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Un altro spasso avea il fraudolente: che tenea spia di tutti gli amoretti; poi di soppiatto avvertiva il servente e inventava raggiri, atti e viglietti, tal che faceva piú d'un uom dolente, e nascer mille ciarle e tristi effetti, e dissension nelle case e vergogna, e andar gli sposi in mitera ed in gogna.
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Gan cosí rimoderna i tradimenti con l'aiuto de' conti di Maganza, Griffon, Viviano, Anselmo e piú di venti di que' paesi o razza o mescolanza, i quali in viso parean buone genti, divoti in chiesa e pieni di creanza, ma poi la notte taluni rubavano e alla bassetta e al faraon baravano.
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Si spacciavano ognor quelle genie con grave ostentazion da genti oneste, ricomponendo le fisonomie, portando fibbie antiche e antica veste. Oltre a ciò, le fetenti ipocrisie, le iniquitá, che furon sempre péste, derise ed abborrite dall'uom saggio, avevano in quel secolo un vantaggio.
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De' maganzesi ipocriti cristiani, e de' giusti cristian buone persone avevan fatto i scrittor furbi e cani un certo guazzabuglio, un fascellone da non separar piú da ingegni umani; in modo tal che il titol di «briccone» era cassato dal vocabolario: l'usava alcun talor, ma pel contrario.
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Ugger danese, che della pagana legge alla nostra era venuto un giorno, fatto vecchio servente a Galerana, con essa tutto il dí facea soggiorno, perch'ell'era decrepita e mal sana. Ugger fedele l'era sempre intorno, allo sputo porgendole la tazza, né piú si ricordava la corazza.
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Poiché tra lor ragionato s'avea di quel che giova al viver nostro e nuoce, Galerana il rosario fuor mettea ed ambidue si facevan la croce: l'uno intuonava e l'altro rispondea, insin che lor poteva uscir la voce. Poi Galerana a letto si mettia; Uggeri salmeggiando andava via.
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Marco e Matteo dal pian di San Michele, che della guerra un tempo eran vissuti, avevan fatto parecchie querele di quella pace, ch'eran divenuti poveri e al verde come le candele. Ma finalmente anch'essi stavan muti, e s'eran dati alla poetic'arte per guadagnarsi il vitto in qualche parte.
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Poiché a Parigi allora era l'andazzo di commedie, di critiche e romanzi, e il popol n'era ghiotto anzi pur pazzo, perché fosser riforme a quelli dianzi. Marco in su' fogli venia pavonazzo, Matteo del scrittoio fuor non creder stanzi; sicché ogni mese uscían da' torchi al varco due tomi: un di Matteo, l'altro di Marco.
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Ma potean ben su' fogli intisichire, a' librai furbi alfin l'utile andava. Pe' manoscritti avevan poche lire, ed il libraio il resto s'ingoiava. Avean provato a lor spesa far ire talor la stampa, e il capital muffava, perocché il libro senza de' librai, non so per qual malia, non vendean mai.
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Donde lor convenia pregar que' tristi e dir:—Quel libro fatemi dar via.— Color, ch'eran peggior degli ateisti, diceano:—In ciò vi farem cortesia.— E avuti i libri:—Non c'è chi gli acquisti —dicean:—quella è cattiva mercanzia;— tal che Marco e Matteo con grande affanno vedean pochi ducati in capo all'anno.
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Tanto che alfin lasciavano a' librai a tre soldi la libra i tomi a peso. Allora il libro divenia d'assai, e molto ricercato s'era reso. Cosí viveano smunti in mille guai, e un altro foco contr'essi era acceso, il qual scemava loro i partigiani, che gli tenean per scrittor sovrumani.
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Erano inver poetastri cattivi; pur dicean che scrivevan all'usanza. L'usanza era esser scorretti e lascivi, d'uno stil goffo e gonfio d'arroganza, gergoni e ragguazzar morti co' vivi, e il far di tomi nel mondo abbondanza, e il predicar che gli antichi scrittori non si dovean piú aver per buoni autori.
