“Questa è colpa tua,” aggredii Devon. “Avresti potuto tenere la tua bocca chiusa, ma no. Hai dovuto fare il cazzone e ora quella pollastra ci tiene sotto tiro. Voglio dire, ci ha fatto diventare dei fottuti manutentori!”
Mi fece un cenno con la mano mentre tirava fuori poche cose dalla sua borsa.
“Io? Credo che tu l’abbia fatta incazzare per primo quando l’hai chiamata dolcezza. Seriamente, amico. Hai visto la sua faccia?”
“Già, probabilmente non avrei dovuto farlo,” ammisi.
“Rilassati. Questa sera non è andata così male. Tutto quello che ci ha fatto fare il signor Jimmy è stato spazzare la sala principale. A che altro poteva assegnarci la signorina coi pantaloni Cadence? Pensavi che ci avrebbe incaricati di insegnare ballo?”
“Già, certo,” dissi ridendo. L’idea era ridicola. “Onestamente, forse hai ragione. Hai sentito il curriculum di quella ragazza, Sophie? Non ci avrebbero assegnato a nessuno degli studenti di questo posto. Non sappiamo nulla di queste stronzate artistiche. Solo i migliori insegnano qui.”
“Oh, già. Sophie era decisamente il meglio. Il tipo che mi fa desiderare di essere assegnato come maestro di danza. Non mi dispiacerebbe che ballasse attorno al mio uccello.”
Alzai incuriosito un sopracciglio.
“Cosa è successo alla suonatrice di flauto? Non era vecchia abbastanza?”
“Oh, diavolo no. Ti ho detto che non avrei fatto quell’errore. Non l’hai vista all’incontro dei capi del campeggio? Si chiama Jessica e ha vent’anni. É alla sua seconda estate di insegnamento qui. É con i musicisti,” mi disse. Fece un sorriso subdolo e aggiunse, “sto per andare a incontrarla fra pochi minuti.”
Sogghignai.
“Porterà il flauto?”
“Spero di sì,” disse Devon alzando le sopracciglia.
Scossi la testa e risi.
“Ti muovi in fretta, amico. Divertiti.”
“Perché non vieni con me? Forse ha un’amica.”
“No, va’ avanti. Credo che andrò in bagno a farmi una doccia.”
“Non fare la fighetta. Vieni con me,” insistette Devon. Per un attimo considerai l’idea di andare con lui. Se la sua suonatrice di flauto avesse avuto un’amica, un po’ di compagnia femminile avrebbe potuto distrarmi dalla misera situazione in cui ero finito. Il problema era che non volevo una donna qualsiasi a farmi compagnia. Ne volevo solo una.
Cadence.
Non avevo idea del motivo per cui la volevo. Era una rompipalle, una pignola sotuttoio. Se la sua rigida postura rispecchiava in qualche modo quello che aveva dentro, avrei detto anche puritana.
Era anche off limits. Il frutto proibito.
Solo che non riuscivo a smettere di pensare a lei. Non aveva senso, non era neppure il mio tipo.
Diedi un’occhiata a Devon che stava indossando un paio di mocassini di pelle. Ebbi il desiderio di dirgli quello che stavo pensando su Cadence–la ragazza il cui profumo di vaniglia era come una droga che non avrei mai voluto mai smettere di annusare–ma quando parlai non fui in grado di descrivere quello che stavo pensando.
“Da quel che ha detto il signor Jimmy, si aspetta che ci presentiamo da lui alle sei domattina,” dissi invece. “Voglio andare a letto con le galline stasera.”
Devon scoppiò a ridere.
“A letto con le galline! Non avevo mai capito quell’espressione fino a oggi!”
Lo guardai confuso fino a quando vidi cosa stava indicando Devon. Seguii il suo dito puntato verso la balla di fieno che sarebbe stato il mio letto per i prossimi tre mesi. Allora capii e sogghignai.
Fottutamente ridicolo.
Nonostante la risata isterica di Devon, non lo stavo trovando per nulla divertente. Mi sembrava di essere in una versione moderna di Quella fottuta casa nella prateria.
“Non fare tardi amico,” lo avvisai, “non mi prenderò la responsabilità di buttarti giù dal letto domani mattina.”
