Credo che quella notte sarei morto quasi sicuramente se non fosse stato per il calore di quel fuoco tempestivo. Mi addormentai più volte, dando testate alle mie ginocchia, ma subito mi svegliavo per il ruggito di qualche raggio di luce o per l'apparente grido disperato di un bambino. L'acqua, praticamente, non la percepivo più sul mio corpo. Al riparo dell'ardore del mio amico rosso e giallo, passai tutta la notte fino all'alba e, finalmente, smise di piovere.
Un sole raggiante spuntò dalle nuvole accarezzando il mio viso scarno. Guardai l'orologio, erano quasi le otto del mattino. Feci un rapido calcolo, aveva piovuto quasi venti ore di fila. Bevvi un buon sorso d’acqua e mangiai i due frutti rimasti. Non mi sentivo affatto bene. Mi sentivo debole, tremante, con le forze ridotte, quasi svenuto. Potevo sentire come il solito suono di sottofondo di grida, ronzii e simili si impossessasse di nuovo della giungla, questa volta accompagnato dal rumore dell'acqua che scorreva sul terreno, cadendo attraverso le foglie degli alberi in migliaia di cascate e, soprattutto, l'incredibile ruggito che veniva dal fiume alle mie spalle. La solita umidità era aumentata con la pioggia fino a divenire soffocante.
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