– Vi avevo seguiti dopo la vostra uscita dalla taverna d’El Moro – rispose lo spadaccino.
– E tu ti credevi tanto forte da spedirci all’altro mondo, senza lasciarci il tempo di farci firmare il passaporto da compare Belzebú? – disse Mendoza.
– Speravo e, come avete veduto, mi sono ingannato, perché mi sono presa una magnifica stoccata che per un pelo non ha mandato invece me all’altro mondo.
– Passiamo ad interrogare messer Pfiffero, – disse il guascone. – Quell’uomo lí deve sapere qualche cosa di piú di questo imprudente bravaccio.
Il fiammingo sorrise ironicamente, senza darsi la cura di dissimularlo.
Il terribile guascone, che lo teneva d’occhio, scoppiò come una granata.
– Ehi, compare Pfiffero! – gridò. – Non ridete sotto i baffi in presenza nostra, corpo di tutti i tuoni della Francia e della Spagna!… Se credete di preparavi a prenderci a gabbo, vi dico subito che il vostro giuoco potrebbe finire malissimo.
“Rios, accendi il fuoco e scalda un pentolone d’acqua e bada che sia ben calda. Giacché questo Pfiffero m’ha bevuto, senza pagare una piastra, Xeres, Alicante e aguardiente finissimo, se non parlerà chiaro, gli faremo ora trangugiare una bottiglia piena d’acqua bollente e gli cucineremo gl’intestini.”
– Misericordia!… – mormorò Mendoza, frenando a stento uno scoppio di risa. – Questo don Barrejo è diventato piú feroce d’un cannibale!…
– Va’, Rios! – comandò il guascone, con un gesto tragico. – Ed ora, signor Buttafuoco, interrogate pure.
“Lo sorveglio io questo Pfiffero, e guai se s’imbroglia.”
Il viso del fiammingo era diventato oscuro. Gettò su Buttafuoco una sguardo inquieto, chiedendogli con voce tremolante:
– Che cos’è dunque che si vuol sapere ora da me? Io non ho avuto alcuna parte nel rapimento della señorita.
“Prendetevela con Aramejo.”
– Tu devi saperla piú lunga del tuo compagno, – disse Buttafuoco, – e spero strapparti delle informazioni che ci saranno preziosissime.
“Il marchese di Montelimar era stato avvertito del nostro arrivo a Panama?”
– Sí, – rispose il fiammingo, terrorizzato dagli occhi terribili del guascone fissi su di lui.
– E come?
– Voi non avevate un compagno?
– Sí, un uomo che era stato molti anni ai servigi del Gran Cacico del Darien, e che ci lasciò prima di sbarcare sul continente.
– Per andare dove? – chiese il fiammingo, un po’ ironicamente.
– Per recarsi al Darien ad avvertire quelle tribú dell’imminente arrivo della señorita.
– O per venire invece di nascosto a Panama per tradirvi?
– Che cosa dici tu? – chiesero, ad una voce, Buttafuoco e Mendoza, colpiti in pieno petto da quell’inattesa rivelazione.
– La verità, – rispose mastro Arnoldo, con voce grave. – Quell’uomo doveva aver saputo che il marchese di Montelimar da anni mirava ad impadronirsi del tesoro del Gran Cacico e vi ha traditi, dietro la promessa di avere un terzo del tesoro.
– Ah!… Cane dannato!… – esclamò Mendoza, furibondo. – Ed io l’avevo creduto un onesto bucaniere!… Ora comprendo tutto.
– Ed io comprendo che l’eredità del Cacico è in pericolo, – aggiunse don Barrejo. – Ah!… Quel Montelimar sa condurre a meraviglia i suoi affari!
– Non mi aspettavo un colpo simile, – disse Buttafuoco, Il quale pareva scombussolato, – e non avrei mai supposto che un vecchio bucaniere fosse capace di compiere un simile tradimento. È vero che la canaglia abbonda fra le nostre file!…
– Che cosa faremo ora, signor Buttafuoco? – chiese il basco.
– Non perdiamo la testa per cosí poco, – rispose il bucaniere. – Quell’uomo può essere pericolosissimo, però io credo che non sia ancora giunto al Darien. E poi, senza la contessina di Ventimiglia non si potrà far nulla da parte di chicchessia.
– L’ha in mano il marchese, signor Buttafuoco, – disse il guascone.
– Non sono però ancora partiti.
– Chi lo sa?
– Oh!… Signor Arnoldo, – disse Buttafuoco, con feroce cipiglio, – avete da narrarci delle altre cose molto interessanti. Don Barrejo, tenete pronta qualche bottiglia d’acqua bollente.
– Ve ne sono dieci in cucina, – rispose il guascone. – Rios non perde il suo tempo.
– Allora a noi due, messer Arnoldo.
Il disgraziato fiammingo era diventato terreo, mentre invece il suo compagno sogghignava sotto i baffi.
– In che cosa posso esservi ancora utile? – balbettò.
– Il marchese quando partirà pel Darien? Voi dovete saperlo.
– Appena le truppe spagnuole si saranno ammassate in buon numero attraverso l’istmo, – rispose il fiammingo. – Il Darien deve finire la sua indipendenza.
– E la contessina?
– So che il signor marchese ha dato gli ordini opportuni perché un galeone la trasporti, fra qualche settimana, alla baia di David, per risparmiarle un lungo e faticoso viaggio in terra.
– Il nome di quel galeone? Tu devi certamente saperlo, se sei dentro gli affari del tuo padrone.
– Il San Juan.
– È giunto già in porto?
– Non ancora; si aspetta dal Perú con un carico di verghe d’oro.
– Buonissime per i filibustieri di Raveneau, – borbottò Mendoza. – Ah!… Se potessero metterci sopra le mani, che magnifico colpetto! Terremo nota di questo affare.
– Don Barrejo, – disse Buttafuoco, – tenete a mente il nome di quel galeone.
– Me lo pianto nel cervello con un chiodo lungo quanto la mia draghinassa, – rispose il guascone.
– Ora lasciamo in pace questi uomini, pel momento, – riprese il bucaniere. – Ne sappiamo piú di quanto speravo.
“Venite, amici.”
Si erano radunati in cucina, dove il bravo Rios, credendo in buona fede che il suo terribile cognato volesse cucinare le budella dei due prigionieri, si affannava a soffiare sul fuoco per far bollire un pentolone monumentale pieno d’acqua.
– Il Consiglio di guerra apre l’udienza, – disse don Barrejo, con quel suo fare fra il comico ed il serio. – Il signor Buttafuoco, nominato ad unanimità presidente, ha la parola.
– Sarò breve, – rispose il bucaniere. – Qui si tratta di non perdere tempo e di raggiungere a Taroga Raveneau de Lussan ed i suoi filibustieri, per arrestare la nave che dovrà portare la contessina di Ventimiglia alla baia di David.
“Senza la señorita noi non potremmo fare assolutamente nulla e tanto varrebbe allora rinunciare alla spedizione.”
– Noi siamo tutti pronti a partire, – disse Mendoza. – Verrai anche tu, è vero, don Barrejo?
– Dove ci sono da menare colpi di draghinassa accorro sempre, – rispose il terribile guascone.
– E Panchita?
– Mi aspetterà sotto la sorveglianza di mio cognato Rios.
“Sono o non sono padrone della mia libertà, io, tonnerre!…”
– Bisognerebbe però trovare il modo di avvertire la señorita, –