. Egli debolmente censura l'abuso, e con calore difende l'uso di questi divertimenti: Oculis nulla poterat esse fortior contra dolorem et mortem disciplina. Seneca (Epist. 7.) dimostra sentimenti d'uomo.
122
Questo ragguaglio di Ravenna è tratto da Strabone (l. V. p. 327), da Plinio (III. 20), da Stefano di Bisanzio (V. Ραβεννα p. 651. Edit. Berhel), da Claudiano (in VI. Cons. Hon. 494 ec.), da Sidonio Apollinare (l. I. Epist. V. 8), da Giornandes (de Reb. Get. c. 29), da Procopio (de Bell. Got. l. I. c. I. p. 309. Edit. Leuvr.), e dal Cluverio (Ital. Antiq. T. I. p. 301-307). Pure io sono ancora mancante d'un Antiquario locale, e d'una buona carta topografica.
123
Marziale (Epigr. III. 56, 57) scherza sull'inganno d'un furbo, che gli avea venduto del vino invece d'acqua; ma seriamente dichiara, che in Ravenna una cisterna è più valutabile d'una vigna. Sidonio si duole, che la città è priva di fonti e di acquedotti, e pone la mancanza d'acqua fresca nel numero de' mali locali, come del gridar dei ranocchi, del pungere degli insetti ec.
124
La favola di Teodoro e d'Onorio, che Dryden ha sì mirabilmente preso dal Boccaccio (Giorn. III novell. 8) seguì nel bosco di Chiassi, voce corrotta da Classis, navale stazione, che con la strada o sobborgo intermedio, via Caesaris, formava la triplice città di Ravenna.
125
Dall'anno 404 in poi le date del Codice Teodosiano divengono permanenti in Costantinopoli ed in Ravenna. Vedi la Cronologia delle Leggi del Gotofredo Tom. I. p. 148.
126
Vedi Deguignes Hist. des Huns Tom. I. p. 179, 189, T. II. p. 295, 334, 338.
127
Procopio (de Bell. Vandal l. I. c. 3. p. 182.) ha fatto menzione d'un'emigrazione dalla palude Meotide al Settentrione della Germania, ch'esso attribuisce alla carestia. Ma i suoi lumi d'istoria antica sono estremamente oscurati dall'ignoranza e dall'errore.
128
Zosimo (l. V. p. 331) usa la generale espressione di nazioni di là dal Danubio e dal Reno. Anche i vari epiteti, che ogni antico scrittore può avere accidentalmente usato, indicano manifestamente la lor situazione, e conseguentemente i loro nomi.
129
Il nome di Radagast era quello d'una Divinità locale degli Obotriti (in Meclemburgo). Un Eroe potrebbe naturalmente aver preso il nome del suo Dio tutelare; ma non è probabile, che i Barbari adorassero un Eroe sfortunato. Vedi Mascou Ist. de' Germani 8. 14.
130
Olimpiodoro appresso Fozio (p. 180) usa il vocabolo greco όπτϊμάτοι, che non dà alcuna idea precisa. Io sospetto, che fossero Principi e nobili coi loro fedeli compagni, cavalieri coi loro scudieri, come si sarebber chiamati alcuni secoli dopo.
131
Tacit. De morib. German. c. 37.
132
… Cujus agendi
Spectator vel causa fui.
Claudian. VI. Cons. Hon 439.Tale è il modesto linguaggio d'Onorio, trattando della guerra Gotica, ch'egli aveva veduta alquanto più da vicino.
133
Zosimo (l. V. p. 331) trasporta la guerra e la vittoria di Stilicone oltre il Danubio; strano errore, che viene imperfettamente e di mala grazia medicato leggendo Αρνον per l'ϛρον (Tillemont Hist. des Emp. Tom. V. p. 807). Da buoni politici noi dobbiamo far uso di Zosimo senza stimarlo o fidarci di lui.
134
Cod. Theod. lib. VII. Tit. XIII. leg. 16. La data di questa legge 18 Maggio 406 persuade me, come ha persuaso il Gotofredo (Tom. II. p. 387) del vero anno dell'invasione di Radagasio. Il Tillemont, il Pagi, ed il Muratori preferiscono l'anno antecedente, ma essi vengono astretti da certe obbligazioni di civiltà e di rispetto verso S. Paolino di Nola.
135
Poco dopo che Roma fu presa dai Galli, il Senato, in un subitaneo bisogno armò dieci legioni, cioè 3000 cavalli, e 42000 fanti; forza che la città non avrebbe potuto somministrare sotto Augusto; Liv. VII. 25. Questa proposizione può imbarazzare un antiquario, ma vien chiaramente spiegata dal Montesquieu.
136
Machiavello ha dimostrato, almeno come filosofo, che Firenze trasse insensibilmente l'origine dal commercio che si faceva dalla rupe di Fiesole alle rive dell'Arno (Ist. Fior. Tom. I. l. II. p. 37. Londra 1747). I Triumviri mandarono una colonia a Firenze, che al tempo di Tiberio (Tacit. Annal. I. 79) meritò la riputazione ed il nome di città che fiorisce. Vedi Cluver. Ital. antiq. Tom. I p. 507, ec.
137
Il Giove però di Radagaiso, che adorava Thot e Woden, era molto diverso dal Giove Olimpico o Capitolino. L'indole condiscendente del Politeismo potea congiungere quelle varie e distanti Divinità. Ma i veri Romani abborrivano i sacrifizi umani de' Germani e de' Galli.
138
Paolino (in vit. Ambros. c. 50) riferisce quest'istoria ch'egli attinse dalla bocca di Pansofia medesima, pia matrona di Firenze. Pure l'Arcivescovo presto cessò di prender parte attivamente negli affari del Mondo,