Attacco Agli Dei. Stephen Goldin. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Stephen Goldin
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Героическая фантастика
Год издания: 0
isbn: 9788873044598
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fatto nulla per meritarsi la punizione. La responsabilità arriva con l’autorità, si ripeté dentro di sé. Ecco perché tu sei un capitano e lui solo un tecnico.

      Dunnis scosse la testa. “Anche se non fossi stanco sarebbe difficilissimo identificarle. Non ho la benché minima idea della frequenza a cui trasmettono, o della potenza del loro segnale. Ci impiegherei una vita.”

      Dev rifletté sulle sue parole. “Allora ne dovremo trovare una, prima, ed esaminarla. Questo dovrebbe darci abbastanza indizi per costruire qualcosa.” Dev si alzò. “La zona di carico è il punto più logico da cui partire a cercare. Andiamo.”

      Dunnis era chiaramente scocciato di dovere lavorare mentre era così stanco, ma era altrettanto chiaro che rispettava l’autorità di Dev. Lei si era creata almeno quello nelle sei settimane in cui aveva condotto la nave. Zhurat era stato il solo a mancarle di rispetto – ed ora lui non avrebbe più causato problemi. Anche se la sua perdita significava più lavoro per tutti, inclusa lei, poteva almeno ringraziare gli dei di Dascham per questo piccolo favore.

      Gli angusti quartieri dell’equipaggio erano dietro alla sala di controllo. Roscil Larramac dormiva dietro ad una di quelle porte chiuse e Lian Bakori, l’astrogatore della nave, era sicuramente nell’altra stanza. Il resto dell’equipaggio della Foxfire era composto da robot, che erano stati sotto la responsabilità di Zhurat; erano stati spenti per la notte e riposti in una stanza speciale proprio davanti alla zona di carico. Una nave di queste dimensioni avrebbe dovuto avere davvero almeno il doppio dell’equipaggio, ma Roscil Larramac aveva tagliato ogni angolino che poteva, nei suoi sforzi di ottenere un utile; Dev aveva discusso con lui per aumentare il numero dei membri dell’equipaggio di almeno una o due persone, ma lui aveva rifiutato. Ora, alla loro prima fermata planetaria erano già sottodimensionati.

      “Non dà gioia fare pesare alla gente quando hai ragione,” citò uno scrittore del ventiduesimo secolo di nome Mellers, “almeno quanto loro gioiscono nel fare pesare a te quando hai torto.” Nonostante questo, le sarebbe piaciuto avere quei membri dell’equipaggio in più.

      Subito dietro la zona soggiorno, c’erano le zone comuni, che comprendevano la cambusa, la mensa, la lavanderia, il ponte con le scialuppe di salvataggio, la stanza del riciclaggio e della ricreazione. Poi veniva la zona di stoccaggio dei robot, e infine la stiva, con i motori nell’estremità posteriore della nave. La disposizione era quella standard per la maggior parte delle piccole navi commerciali. Sebbene Dev fosse a bordo da solo due mesi, si sentiva come se vi avesse vissuto la maggior parte della sua vita.

      Mentre si avvicinava alla stiva, Dev pensò di udire un rumore provenire dall’altro lato della porta. Guardò immediatamente Dunnis, e l’omone annuì indicando che l’aveva sentito anche lui. In silenzio, i due percorsero il resto del corridoio fino al portello della stiva. Dev estrasse la pistola laser dalla cintura e la tenne pronta, indicando a Dunnis di fare lo stesso. Quando entrambi furono pronti, premette un pulsante che avrebbe fatto aprire il portello scorrevole nel pavimento.

      Dentro alla stiva c’era buio, la sola luce era quella che filtrava dal corridoio dove loro stavano in piedi. Nessun movimento, niente sembrava fuori posto, ma Dev non abbassò la guardia. Allungò il braccio verso il pulsante successivo, e accese le luci all’interno della stiva.

