L'incoraggiamento datole dai clienti quasi riuscì a farle temporaneamente dimenticare la bizzarra scena di cui era stata testimone la notte prima. Era anche di buon augurio per il futuro. Una manciata di clienti soddisfatti in giro per lo stato oppure online potevano davvero fare una grande differenza.
Certo, quella speranza la faceva sentire molto meglio, ma non era facile dover accettare che la sua natura scettica stesse iniziando a vacillare a causa di tutto ciò che aveva visto. Per di più, ora doveva anche accettare il fatto che il suo cane era una specie di acchiappa-fantasmi a quattro zampe. Una parte di lei non poteva fare a meno di chiedersi se il suo cosiddetto talento non fosse, dopo tutto, miracoloso. Non aveva forse letto da qualche parte che gli animali, e i cani in particolare, possedevano un sesto senso per certe cose? C'erano cani e lupi che potevano percepire l'arrivo imminente di terremoti. C'erano gatti terapeutici che non solo riuscivano a capire quando qualcuno era malato, ma persino quando era prossimo a esalare l'ultimo respiro.
Dopo essere rientrata in casa per cercare di capire meglio quali fossero i programmi della giornata, Marie trovò Posey in piedi in soggiorno, che la aspettava. “E come è andata la tua notte?” le chiese.
“È stata… strana. Ma non è tanto quella la parola esatta. Non so nemmeno come spiegarlo. E davvero non ho voglia di parlarne. Onestamente, ho solo voglia di mangiare qualcosa per colazione. E magari di fare un pisolino, se riesco. Non si può certo dire che abbia dormito bene.”
“Beh, per la colazione, posso occuparmene io,” disse Posey. “Anzi, se mi segui in sala da pranzo…”
Anziché terminare la frase, si avviò in direzione della cucina, per poi proseguire verso la sala da pranzo. Marie la seguì, guardandosi intorno. Quella precedente era stata la prima notte, da quando si era trasferita, che non aveva dormito in casa. Sentì di aver bisogno di controllare ogni angolo, ogni anfratto, per assicurarsi che tutto fosse andato bene.
“Grazie mille per esserti occupata tu di tutto mentre ero via,” disse Marie.
“Di niente. Non ti sei persa nulla. Benjamin sistemerà la grondaia oggi, la pietra per le aiuole arriverà tra un paio di giorni e la casa è ancora in piedi.” Quando arrivarono nella sala da pranzo, Posey spalancò le braccia teatralmente. “Ecco qua! È tempo di mettere qualcosa sotto i denti, mia cara.”
In un primo momento, Marie rimase confusa. Sul tavolo c'era una dozzina di diverse leccornie da colazione, e una bella porzione di un dolce che aveva tutto l'aspetto e il profumo di una torta alla banana.
“Che cos'è tutto questo?” domandò Marie.
“Volevo provare qualche nuova specialità per la colazione. Immaginavo che non saresti stata d'accordo a farmi usare gli ospiti come cavie, quindi l'onore è tutto tuo. Vuoi accompagnare l'assaggio con del caffè?”
Marie sapeva che non avrebbe dovuto, perché avrebbe rovinato ogni possibilità di fare un pisolino. Ma poteva sentirne l'aroma provenire dalla cucina, e non poté rifiutarlo. “Sì, grazie.”
Si sedette, studiando la vasta gamma di dolci che Posey aveva preparato per lei. C'era quella che sembrava una brioche danese al formaggio, e una frittella con una salsa di colore rosso. Altri erano più difficili da identificare.
Posey arrivò con il caffè e si sedette di fronte a Marie. Immediatamente fece scivolare uno dei vassoi davanti all'amica. “Questo è uno dei miei scone mandorle e vaniglia,” disse tutta fiera. “Di tutto ciò che stai per assaggiare, forse è il mio preferito.”
Marie prese lo scone e lo addentò. Il suo sapore la fece letteralmente sciogliere. Si domandò però se tutto quel bendidio preparato da Posey non fosse sprecato. In fondo non c'erano ospiti in programma nei giorni successivi, e Marie non sapeva nemmeno se Posey avrebbe avuto in futuro l'occasione di cucinare di nuovo del cibo così delizioso per June Manor.
“Posey, ma è squisito!”
