Enrichetto dal ciuffo
C’era una volta una Regina, la quale partorì un figliuolo così brutto e così male imbastito, da far dubitare per un pezzo se avesse fattezze di bestia o di cristiano. Una fata, che si trovò presente al parto, dette per sicuro che egli avrebbe avuto molto spirito: e aggiunse di più, che in grazia di un certo dono particolare, fattogli da lei, avrebbe potuto trasfondere altrettanta dose di spirito e d’intelligenza in quella persona, chiunque si fosse, che egli avesse amato sopra tutte le altre.
Questa cosa consolò un poco la povera Regina, la quale non poteva darsi pace di aver messo al mondo un brutto marmocchio a quel modo!
Il fatto egli è, che appena il fanciullo cominciò a spiccicar parola, disse delle cose molto aggiustate: e in tutto quello che faceva, mostrava un so che di così aggraziato, che piaceva e dava nel genio a tutti. Mi dimenticava di dire che egli nacque con un ciuffettino di capelli sulla testa: e per questo lo chiamarono Enrichetto dal ciuffo: perché Enrichetto era il suo nome di battesimo.
In capo a sette o otto anni, la Regina di uno Stato vicino partorì due bambine.
La prima, che venne al mondo, era più bella del Sole; e la Regina ne sentì un’allegrezza così grande, da far temere per la sua salute.
La stessa fata, che aveva assistito alla nascita di Enrichetto dal ciuffo, si trovò presente anche a quest’altra: e per moderare la gioia della Regina, le dichiarò che la piccola Principessa non avrebbe avuto neppur l’ombra dello spirito, per cui sarebbe stata tanto stupida, quanto era bella.
La Regina rimase molto male di questa cosa: ma pochi momenti dopo ebbe un altro dispiacere anche più grosso, nel vedere che la seconda figlia, che aveva partorito, era talmente brutta da fare paura.
"Non vi disperate, signora", le disse la fata, "la vostra figlia sarà ricompensata per un altro verso; essa avrà tanto spirito, da non avvedersi nemmeno della bellezza che non l’è toccata."
"Dio voglia che sia così!", rispose la Regina, "ma non ci sarebbe modo di fare avere un po’ di spirito anche alla maggiore che è tanto bella?"
"Per quanto allo spirito, o signora, io non ci posso far nulla", disse la fata, "ma posso tutto per la parte della bellezza; e siccome non c’è cosa al mondo che non farei per vedervi contenta, così le concederò in dono la virtù di far diventare bella la persona che più sarà di suo genio."
A mano a mano che le due Principesse crescevano, crescevano con esse i loro pregi, fino al punto che non si parlava d’altro che della bellezza della più grande e dello spirito della minore.
È vero però che anche i loro difetti si facevano più vistosi, coll’andare in là degli anni. La minore imbruttiva a occhiate, e la maggiore diventava stupida un giorno più dell’altro, e non sapeva rispondere alle domande che le venivano fatte, o rispondeva delle giuccherie. Oltre a questo ell’era così smanierata e senza garbo né grazia, che non era buona di posare quattro vasi di porcellana sul camminetto senza romperne qualcuno, né d’accostarsi alla bocca un bicchier d’acqua senza versarselo mezzo sul vestito.
Sebbene la bellezza sia un gran vantaggio per una fanciulla, pure è un fatto che la sorella minore aveva sempre il disopra sull’altra, in società e in tutte le conversazioni.
Sul primo, tutti si voltavano dalla parte della più bella per vederla e ammirarla; ma dopo pochi minuti la lasciavano per andare da quella che aveva più spirito, a sentire le cose graziose che diceva: e faceva maraviglia di vedere come in meno di un quarto d’ora la maggiore non avesse più nessuno dintorno a sé, mentre tutti erano a far corona intorno alla sorella minore.
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