“Sì, sì. Non essere geloso perché io entro in azione il primo giorno mentre tu resti seduto qui come un idiota,” disse mentre iniziava a scendere la scala. “Ci becchiamo dopo.”
Guardai la testa di Devon scomparire per la scala e sospirai. Oggi era stata una lunga giornata difficile. Ero accaldato, sudato e mi sentivo uno schifo. L’idea di una doccia non mi era mai sembrata così buona. Aprendo la mia sacca, presi i miei articoli per la toeletta e un paio di pantaloni da ginnastica puliti, misi tutto in una borsa più piccola con i lacci e seguii le orme di Devon lungo la scala.
Dopo essere uscito dal fienile, mi guardai attorno. Era silenzioso. Molto silenzioso. Gli insetti ronzavano nei grossi alberi che abbracciavano la notte immobile, e il rumore dei grilli era l’unico che si poteva udire. Era un contrasto netto con tutto il trambusto che c’era stato durante l’ora di cena. Studenti impazienti si erano ammassati nella Creator Hall, comportandosi come se non mangiassero da settimane, attaccando il loro pasto come fossero avvoltoi. Quando io e Devon eravamo arrivati lì per mangiare era rimasto ben poco. Imparammo subito che avremo dovuto presentarci prima se volevamo avere qualche speranza di recuperare qualcosa di commestibile.
Ora sembrava che gli studenti fossero andati tutti a dormire anche se non erano neppure le dieci. Non mi importava. Almeno avrei fatto una doccia in tranquillità.
Quando entrai in bagno, non era per nulla come me l’ero aspettato. Forse pensavo di trovare qualcosa di simile al mio alloggio per la notte, ma era più in linea con l’apparenza moderna della Creator Hall. Piastrelle di ceramica sul pavimento e sulle pareti, gli impianti argentati sembravano come se fossero appena stati puliti a fondo. La parete alla mia destra aveva degli scaffali pieni di asciugamani di vari colori mentre la parete adiacente aveva un lungo specchio orizzontale e un ripiano con almeno venti lavandini singoli. Davanti c’era una stanza separata che pensai fosse dedicate alle docce. Dopo aver preso un asciugamano mi diressi in quella direzione.
Venti minuti più tardi mi ero fatto la doccia e avevo indossato un paio di pantaloni da ginnastica senza preoccuparmi di mettermi una maglietta. Si sarebbe probabilmente riempita di sudore una volta uscito. Non aveva importanza che il sole fosse tramontato, di notte faceva ancora un caldo infernale. La leggera brezza che avevo sentito in precedenza se n’era andata, facendo sì che l’aria stagnante diventasse ancora più umida e appiccicosa.
Mentre mi avvicinavo alle porte del fienile, rallentai i miei passi. Non avevo voglia di andare a dormire di già. Mi sentivo irrequieto per qualche motivo. Forse era la tranquillità della notte buia. Non ci ero abituato. Avendo passato gli ultimi quattro anni alla Georgetown University, il campus era sempre movimentato per un motivo o per l’altro, specialmente nei dormitori. Cominciai a rimpiangere di non essere andato con Devon. Almeno mi avrebbe dato qualcosa da fare.
D’impulso gettai la mia borsetta dentro le porte del fienile. Volevo esplorare il posto e capire veramente dove ero finito quell’estate. Il campeggio era circondato da boschi. Ci dovevano essere dei sentieri di qualche tipo. Ne presi uno sperando che mi portasse al limite del campeggio.
Mentre camminavo superai numerosi cottage. Tutti avevano nomi artistici come chalet del clarinetto e focolare dell’armonia. Anche il sentiero su cui camminavo si chiamava via degli acquerelli. Pensai che a qualcuno sarebbe sembrato affascinante. A me sembrava solo noioso. Non era che non apprezzassi quelli che avevano quel talento. Diavolo, la mia matrigna numero tre era solita trascinarmi al Kennedy Center a Washington a vedere spettacoli più volte di quante potessi ricordare. Anche se non lo avevo mai ammesso con lei, in realtà mi erano piaciute le commedie e i musical che avevo visto. Era una fuga dalla realtà– anche se solo per poche ore. Tuttavia, guardare era