psicologicamente alla morte ovvero all’istinto suicida se seguiamo appieno Freud, nel legame, uno dei tanti, di autoerotismo-frustrazione- pulsione di morte- onnipotenza, e parlo dell’istinto suicida, ovvero ancora ragionando in ottica teologica ma da un punto di vista materiale, fermo restando sempre e dunque l’autoerotismo racchiuso nell’io di cui una traccia è il delirio, contenuto e non contenuto,
la civiltà, interpretazioni teologiche di Freud. Il discorso di tale identità indifferente, quale la chiamò Hegel secondo una tradizione che preferisco che è quella della Fabbri, e nella indifferenza vi è tanto del narcisismo e delle sue necessità, il discorso di tale identità si correla alla tesi della spazialità delle idee che porta, secondo Hegel, ad una conciliazione di materialismo e idealismo nel sinolo, ovvero secondo Hegel solo, e essendo andati oltre Aristotele, ovvero avendo congiunto Aristotele e Platone, per il quale ultimo la forma è idea, sinolo costituito da materia e forma che permea la materia. Il problema della delineazione della differenza tra materia e forma in termini di relazione inferiorità-superiorità comporta la attribuzione di preminenza della idea. Il contributo da Platone è fornito da un lato alla fisicità, come avviene nel Parmenide, che pone questioni di interpretazione della fisica in termini matematici, che portano alle elaborazioni successive delle categorie dell’intelletto di Kant , e della dialettica coscienza ed autocoscienza di Hegel, che culmina nell’Uno, che è la forma delle forme, e dall’altro è fornito con la presunta ed espressa scissione dell’idea dal tutto a costituire l’Iper-Uranio. Sembra dunque che la idea sia da un lato legata alla materia a formare un unione contingente, come testimonia la genetica, dall’altra autonoma e indipendente a costituire l’Iper-Uranio. Ciò porta ad un parallelismo materia e idea in virtù della quale l’idea sarebbe duplice in quanto parallela allo spazio materiale in quanto ne costituirebbe l’essenza (della materia), e ciò anche solo a livello rappresentativo e apprensivo, e in quanto sarebbe autonoma con una attribuzione di preminenza alla idea nel rapporto materia e idea ,che lo lega in modo non contrappositorio alle tesi morali sostenute nei Dialoghi che culminano nella tesi della immortalità dell’anima e del Bene in sé che coinciderebbe con l’Uno ossia con la Idea, secondo Platone. Altrettanto avviene per quanto riguarda il rapporto virtù- conoscenza che in concordanza con le tesi socratiche coinciderebbe con la conoscenza della virtù. Si può discutere il ruolo della idea nella conoscenza nel suo rapportarsi alla materia nei termini su espressi, ovvero dialettici di cui una dialettica è il materialismo dialettico, che non è materialismo ma idealismo rapportato alla materia, fino ad un meccanicismo eventuale che psicologicamente diviene un determinismo se si esamina bene l’angolo visuale di Marx ovvero quello della dialettica dei mezzi di produzione e della alienazione. Si leggano anche al riguardo le tesi relative ai rapporti tra essere e nulla, costantemente richiamate ed esposte sempre nel Parmenide da Platone. L’opposizione che si regge sull’opposizione essere- nulla derivata e consequenziale è quella che pone l’opposizione forma ed assenza di forma , che non è né materialistica né idealistica, ma prima di tutto esistenziale nella relazione a tali principi che precedono e che va a sostanzializzare l’irrazionale, ovvero il caotico, l’impetuoso, il veemente che dovrebbe individuare il fulcro dell’inconscio, in una parte dei termini della opposizione. Sia la forma che la idea dunque coinciderebbero con il Nulla o non essere, in quanto Iper-Uranio che si rapporta con il proprio non essere considerato l’interessamento di Socrate per tale questione di Parmenide e fermo restando che la tesi sul Mondo delle Idee è platonica, ovvero il non essere della idea quale suo essere è una conseguenza del duplice pensiero espresso nei dialoghi. Le coincidenze forma e idea sono palesi, e dunque si deve postulare la esistenza di una forma ideale ,che visto il parallelismo derivante dalla partecipazione ad uno stato comune, è desumibile attraverso la individuazione dei caratteri della idea. Gli scritti sulla Diade persi forse avrebbero meglio definito i termini della questione. Alcuni risvolti del discorso derivano da un congetturare che comunque parte da premesse assunte, le