Coventry sorrise. «Credo che vi troverete bene.».
«Non vi seguo.» disse Jonas, poi si accigliò. «Trovarci bene dove?».
«In un club molto speciale.» rispose lui. «Venite. Vi spiegherò tutto, anche come vi aiuterò con Southington, con la vostra vita sociale, e persino finanziariamente, se lo desiderate.».
Non capiva come un club potesse fare tutto ciò, ma era disposto ad ascoltare Coventry. Lo aveva salvato da una rissa e, finché lui avesse avuto i suoi due amici al proprio fianco, non ci vedeva niente di male. Avrebbero potuto decidere insieme se ne valeva la pena. Erano amici da così tanto tempo.
Seguirono Coventry fino a una carrozza e vi salirono. Percorsero facilmente la strada acciottolata. L’interno era elegante e i sedili piuttosto comodi. Jonas non era mai salito su una carrozza così comoda. Dopo un breve tragitto, la carrozza si fermò. Scesero e si trovarono davanti ad un’elegante villa con una “W” incisa sulla porta. Dov’erano? Che cosa aveva detto Coventry in precedenza? Qualcosa a proposito di un club.
«Dove siamo?» chiese Asthey, dando voce ai pensieri di Jonas.
«Non mi sembra granché.» rispose Shelby. «Perché ho lasciato da sola quella bella donna?».
Coventry estrasse dalla tasca una chiave con sopra la stessa “W”. La infilò nella serratura e aprì la porta. «Signori, prego, entrate.». Li condusse dall’atrio fino alla parte principale della casa.
L’esterno nascondeva sapientemente la lussuosa decadenza che si trovava all’interno. Un sontuoso velluto decorava le finestre. I divani, le chaise longue e tutte le sedie avevano una combinazione di colori simile, rosso scuro e marrone brunito. Su un lato c’era una lunga ringhiera di ciliegio che avvolgeva una scala elaborata. Sull’altro lato c’era una grande stanza con un camino acceso. Diversi uomini erano seduti a uno dei tavoli e giocavano a carte. Ognuno di essi teneva in braccio una bella donna in abiti succinti. Jonas rimase a bocca aperta per tutto ciò che vide, e non riusciva a credere di non sapere dell’esistenza di quel posto. Si rivolse a Coventry e disse: «Avete la nostra attenzione. Volete spiegarci tutto, adesso?». Continuava a fissare il lusso di ciò che lo circondava.
Coventry sorrise. «Benvenuti al “Coventry Club”. Siete stati nominati per l’ammissione, se volete unirvi. Ci sono delle regole, ovviamente.» li informò Coventry. «Niente di così drastico, credo che le troverete ragionevoli. Mantenere segreto il club e rinunciare all’iscrizione una volta sposati. Solo il leader del gruppo può avere una moglie e mantenere l’iscrizione. Se vi state chiedendo chi sia… attualmente sono io il responsabile del club e dei suoi membri.». Li guardò e chiese loro: «Desiderate far parte di tutto questo?». Allargò le braccia.
Annuirono tutti all’istante. Jonas non ci pensò due volte e neanche gli altri due, probabilmente. Gli eccessi di quel posto li avevano conquistati. Il resto lo avrebbero compreso in seguito.
Era stata una decisione di cui non si era mai pentito…
CAPITOLO UNO
Londra, 1823
Nuvole grigio scuro fluttuavano nel cielo, minacciando di scatenare la pioggia su tutti coloro che osavano camminare per le strade di Londra. Lady Marian Lindsay le fissava mordendosi il labbro inferiore. Non era un buon segno e sperava che quel cattivo presagio non portasse ad un disastroso incontro con Sir Anthony Davis. Non che la pioggia non fosse all’ordine del giorno in Inghilterra, perché sicuramente onorava il Paese con regolarità; tuttavia, la fortuna di Marian non aveva mai gli effetti sperati quando pioveva. Quindi il suo incontro con Sir Anthony era sicuramente condannato.
Tuttavia, aveva intenzione di andare fino in fondo. Aveva dei piani e Sir Anthony era l’ostacolo. Senza il suo consenso, non sarebbe mai entrata nella Royal Medical Society. Loro avevano questa idea sbagliata della medicina e le donne non s’intromettevano. Sperava di fargli cambiare idea e ottenere una buona parola per l’ammissione.
