Nella vita. Salvatore Di Giacomo. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Salvatore Di Giacomo
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066068615
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minaccioso: alcune nuvole basse vi si rincorrevano, si gonfiavano a mano a mano, s'aggrovigliavano: le lor creste mobili e serpentine lambivano nell'alto una sottile fascia di cielo rimasta pallida e pura, e lentamente la conquistavano. Fra tanto, come generata dalla lontana e invisibile campagna, una massa vaporosa, grigiastra e fitta, assorgeva rapidamente all'orizzonte: era come una uguale cortina di fumo che si levasse da terra e cercasse di raggiungere, progredendo, le nuvole sparse più in alto. Difatti le investì a un tratto e con quelle si confuse e si allargò. Nel medesimo tempo fu un borbottio dietro la cortina, un rombo lieve e trascorrente, che per poco parlò pur al dosso dei monti con più debole voce, e quivi si spense. Ora il cielo s'era tutto oscurato. Tuttavia durava ancora in coda a' Tifati, il lume del sole: la rosea fiamma, diminuita ma viva, ardeva ancora in quel punto.

      Un'ombra scivolò rapidamente sotto il muro dell'Arcivescovado e, a un tratto, se ne spiccò e prese forma, dirizzandosi al «Ponte d'Annibale». Una donna. E pareva giovane, dal facile moto, e dal disegno della persona e dall'incesso. Pareva, da che le pieghe di uno scialle scuro, che dalla testa le ricascava sulle spalle e sul petto, le ombreggiavano tutta la faccia. L'ora già tarda raddoppiava il pallido mistero di quel volto, biancheggiante, con apparenza indefinibile, tra lo sparato del panno. Tuttavia, com'ella, per un momento, quasi irresoluta, s'arrestava nel piazzale, un fanciullo la riconobbe e le si fece da presso. Il fanciullo veniva dal «Corso Appio» e andava verso «Riva Casilina»: portava la cartella dei suoi libri attaccata al dosso con due brevi corregge che passavano sotto le scapule e in una mano aveva una riga di legno con la quale, camminando e zufolando, egli si percoteva la coscia.

      — Letizia! — esclamò.

      E ristette davanti alla donna, interrogandola con gli azzurri occhi contenti, pieni di candido e inconscio riso infantile.

      La donna, sorpresa, si trasse addietro e si guardò attorno. Altri non era sul piazzale in fuori di lei e dello scolaretto; le lor due figure nere, vicine, differenti segnavano, solitarie, la vastità della via, chiara ancora per lungo tratto e pulita. La donna tremava, borbottava parole che il fanciulletto non riesciva a comprendere. Lo guardò, a un punto, smarritamente, come se più non lo riconoscesse, e seguitò a restar muta.

      — Dove vai? — disse il piccino.

      E subito soggiunse:

      — Io vengo dalla scuola. È finita più tardi, oggi. Ora vado a casa. Ho i guanti: guarda.

      E le mostrò la mano inguantata, in cui serrava il quadrello. L'altra egli aveva ficcata nella saccoccia dei pantaloncini, fino al gomito. La cavò, lentamente, e la levò, aperta. Era gonfia e arrossata; l'epidermide, sul dosso, vi si screpolava e si rigava di piccoli solchi lividi. Il piccino la mostrò, lamentando.

      — Vedi, ho i geloni.

      Ella taceva, guardandolo. Non lo ascoltava. Il piccino non seppe dir altro e tornò a domandare:

      — Dove vai, Letizia?

      Or ella, improvvisamente si chinava sopra di lui, gli gettava un braccio attorno al collo, si traeva addosso il ragazzetto, obbediente, sorridente ancora. E com'egli credeva che volesse baciarlo accostò la gota e atteggiò le labbra. Ella non lo baciò. Gli disse piano, rapidamente, guardandolo negli occhi:

      — Tu non devi dire a nessuno che m'hai vista. Hai capito? A nessuno!

      E l'atto e il suono della voce furono così imperativi che il piccino, istintivamente, si ritrasse e, voltando la faccia, cercò di liberarsi. Ma Letizia gli prese il mento nella mano, costrinse, più dolcemente, quel piccolo volto quasi impaurito, e lo rigirò e si piegò fino a disfiorarlo col suo. Ripetette, con voce più bassa, con un soffio di voce:

      — A nessuno! Dimmi che non lo dirai a nessuno! Me lo prometti, Paolino? Su, guardami, guarda Letizia tua....... Me lo prometti?.....

      Il piccino balbettò:

      — Sì..... Non lo dico a nessuno.