necessità della cultura. La necessità dell’interporsi di mie affermazioni con quelle platoniche derivano dal profondo rispetto che comunque verso lui nutro e nella cui linea intendo muovermi. Se il nulla presuppone l’assenza di forma si deve concludere in primis (si ricordi la possibilità che anche l’idea esprime una forma) l’assenza di materia che diviene così condizione del nulla, ovvero quel senza spazialità diviene espressione biblica di altro. Assenza di materia e stasi sono le possibili condizioni del nulla, fisico, ovvero l’uno per una ragione e l’altro per un'altra, ovvero trattasi di due stati espressivi del nulla completamente differenti ragionando per conseguenza. Si dovrebbe considerare anche che la strutturazione del nulla però potrebbe derivare dalla assenza di percezione idealisticamente, ed una percezione può non essere per assenza di oggetto, ovvero di materia ma a ciò contraddice la logica e la tesi della forma della idea. Sicuramente l’affinità di Epicuro con il buddismo non si ravvede in altro se non nella vicinanza delle sue teorie alle teorie sul Nirvana, che altro non è in una angolazione o nella altra angolazione espressione del nulla e dell’essere,
mentre maggiore è l’influenza buddista in Pitagora e Platone seppure con la decapitazione relativa alla questione del nulla che viene affrontata per lo meno da Platone nel Parmenide in modo consono sempre ad un’esistenza cosciente e per necessità di equiparazioni essente. Ossia il non essere diventa reale ,quanto l’essere per Platone. Stando alle tesi qui esposte l’impostazione platonica non dovrebbe essere sbagliata
e le integrazioni aristoteliche sono più che corrette. Tale versione è sicuramente costruttiva ed interessante e viene posta alla base dei discorsi sull’antimateria ,a livello astronomico e spaziale. Sicuramente tale visuale del non essere vuole nullificarlo. L’esistenza della attività razionale a cui si deve la elaborazione delle sensazioni derivanti dalla diversificazione della materia reca seco la possibilità che la stessa possa prescindere dalla empiria della materia e concretizzarsi in una attività razionale pura, e Kant non la intendeva solo al livello della struttura, ovvero anche lui per il medio dell’imperativo, diveniva platonico oltre ad essere newtoniana la sua teoria per via della armonia insita nel concetto di gravitazione universale ed anche se anche Newton a lui deve qualcosa. Anzi il problema metafisico relativo all’esistenza di Dio presuppone necessariamente tale possibilità di attività razionale pura sulla base della incorporeità di Dio stesso, e qui la questione diviene platonica e teologica. Da ciò la attribuzione a un intuizione trascendentale, ovvero che trascende, della possibilità di cogliere i caratteri della cosa in sé o sostanza, ed in quanto solo a qualcosa che trascende un'altra cosa si deve il carattere puro, con la netta demarcazione tra realtà visibile a tutti e realtà operata da Dio. Si prospetta la estrema difficoltà nel ricostruire tale attività razionale pura e da ciò il carattere intrinseco che la lega al sostrato empirico. Ritornando alla tesi dell’innatismo del carattere della distinzione le cui determinazioni si colgono a livello di connotazione della essenza in una dinamica prospettica analizziamo l’esplicarsi della stessa nel reticolo della operatività delle sensazioni e nella successiva elaborazione razionale incentrata su un codice binario composto appunto dal binomio percettivo piacere-dolore che si colloca nelle condizioni che determinano la attività razionale ,e da cui deriva la contingenza, e la struttura della contingenza a livello dello psichico, che emana dal principio di diversificazione della materia, ovvero nell’ottica della relazione di godimento e materialismo dialettico. Lo stato piacevole e lo stato doloroso con i rispettivi perdurare e durare cui la rappresentazione complessiva deve essere messa in relazione determinano due modalità rappresentative della realtà che condizionano storicamente e nell’attualità il modo di relazionarsi alla proiezione del sé , ovvero rendono il sé quello che è, e la proiezione del sé è o interna, ovvero dell’interno come esterno e come Sé, la elaborazione del Sé, o esterna ovvero godimento ed è tale modalità rappresentativa legata ad esempio ad un dolore che struttura , che spiega trauma e rimozione e l’incidere di tale strutturale sul funzionale, ma lo stato piacevole e