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Ma Dodon dalla mazza, paladino, che a difender gli antichi era un Anteo, sendo lor padri a lui sin da piccino, non pativa l'apporsi a quelli un neo; sicché stampava qualche libriccino che facea disperar Marco e Matteo, perch'ei rideva in esso a suo diletto, dileggiando il compor grosso e scorretto.
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Infin chi nel Boiardo e l'Ariosto letto ha de' paladini e del re Carlo e il costume d'allora, dirá tosto che di lor per ischerzo oggi vi parlo. Tuttavia starò saldo al mio proposto, e so ch'io dico il ver, so autenticarlo: l'ozio, la pace e le scritture nuove gli avean cambiati, ed ho ben mille prove.
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E vi dirò che Guottibuossi e seco Gualtier da Mulion, famosi erranti, perché sapeano un po' latino e greco, andaron preti e a servir di pedanti. E quell'altra notizia anche vi reco, che preti, e co' caratter sacrosanti, servian d'altri servigi lordi e goffi prete Gualtieri e prete Guottibuossi.
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Orlando inver manteneva il suo grado ed i nuovi costumi biasimava, e per la corte e a tutto il parentado di belle predichette sciorinava; ma l'apprezzavan quanto un fraccurato. Ognun dicea:—Ben dite,—e lo ascoltava; e poi ridea quand'egli era partito, gridando:—Grazie al ciel se n'è pur gito!—
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Ei tuttavia si ficca per le case, co' padri la volea delle famiglie. —Questi romanzi nuovi son la base —dicea—del far l'amor di vostre figlie. Gli antichi forse le avean persuase d'un eroismo e a troppe maraviglie, ma i nuovi l'han ridotte tanto vili che un dí le troverete ne' porcili.
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Cembali, danze, musiche, canzoni, riverenze, scamoffie, bei passini sono inver giudiziose educazioni per far le figlie candidi ermellini, ed acquistare e cagionar passioni da mandare i cervei fuor de' confini, destando dicerie ne' popolazzi. Voi siete padri saggi? Siete pazzi.
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Che cosa son questi discorsi eterni, divenuti importanti ed essenziali, di cuffie, stoffe e di color moderni, d'armonie, di buon gusti tra i mortali? Le infinite botteghe, con quei perni carchi di veli e nastri e merci tali rese di conseguenza, che mai sono? Rispondete!—dicea—con chi ragiono?
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Lunge le figlie da commedie nuove, perché le dame vi si vedon dentro o rinvilite o, se virtú le muove, la foia le fa andare in sfinimento. Ed alla fine il vizio a tutte prove campeggia, ed è premiato ed ha il suo intento; onde le figlie a casa rimenate piene di tristi esempi e riscaldate.
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Io non iscopro in questi nuovi fogli e in queste farse dette oggi «esemplari» che debolezze e mal condotti imbrogli, caratteracci arditi, e truffe e baci, e tradimenti ai mariti e alle mogli; poi sermon lunghi per porre i ripari. Ma il vizio alletta e la predica stanca, onde il mal cresce e il buon costume manca.
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Questa pace, quest'ozio, questa vita del costume novel, Dio non lo voglia, oltre che l'alma andar fará smarrita, vi trarrá de' gran mali entro la soglia.— E novera i perigli sulle dita Orlando, e povertá, vergogna e doglia e mille tristi effetti e conseguenze; ma tenta invan purgare le coscienze.
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Né poté vincer altro il sir d'Anglante che da Aldabella essere ubbidito: non volle mai che servente od amante se le accostasse a farle l'erudito. Ella ch'era una dama delle sante, di quelle ch'appelliam «tutte marito», a' suoi voleri abbassava la fronte, e cita in tutti i suoi discorsi il conte.
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Ma l'amor coniugale e l'obbedire della contessa verso il suo consorte erano cose che facean languire l'immensa schiera delle dotte e accorte. Bisbigliar basso si sentien, e dire: —Ecco la scempia,—se veniva a corte. Era la dama grave e timorata una «bella senz'anima» chiamata.
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Questo detto comun, che andava in giro: —Bella è tale, ma