      Come la donna lo baciava forte sulla guancia, egli le mormorò sulla gelida gota:

      — E a mamma tua? Neppure?

      — Dio! — fece Letizia, inorridita — Vuoi dirlo a mamma?

      — No, no! — disse lo scolare, raccogliendo il quadrello che gli era sfuggito.

      Lo levò, con la piccola mano inguantata, e promise, solenne:

      — A nessuno.

      Si rincamminò a piccoli passi, serio. A metà della via la infantile sua curiosità lo punse: si volse. Letizia moveva al ponte, dirittamente, e la sua figura nera si rilevava, con fine disegno, sul tramonto. Parve a un tratto, ch'ella, soffermata, incerta, facesse per tornare addietro. Subito lo scolare riprese la sua strada verso «Riva Casilina». Ma avanti di arrivare a un vico traverso incontro al quale moveva, si fermò ancora una volta e, sicuro di non esser visto, allungò il collo, voltandosi addietro, verso il piazzale già lontano. Ora Letizia, immobile, stava a mezzo il gran ponte, contro il parapetto. Il segno della sua testa liberata dallo scialle, del suo busto proteso, delle sue braccia, lungo le quali lo scialle ricascava e che s'allargavano, premendolo co' gomiti, sul parapetto, era evidente. Il fuoco del tramonto ella raggiungeva col capo, eretto, immoto. Una dorata aureola s'effondeva attorno a quel capo e quasi lo penetrava e lo immaterializzava; pareva che a momenti in quel roseo vapore esso fosse per dissolversi, mentre al vento lieve ed opposto una ciocca di capelli, volta a volta, vi palpitava e, investito dallo stesso vento, un lembo dello scialle sbatteva i fili della sua frangia su quell'incendio lontano.

       Indice

      Due, tre volte, perdutamente. Letizia s'era sporta dal parapetto sul fiume tacito e lento. Avea chiuso gli occhi, s'era allungata sul parapetto col busto, col ventre, lasciando penzolar le gambe dentro del ponte; e con le braccia stese, irrigidite quasi sul vuoto, aveva aspettato che una forza misteriosa, fatale, implacata la sospingesse d'un subito. Ma al senso pauroso del vuoto s'erano ritratte le sue braccia tremanti, gli occhi suoi s'erano aperti e subito chiusi sull'acqua tragica e scura e più greve, più rilassato era rimasto quel corpo senza volontà, sul muretto. Or ella temeva quasi di spiccarsene, anzi le pareva che sul punto di scivolarne a terra qualcosa dovesse risospingerla e precipitarla dall'alto. Rimase prona sul parapetto e pianamente riaperse gli occhi e guardò il fiume, disotto. Il Volturno trascorreva lento e silenzioso tra le quattro arcate di fabbrica imperatoria: l'acqua torva, pareva, a tratti, stagnante, così tardo era il suo cammino. Ma, di volta in volta, dei gorghi l'agitavano, e su per la giallastra superficie si rincorrevano pezzi di fradicio legno e batuffoli di paglia o di fimo. Nereggiavano lateralmente le rive, e, più in là, sotto il ponte ferroviario, prima di far gomito, l'acqua, incorrotta, luceva, con aspetto diverso.

      La donna interrogò un'ultima volta il fiume. Or ne saliva un alito d'umidità e il liquido fangoso, che lambiva alle basi immani i pilastri quadrati degli archi, aveva un fascino freddo. La chiamava. Nulla pareva più propizio del silenzio circostante, dell'ora solitaria.

      — Che morte! — ella mormorò.

      E come, nell'atto in cui s'indugiava, le cupe acque la tentavano, l'attiravano ancora, pallidissima, vibrante per tutto il corpo d'un tremore improvviso, Letizia scivolò sul ponte dal parapetto e a questo s'addossò, quasi mancando. Confusamente le appariva, ora, uno spettacolo novello. A man destra l'Arcivescovado, le case basse, una via che procedendo lungo le case si stringeva, e, nell'alto, più in là, sul cielo bianchiccio, la cupola della «Santella». In fondo, rimpetto a lei, l'alto anfiteatro della «Riviera Casilina» il cui largo arco era terminato dalla fabbrica rozza e massiccia della polveriera. Le finestre di «Riva Casilina» trattenevano ancora il lume del tramonto e se ne accendevano; abbasso, quasi sull'argine del fiume, l'infame contrada «Mazzamauriello» sciorinava su d'un sentiero invisibile le sue due o tre casucce a un sol piano.

      Con la bocca serrata, con le braccia penzoloni, volte le spalle al tramonto la donna non distaccava lo sguardo da quel gruppo di case. Di là, su pel fiume, pareva