Sangue Scremato & Versi Violenti. Angel Martinez. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Angel Martinez
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Современные любовные романы
Год издания: 0
isbn: 9781802500691
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di un umano, ma il libro non era sugli scaffali. «Non è qui».

      «Sei sicuro?»

      «Se n’è andato». Carrington scosse la testa. «Giuro che era qui, Manda. Non ho avuto uno strano episodio di insolazione».

      Lei alzò una mano. «Ti credo. Se quella strana cosa si muove usando la copertina, non potrà allontanarsi molto. Resta qui».

      In caso ci sia sfuggito, intendeva, piuttosto che Stammi fuori dai piedi. Avevano lavorato assieme per abbastanza anni da sviluppare un codice e un ritmo nella loro collaborazione. Carrington sorvegliò la porta, deciso a fare in modo che niente passasse inosservato davanti a lui mentre Amanda esaminava le stanze vicine.

      Per fortuna non ci volle molto, e nessun ospite passò da quelle parti a chiedere perché stesse di guardia a una porta aperta, irradiando poliziotto, sforzando ogni senso in caso di segni di quel fremito paranormale. Dopo l’ultima stanza dell’ala est, Amanda tornò rapida lungo il corridoio scuotendo la testa.

      «Niente». Indicò con un gesto la tempia di Carrington. «Ti sta venendo un brutto bernoccolo lassù, Carr».

      «Non durerà a lungo». Carrington emise un pesante sospiro. «Deve essersene andato. Non lo sento nelle vicinanze, comunque. Porterò in disparte mia madre e le farò sapere, con discrezione, che potrebbe avere un’entità paranormale in visita a casa sua e di chiamarci immediatamente se la vedessero di nuovo».

      «Chiediamo una perquisizione?»

      «Sì. Più tardi stasera. Mia madre non mi perdonerebbe mai se interrompessi la sua festa. L’entità potrebbe anche essersi demanifestata del tutto da questa zona ed essere rispuntata da qualche altra parte ormai».

      Amanda si accigliò. «Anche se sono piuttosto sicura che quella parola non esista».

      «A volte la lingua richiede improvvisazione. Ti spiacerebbe molto se lasciassimo la festa in anticipo?»

      «Oh, cavolo, no. Tagliamo questa corda di velluto».

      Sua madre disapprovò, ovviamente, ma non fu affatto disturbata dalla situazione quando Carrington la trasse in disparte. Lei lo infastidiva in molti modi, ma doveva ammirare la sua imperturbabilità.

      «Non c’è mai stato questo abracadabra senza senso prima che ti prendessi la tua malattia», sbuffò lei. «D’accordo, terrò gli occhi aperti e mi inventerò una scusa per te con i tuoi ospiti e dirò loro che non ti sei sentito bene. Suppongo non ti farebbe bene tornare alla festa con l’aria di chi è appena uscito da una rissa, comunque».

      «Io non ho l’aria…»

      Lei gli agitò davanti una mano tempestata di anelli. «Non ha importanza, Carrington. Non voglio discutere. Hai già chiarito a sufficienza che sei deciso a non fare nessuno sforzo oggi».

      «Mamma…» No, aveva ragione. Discutere non faceva mai cambiare idea a nessun Loveless. Carrington produsse un sorriso per lei, sperando non fosse troppo distorto, e la baciò sulla guancia. «Grazie».

      In auto, più tardi, Amanda lo guardò di traverso dal sedile di guida. «Perché cavolo la stavi ringraziando? Per aver organizzato una festa in un giorno di sole, con cibo che non potevi mangiare e persone che non ti piacciono?»

      Accasciato al posto del passeggero, col cappello tirato in basso, Carrington non fece neppure una pausa per pensare alla risposta. «Si è ricordata del mio compleanno».

      «Beh, cavoli. Lo sai quanto suona patetico, vero?»

      «Lo so».

      Lei allungò una mano al semaforo successivo e gli diede una pacca sul ginocchio. «Che vuoi farne del resto del tuo compleanno?»

      «Mi serve un sonnellino». Carrington odiava il tremito nella sua voce. Un altro giorno con troppo sole seguito dal nascondersi nella sua stanza tenuta al buio dalle tende, a tormentarsi per quel disgraziato libro. No, un attimo… «Uno breve. Poi voglio andare in biblioteca».

