Anche se non poteva guardarlo negli occhi nell’oscurità, gli sorrise come se lui potesse vederla. La situazione era eccitante. Capiva quello che provava Charlotte. Pensò a Pierrot Lafortune, un ex compagno di classe con cui aveva fatto sesso sui sedili posteriori della sua auto, nel parcheggio di un centro commerciale, durante le prime ore della notte. Doveva avere avuto diciotto anni. Era stato l’unico momento della sua vita in cui aveva corso il rischio di essere sorpresa. Eppure non era niente in confronto a quel momento. Era all’apice dell’estasi, non si controllava più. Riportò tutta la sua attenzione su Gabriel e le sue carezze, sotto i suoi vestiti, che le procuravano migliaia di brividi. Gemette mentre le passava la mano sotto la maglia e le sfiorava il ventre con la punta delle dita. Gabriel voleva farla eccitare e sapeva che sfiorarle la pelle, così morbida, l’aiutava nel suo compito. Il respiro di Emma accelerò profondamente quando lui le infilò le dita nei pantaloni, lentamente, toccandola timidamente alla ricerca di un punto sensibile per lei.
Lei iniziò a sbottonare i pantaloni del suo compagno e a far scorrere la cerniera, continuando a baciarlo intensamente. I suoi movimenti erano esitanti, un po’ goffi, ma fu in grado di raggiungere i suoi scopi. Si sollevò un po’ mentre lui le abbassava i pantaloni e le mutandine con una mano più abile della sua.
“Stai bene? Tutto bene?” mormorò Gabriel, guardando molto da vicino la giovane donna.
I due non si vedevano molto nell’oscurità quasi totale. La situazione si faceva ancora più eccitante in quanto li spingeva a ricorrere a sistemi differenti, tutti ugualmente stimolanti, per procurarsi piacere e scoprirsi. Gabriel riusciva a intravvedere i suoi contorni, ma non di più. Con l’elettricità completamente staccata non avevano alternative al momento, ed era forse meglio così per entrambi in quella nuova esperienza.
Il tempo si era fermato. Gabriel era ritornato il ragazzo di un tempo. Un tempo così lontano ormai. Si trovava in ascensore, tra le braccia di una perfetta sconosciuta incontrata per caso nello stesso ascensore. Una donna che riteneva troppo bella per lui. Che sembrava portare in sé una vulnerabilità e una forza che lo turbavano. Era stato raramente un amante, solitamente un innamorato. Non capiva cosa stesse succedendo e non gliene importava granché. Gli ultimi mesi erano stati per lui difficili sul piano sentimentale e non pensava di poter provare una passione di cui più spesso aveva letto nei libri che vissuto in prima persona.
“È tutto perfetto”, rispose lei sorridendo.
Se avesse potuto guardarsi allo specchio, il riflesso che avrebbe visto sarebbe stato di un volto sicuramente arrossato per l’eccitazione del momento. Gabriel si frugò nelle tasche dei pantaloni, poi tirò fuori il portafoglio: cercava un preservativo. Era piuttosto difficile nell’oscurità totale ed ebbe l’idea di prendere il telefono per fare un po’ di luce.
Emma, vicina a lui, gli accarezzava il fondo schiena e i glutei, baciandogli la spalla. Non era nemmeno sicuro di avere un preservativo, ma gli apparve un sorriso sul viso quando trovò ciò che stava cercando. Sfortunatamente, il suo sorriso svanì altrettanto rapidamente nel vedere la data di scadenza sulla confezione.
“Merda”, sbuffò in inglese.
Emma si chinò, afferrò la sua borsa e cercò direttamente in un taschino sul fondo, chiuso da due bottoni, per tirare fuori un preservativo che porse a Gabriel. Li portava sempre con sé. Sorrise pensando a quelli scaduti del suo amante, testimoni della sua mancanza di esperienza nelle avventure di una notte. Gabriel lo prese e l’aiutò ad alzarsi. La baciò accarezzandole il seno e la vita. Poi la spinse dolcemente contro la parete e mise il preservativo. Emma si voltò di spalle, appoggiandosi saldamente al muro mentre Gabriel le metteva le mani intorno ai fianchi e la teneva con fermezza, per poi penetrarla perdutamente in un colpo solo. I due amanti si unirono in una passione fugace che sarebbe probabilmente rimasta impressa nei loro ricordi.