“È quello che pensavo anch'io,” affermò la cuoca, avvicinando un bicchiere d'acqua a Marie. “Adesso togliti il sapore di bocca e assaggia quest'altro,” la invitò, passandole un pasticcino cilindrico che sembrava farcito di ciliegie.
Marie lo addentò e, ancora una volta, le sembrò di sciogliersi sulla sedia. “Posey,” disse con la bocca piena di pane, crema e ciliegie. “È incredibile…”
Ed era solo l'inizio. Subito dopo arrivò la frittella con la salsa di lamponi, poi un muffin ripieno di crema al caffè. Marie avrebbe potuto sbafarsi ogni singolo vassoio che Posey aveva preparato, incurante delle flebili proteste del suo stomaco, ormai quasi al massimo della sua capacità.
Tuttavia, non ne ebbe la possibilità. Proprio mentre Posey le stava passando una grossa fetta di torta di banane e noci, il campanello della porta d'ingresso suonò e qualcuno entrò in casa. Nelle ultime settimane, quel suono riusciva a trasmetterle la stessa eccitazione che provava quando riceveva sul telefono il trillo di notifica di una nuova prenotazione ricevuta online. In genere si trattava soltanto di Posey o Benjamin, ma lei sperava sempre che potesse trattarsi di un altro potenziale cliente in cerca di una stanza dove pernottare.
“Torno subito,” disse Marie alzandosi dalla sedia, alquanto triste di dover lasciare tutta quell'abbondanza.
Attraversò il soggiorno e scorse un uomo in piedi accanto alla reception che aspettava paziente e si guardava intorno con attenzione. Fu lieta di vedere che l'uomo sorrideva. Avvicinandosi a lui, lo esaminò rapidamente. Era un uomo di mezza età, abbigliato in modo piuttosto elegante, con una camicia e un paio di pantaloni classici. Non sembrava però serioso, piuttosto il tipo d'uomo che si vestiva sempre così ed era a suo agio in quegli abiti.
“C'è sempre un odore così invitante qui?” chiese l'uomo.
“A volte,” rispose Marie. “La mia cuoca mi stava facendo assaggiare alcune sue nuove creazioni, è questo l'odore che sente.”
“Lei è fortunata.” Sfoderò un gran sorriso, poi fece un ampio cenno verso l'atrio. “Davvero un bellissimo posto.”
“Grazie. E stiamo lavorando per migliorarlo.”
“Ah, ottimo, buono a sapersi. Rende la mia visita ancora più pertinente.” Scosse la testa, come se si vergognasse di sé stesso, poi sospirò. “Mi scusi. Che fine hanno fatto le mie buone maniere? Signorina Fortune, il mio nome è Avery Decker.” Allungò la mano per una stretta e aggiunse: “E sono qui per chiederle un favore incredibile.”
“E di che favore si tratta?” domandò Marie, stringendogli la mano.
“Sono qui per acquistare la sua proprietà.”
CAPITOLO CINQUE
Marie ritrasse immediatamente la mano. Era piuttosto sicura che sarebbe sembrato sgarbato come gesto, ma non gliene importava. Aveva già avuto a che fare con un agente immobiliare insistente prima ancora di avere il tempo di sistemarsi come si deve in casa: una spocchiosa e presuntuosa signora che rispondeva al nome di Stacy Hamlett. Ed eccone un altro, che probabilmente voleva approfittare della situazione disastrosa che si era venuta a creare da quando Marie aveva accettato che June Manor venisse considerato come un luogo potenzialmente infestato.
“Non è un gran favore,” commentò Marie. “Non sono affatto interessata a vendere. Questa casa apparteneva alla mia prozia e l'ho ricevuta in eredità. E, come vede, sto cercando di portare avanti un'attività.”
“Sì, e ne ho sentito parlare. Il bed-and-breakfast sul mare che è infestato dagli spettri, o almeno così si dice, ma forse non davvero,” ironizzò Avery Decker.
“Beh, questo non è proprio corretto da dire, no?”
Decker scrollò le spalle ma era chiaro che non era affatto dispiaciuto di aver detto ciò che aveva detto. Da quel gesto Marie percepì che Decker era molto probabilmente il tipo abituato a parlare alla gente come gli pareva, e che in genere otteneva ciò che voleva.
“Ecco cosa le propongo,” attaccò