Aveva studiato medicina ed erbalismo per tutta la vita. D’accordo, forse non da così tanto, eppure le sembrava di sì. Il suo interesse era iniziato quasi un decennio prima, dopo la morte di sua zia e suo zio. Entrambi avevano avuto un terribile incidente in carrozza nei pressi della tenuta di famiglia. Suo padre era il Conte di Coventry. Suo zio, il Conte di Frossly, aveva sposato sua zia Belinda ed era entrato a far parte della famiglia. Dopo la loro morte, la madre di Marian si era disperata per il dolore e per la perdita della sua adorata sorella minore.
Da allora, era cambiato tutto nella vita di Marian. I suoi due cugini andarono a vivere da loro e sua madre si ammalò dopo il loro arrivo, lasciando nell’oblio il debutto in società suo e di sua cugina. Non che la cosa le importasse molto, soprattutto quando sua madre cedette alla malattia e se ne andò per sempre. Il suo dolore era stato troppo grande e aveva deciso che voleva di più nella vita. Marian non voleva sposarsi né avere figli. Aveva obiettivi molto più alti, come diventare un vero medico e guadagnarsi da vivere aiutando le persone.
Il che la riportò a Sir Anthony: doveva farla entrare nella società. Quello era il passo successivo per acquisire le conoscenze necessarie per diventare un medico. Alzò di nuovo gli occhi al cielo.
«Ti prego, aspetta finché non avrò finito.» implorò, «Ho bisogno di un po’ di tempo.». Si affrettò finché non raggiunse la casa di Sir Anthony e aprì la porta. Marian entrò mentre la pioggia iniziava a cadere. Batteva sulla strada, creando pozzanghere quasi all’istante. Marian chiuse la porta ed emise un respiro di sollievo.
Qualcuno si schiarì la voce. Lei si voltò e vide due uomini in piedi, che la fissavano con una lieve sorpresa sui loro volti. Il signore più anziano doveva essere Sir Anthony. Aveva i capelli scuri striati di grigio. L’altro gentiluomo era piuttosto bello, addirittura affascinante. Aveva i capelli scuri e dei diabolici occhi blu. Con suo grande disappunto, lo aveva sempre trovato attraente, e non perché fosse il maschio più bello che avesse mai visto. C’era qualcosa in lui che le faceva battere forte il cuore nel petto. Il corpo di Marian era pervaso da un’energia indescrivibile. Jonas Parker, lo stimato Conte di Harrington, la metteva sempre messa a disagio e, a volte, credeva che lui ne fosse consapevole. Accidenti a lui. «Buongiorno, milord.» lo salutò Marian, poi si rivolse all’uomo più anziano. «Sir Anthony.». Sperava che la sua intuizione fosse corretta e che fosse lui l’uomo che lei credeva, o sarebbe stato imbarazzante…
«Lady Marian.» disse Lord Harrington con voce lenta, «Vostro padre sa che siete qui?».
Accidenti. Era ovvio che quella sarebbe stata la sua prima domanda ma, almeno, non aveva sbagliato persona. «Mio padre è a conoscenza delle mie attività.». Non era una completa bugia. Lui sapeva che sperava di diventare medico e la assecondava. Certo, non credeva che ci sarebbe riuscita, ma lei aveva intenzione di dimostrargli che aveva torto. Gli uomini avevano tutti i vantaggi nella società e le donne avevano poca voce in capitolo. Una situazione che odiava dal profondo della sua anima. «Non siate in pensiero per me.».
«In che modo possiamo esservi di aiuto?» le chiese Sir Anthony. «La pioggia vi ha costretta ad entrare?».
Lord Harrington alzò un sopracciglio, «Non credo sia questo il motivo.». Continuava a guardare Marian, irritandola. Stava osservando troppe cose e lei non gradiva quell’esame. «Siete qui per via del vostro piccolo progetto, non è vero?».
Chiunque conoscesse suo padre, e quindi lei, era consapevole del suo desiderio di diventare medico. Suo padre si vantava del suo “hobby”, anche se dubitava di lei. Era il suo modo di sostenerla. Non che fosse granché né un segno di approvazione, ma finora era riuscito ad aiutarla nella sua ricerca. «E se fosse così?» alzò il mento, «Mirate ad impedirmi di compiere il passo successivo?».
Lui allungò le mani. «Lungi da me l’ostacolare una donna intellettuale in missione. Di fatti, esponete la vostra argomentazione e vedremo se Sir Anthony è disposto ad aiutarvi.».
Sir Anthony guardò entrambi, ma Marian se ne accorse a malapena. Era irritata più di quanto avrebbe dovuto essere. Lord Harrington era stato “gentile” a concederle la parola… che uomo