Vae victis!. Annie Vivanti. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Annie Vivanti
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066071271
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l'Ourthe incontra il suo minor fratello, l'Aisne, il treno rallentò, fremette, ebbe un lungo sibilo, e si fermò.

      «Bomal», annunzio il conduttore.

      «Eccoci giunti; su, Mirella, svegliati!» gridò Chérie guardando un istante dal finestrino e poi volgendosi a calcare sulla testolina arruffata e assonnata di Mirella il largo cappello a rose, mentre Frida radunava in fretta i libri, le racchette da tennis e gli ombrellini.

      «Eccolo! Eccolo!» e Chérie agitò la mano dalla portiera a salutare un'alta figura maschile che percorreva con volto ansioso la piattaforma. «Claudio! Claudio! siamo qui!»

      [pg!20] Claudio Brandès, un bell'uomo, d'una quindicina d'anni più vecchio della sorella Chérie, corse ad aprire lo sportello con un'esclamazione di sollievo. «Ah, sia lodato Iddio, siete qui», disse, alzando Mirella tra le braccia come se fosse una bambina piccola e portandosela sulla spalla. «E così? State bene?... Avete tutto? Andiamo!» E si avviò lungo la piattaforma a passi così rapidi che Chérie e Frida stentavano a tenergli dietro. «Oh, Mademoiselle», diss'egli volgendosi a Frida, «se avete lo scontrino dei bagagli, datelo a Fritz».

      «Oui, Monsieur le Docteur,» rispose Frida fermandosi a frugare nella borsetta. Indi si volse e si guardò intorno in cerca del domestico, Fritz, ch'ella non aveva ancora scorto.

      Fritz Hollaender («Hollaender di nome e Hollaender di nazionalità», com'egli soleva dire di sè ogni volta che faceva una conoscenza nuova) uscì improvviso dall'ombra e le fu davanti. Le prese di mano il foglietto senza rispondere al timido saluto di lei; nè parve accorgersi dello sguardo interrogante ch'ella gli fissava in volto. Senza una parola girò sui tacchi, e la sua massiccia figura scomparve tosto nell'androne dei bagagli.

      La piccola comitiva era già all'uscita della stazione [pg!21] ed il treno con un ultimo fischio serpeggiava via nel buio, allorchè Mirella d'improvviso alzò la faccia dalla spalla di suo padre e diede uno strillo. «Amour! Abbiamo dimenticato Amour!»

      Era vero. Amour rattrappito e disgustato nel suo canestro della merenda se ne viaggiava nella notte verso il verde cuore delle Ardenne.

      Vi fu un istante di muto sgomento, seguìto da molti vicendevoli rimproveri.

      «In fin de' conti, peggio per lui», disse Chérie che era stanca e aveva fame. «E' colpa sua. Perchè non ha abbaiato? Sapeva perfettamente che si scendeva».

      «Ma se gli abbiamo insegnato noi», singhiozzò Mirella indignata «a far finta d'essere una cosa da mangiare, quando si viaggia!»

      «Via, via, Mirella, non piangere,» disse suo padre. «Telegraferemo alla stazione di Marche che lo fermino e ce lo rispediscano. Vedrai che domani ce lo vedremo ricomparire più seccante e scodinzolante che mai».

      E così fu fatto.

      Mentre attraversavano a piedi il silenzioso villaggio di Bomal, Chérie chiese a suo fratello: «Come mai Lulù non è venuta anche lei ad incontrarci? Potevi condurla nell'automobile».

      [pg!22] Suo fratello esitò un istante prima di rispondere. «Ho mandato via l'automobile», disse.

      «Mandata via?» esclamò Chérie. «Perchè?».

      «L'ho.... l'ho prestata a qualcuno», disse il dottor Brandès.

      «A chi?» chiese Mirella trotterellandogli accanto appesa al suo braccio.

      Egli ebbe un piccolo sorriso: «Al re,» rispose.

      «Oh, Dio!» disse Mirella, «che idea! Non era proprio un'automobile da prestare al re!... Ne avrà certo lui delle migliori!»

      «Ognuno dà quello che ha, in tempo di guerra,» disse suo padre. «Sei stanca, uccelletto mio? Vieni ti porterò in collo». E di nuovo la sollevò e la portò in braccio come una bambinetta.

      «Cos'è tutta questa tenerezza?» chiese Mirella, mettendogli il braccio intorno al collo e battendogli con la piccola mano sulle larghe spalle. «Cos'hai da essere così affettuoso?»