Emma e Gabriel si erano abbandonati ai lori impulsi, superando la loro zona di comfort. Per una notte diventarono l’opposto di quello che erano abitualmente, ed era perfetto così. Si donarono l’uno all’altra senza promesse. Per un po’, Emma lasciò fare a Gabriel. Le sue mani esperte percorrevano tutto il suo corpo, scoprendo punti ancora inesplorati e dando vita a sensazioni in lei che non aveva mai provato. Si perse tra le braccia rassicuranti e protettive del suo amante. Scacciò via tutti i pensieri che le venivano in mente su ciò che sarebbe accaduto, per concentrarsi sul qui e ora.
Gabriel, da parte sua, aveva trovato in Emma ciò che probabilmente aveva cercato per tutta la vita: un riparo. Sapeva che non poteva aspettarsi nulla da quella avventura, ma aveva l’impressione di aver ritrovato una parte di sé persa da troppo tempo. Si sentiva come una barca che tornava al porto dopo un’assenza interminabile. Emma rappresentava il faro che lo guidava e gli permetteva di tornare all’ormeggio. Non aveva più voglia di navigare, ora voleva una cosa sola: gettare l’ancora.
CAPITOLO 5 – IAN
Ian guardava l’ampia selezione di fiori presenti nel negozio e non sapeva cosa scegliere. Il suo cuore tentennava tra una rosa rossa e un bouquet di margherite. Era ancora all’antica e amava regalare fiori alle donne che frequentava. Ce l’aveva con se stesso per non essere andato all’appuntamento con Emma il giorno prima. Doveva essere arrabbiata con lui e a ragione, dato che non aveva risposto agli ultimi messaggi che le aveva mandato. Non cercava mai di fare supposizioni, ma questa volta era facile indovinare. Aveva deciso di passare dal suo hotel e scusarsi di persona. Era l’unico modo sicuro per sapere quello che provava la giovane donna nei suoi confronti. Ian era stato sul punto di uscire il giorno prima, quando era arrivata Lilly senza preavviso, mandando all’aria tutti i suoi piani. Non aveva potuto raggiungere Emma e gli era stato difficile liberarsi anche solo per avvertirla della sua assenza. Era pienamente consapevole che nessuna ragazza con un po’ di dignità gli avrebbe dato un’altra possibilità. Ma la sua intuizione lo portava a lei e seguiva sempre il suo istinto.
Finì per scegliere il bouquet. Tirò fuori una banconota da venti dollari dalla tasca dei jeans, tutta sgualcita, e la porse alla cassiera con il suo perenne sorriso incantatore. Era quello che offriva a tutte le sue potenziali conquiste. Lei arrossì e gli diede il resto, sorridendo stupidamente. Ian pensò che in un altro momento le avrebbe fatto sicuramente delle avance e le avrebbe chiesto il suo numero di telefono, ma ora c’era solo Emma nei suoi pensieri. Dopo essere uscito dal negozio si accese una sigaretta, controllando il cellulare per la decima volta in quindici minuti per vedere se l’oggetto dei suoi desideri gli aveva scritto, ma non c’era alcun messaggio. Si diresse allora verso l’hotel dove alloggiava, ripetendo a mente le scuse che aveva preparato. Ci teneva a rendere plausibile la storia che si era inventato.
Finalmente arrivò davanti all’edificio. Quando spinse la porta della hall vide Emma insieme a Candice, Charlotte, Alice ed Elvie. Si avvicinò timidamente e sorrise a Candice, che aveva alzato lo sguardo per esaminarlo.
“Dica?” chiese secca, guardando l’uomo da cima a fondo.
Ian indicò Emma, che gli dava le spalle e sembrava molto impegnata a parlare con Charlotte. Candice posò delicatamente la mano sull’avambraccio della giovane donna e le fece cenno di voltarsi. Emma si voltò e fece una smorfia trattenuta quando vide Ian mostrarle il mazzo di fiori che le aveva comprato prima di arrivare. Il giovane percepì il suo disagio.
“Ciao Ian”, disse tranquillamente, distogliendo lo sguardo.
“Ciao”, disse lui porgendole i fiori e avvicinandosi