      Amanda non rise né fece domande. Si diresse semplicemente verso l’appartamento di Carrington a Fairmount, conscia che le avrebbe spiegato dopo, quando si fosse sentito meglio. Quando infine lei avrebbe ricevuto una promozione, Carrington ne sarebbe stato devastato. Avrebbe dovuto fare una petizione alla stazione perché lo lasciassero lavorare da solo.

       * * * *

      Le nuvole erano finalmente arrivate quando Carrington si svegliò nel tardo pomeriggio. Bellissime nel loro pendulo, turbolento splendore, stendevano una pesante coperta di umidità sulla città e lo provocavano facendogli dondolare davanti la promessa di un’esilarante temporale.

      La filiale principale della biblioteca pubblica era proprio in fondo alla strada rispetto al suo condominio, di fronte al museo d’arte. Se si sporgeva abbastanza dalla finestra, riusciva quasi a vederla.

      «Che stai facendo?»

      Carrington ritirò dentro la testa e chiuse la finestra prima di voltarsi verso Amanda. «Prendo una boccata di luce del giorno non tossica. Pronta per una passeggiatina?»

      «Già. È un tempo perfetto per i vampiri. Probabilmente ci inzupperemo».

      «Ho esattamente nove ombrelli nel portaombrelli accanto alla porta, sai. Sei più che la benvenuta se vuoi prenderne uno».

      «Nah. Sono un tale fastidio. Arrivi e non c’è un posto per metterli e gocciolano su tutto il pavimento…»

      «D’accordo. Niente lamentele per la pioggia allora».

      «Mi lamenterò per qualunque cavolo di cosa io voglia, vampirello». Lo urtò con la spalla e rise quando lui fece altrettanto. «Ti senti meglio?»

      «Molto. Grazie. È stata un’idea stupida accettare la follia di mamma. Suppongo di sperare sempre in qualche genere di, non so, riconciliazione? Anche se è probabilmente chiedere troppo».

      Amanda si limitò a grugnire mentre procedevano lungo le scale, ancora con addosso il tailleur pratico ma stropicciato che aveva indossato alla festa. Carrington fece una smorfia. Doveva aver dormito sul suo divano mentre lui si riposava.

      «Ti prego, dimmi che non hai appallottolato quella bella cravatta e non te la sei cacciata in tasca». Certo, la cravatta giallo e arancio aveva un motivo ripetuto di Applejack di Mio Mini Pony che Amanda aveva indossato per infastidire gli altri ospiti, ma era comunque una buona cravatta di seta.

      «L’ho piegata e messa nel taschino della giacca. Non è la mia prima cravatta».

      «Errore mio. Sono tremendamente dispiaciuto».

      «Cosa cerchi in biblioteca, comunque?»

      «Non cosa, Manda. Chi».

      Proprio mentre attraversavano Logan Circle, la pioggia iniziò a picchiettare. Carrington accelerò il passo e si limitò a dare una pacca al monumento a Shakespeare mentre gli passavano accanto piuttosto che fermarsi a dire buon pomeriggio a Pietraccia e Amleto. Era una cosa sciocca, ma gli piaceva dare un riconoscimento a entrambi i personaggi nell’opera di Calder in caso nessuno che fosse passato quel giorno si fosse reso conto di chi fossero.

      Assurdo, in effetti. Ma la sua vita era assurda da parecchi anni. La sua preoccupazione per i sentimenti feriti delle statue era blanda in confronto a gran parte del resto. Arrivarono all’ingresso proprio quando la pioggia stava iniziando un pesante ritmo di percussioni sugli scalini di pietra. I tacchi delle loro scarpe eleganti risuonarono forte nell’area quasi vuota. Non più preoccupato che Amanda si inzuppasse, di sé stesso non avrebbe potuto importargli meno visto che non si raffreddava, Carrington rallentò a un passo normale e infine rispose alla domanda.

      «Voglio visitare il Reparto Libri Rari e vedere se qualcuno ha mai sentito parlare del nostro libro lanciaparole».

      «Quindi sembrava un libro vecchio? Antiquariato o roba simile?»

      Carrington emise un lieve sbuffo mentre salivano le scale oltre la