      Chérie si mise a ridere. «Ma non è sempre affettuoso?» chiese, e alzò verso il suo grande fratello uno sguardo pieno di adorazione.

      «Sì, sì, è affettuoso», rispose Mirella, col suo fare positivo. «Ma non così esageratamente». E risero tutt'e tre.

      [pg!23] Frida, che li seguiva nell'ombra portando i libri, le racchette e gli ombrellini, sentì di odiarli di più perchè ridevano.

      ————

      Luisa Brandès — una sottile figura bianca nella bianca luce lunare — li aspettava, ritta sulla soglia di casa. Abbracciò Mirella e Chérie, salutò affettuosamente Frida; poi fece dare a tutte del latte caldo e dei biscotti e le mandò a letto.

      «Ma io voglio raccontare a Papà che a momenti so nuotare, e che quasi so andare in bicicletta,» protestò Mirella attaccandosi stretta alla mano di suo padre.

      «Glielo racconterai domani, tesoro mio», disse Luisa.

      «Sì, domani», disse Claudio.

      Ma il domani era nell'oscuro grembo degli Dei.

      La mattina seguente, quando Frida e le due fanciulle scesero di buon'ora per la colazione, furono stupefatte di vedere Luisa — ancora nell'abito bianco della sera innanzi — seduta, sul divano, colla faccia pallida e gli occhi rossi. Alle loro domande essa rispose tremula che Claudio era partito. Due ufficiali erano venuti a chiamarlo [pg!24] verso la mezzanotte.... gli avevano dato appena il tempo di fare la valigia e prendere la sua borsa d'istrumenti chirurgici — poi l'avevano condotto via in gran fretta.

      «Ma dove — dove è andato?» chiese Chérie.

      «Non lo so,» rispose sua cognata e gli occhi neri le si soffusero di pianto. «Parlavano di mandarlo... non so... a un'ambulanza da campo... o al Deposito Centrale....»

      «Cos'è il Deposito Centrale?» domandò Mirella.

      Ma poichè nessuno lo sapeva, nessuno rispose.

      A quel punto entrò Marietta, la cameriera, portando la colazione; e la seguiva sua madre, Maria, la cuoca. Tutt'e due avevano gli occhi rossi e appena interrogate si rimisero a piangere. Maria narrò che all'alba erano venuti i suoi due figli, Charles e Toinot, vestiti da soldato; avevano detto addio a lei ed a Marietta; il maggiore, Charles, che apparteneva al nono reggimento fanteria partiva per Stavelot; e Toinot, che non aveva ancora diciott'anni, s'era arruolato volontario e l'avrebbero mandato Dio sa dove.

      «Certo,» soggiunse Maria, mentre le fitte lacrime le rigavano la faccia travagliata, «non [pg!25] c'è ragione di piangere. Si sa che non c'è alcun pericolo per il nostro paese. Ma tuttavia vedere i propri figli che se ne vanno così... cantando la Brabançonne.... come se andassero a morire» — la voce le si ruppe in singhiozzi.

      «Certo, mia buona Maria,» fece eco Luisa, «non c'è ragione di piangere.»

      E piansero tutte quante, amaramente e a lungo. Anche Frida, colla faccia nel fazzoletto, singhiozzava — un po' per fare come gli altri e un po' perchè un profondo Weltschmerz le commoveva il falso e sentimentale cuore tedesco.

      Dietro suggerimento di Mirella si misero finalmente a tavola, e prendendo il caffè si sentirono un po' meglio. Visto che quasi tutti gli uomini di Bomal erano partiti o dovevano partire, fu un conforto per tutti il pensiero che Fritz Hollaender, il domestico confidenziale del dottore, essendo olandese, poteva rimanere. Certo Fritz non era una persona molto amabile; era anzi quasi sempre imbronciato e taciturno; ma, come fece osservare Luisa, appunto per questo si sentiva che era una persona di cui ci si poteva fidare.

      «Io» — disse la saggia Luisa, che aveva ventott'anni ed era una fervida ammiratrice di Georges Ohnet — «io mi fido sempre delle persone [pg!26] che parlano poco e vi guardano bene in faccia quando rivolgete loro la parola.»

      «A me Fritz non piace niente affatto,» dichiarò Mirella. «Trovo odiosa la forma della sua testa.»

      «Non dir sciocchezze.» osservò Chérie.

      «E