      Qui—dietro una fila di scatole coperte—vide un movimento, ne era sicura. Calandosi prudentemente attraverso il portello nel pavimento, atterrò a ginocchia piegate e guardò in quella direzione. Oltre la cima delle scatole, riuscì a scorgere un ciuffo di pelliccia marrone.

      C’era un clandestino a bordo della Foxfire.

       CAPITOLO 3

       La moralità migliore si riduce ad un semplice rispetto per gli altri.

      —Anthropos, La Bontà dell’Uomo

       

      Dev restò leggermente accovacciata, pistola nella mano, e passò in rassegna rapidamente la lista delle alternative. Sarebbe stato un suo diritto – come capitano di questa nave – aprire immediatamente il fuoco sull’intruso, ma questa linea d’azione sarebbe stata insensata nelle attuali circostanze. I proiettili della sua pistola laser potevano danneggiare parte della merce che era impilata e stipata tutto intorno a lei, e comunque, i nativi non sembravano essere pesantemente armati, dato che il livello della loro tecnologia non andava molto più in là del coltello e della lancia.

      Le attraversò la mente il pensiero che questo potesse non essere un nativo ordinario, e che la sua apparizione qui potesse avere dei collegamenti con gli eventi della sera precedente. Forse era una spia degli dei, venuta a verificarli personalmente. Ma lei aveva appena ipotizzato che gli dei fossero esseri con una competenza tecnica molto alta; mandare un nativo a spiarli per conto loro non sarebbe stato per niente in linea con la loro indole. Dev escludeva quella possibilità al momento, sebbene tenesse la pistola in mano. Era la sua politica personale, quando trattava con altri esseri pensanti, quella di usare la coercizione fisica solo come ultima spiaggia.

      “Dunnis,” chiamò a bassa voce il tecnico che stava ancora in piedi nel corridoio sopra di lei, guardando preoccupato giù nella stiva. “Sveglia Larramac e Bakori. Dì loro che abbiamo un clandestino nella stiva e falli scendere qui. Potrei avere bisogno del loro aiuto.”

      L’omone esitava a lasciarla. “Sei sicura che starai bene da sola? Una donna sola con un intruso sconosciuto—”

      Avere pazienza con i benintenzionati, si disse severamente. Spesso non riescono a farne a meno. “Vai adesso. È un ordine.”

      Dunnis andò.

      Dev tornò a rivolgere la sua piena attenzione al nativo. Non si era mosso dalla sua posizione iniziale dietro una pila di casse. Dato che doveva essersi accorto che lei si era calata nella stiva con lui, probabilmente non era sicuro che lei lo avesse visto e non voleva tradirsi con ulteriori movimenti. Inoltre, avrebbe usato il silenzio per ascoltare qualsiasi suono da parte di Dev che indicasse che si muoveva nella sua direzione.

      Tenendo pronta la pistola, Dev accese le cuffie di traduzione che stava ancora indossando. “Chiunque tu sia, so che sei qui,” disse con un tono calmo e tranquillo. “Mi chiamo Ardeva Korrell, e sono il capitano di questa nave. Come ti chiami?”

      L’altro continuava a non muoversi. Forse pensava che lei stesse bleffando, o forse era troppo spaventato. Doveva placare qualsiasi paura che potesse avere.

      “Non sono assolutamente ostile,” continuò lei. “Voglio solo sapere perché hai scelto di nasconderti a bordo della mia nave. So esattamente dove sei, ma ti prometto di non avvicinarmi fino a che parliamo. Se non vuoi fare del male né a me, né al mio equipaggio, né alla mia nave, ti garantisco che non succederà niente di male nemmeno a te.”

      La zazzera di pelliccia che aveva originariamente adocchiato, sparì dalla sua vista mentre il nativo si accovacciava ancora più in basso dietro alle scatole.

      “Ti prego, non cercare di nasconderti; non ti farà bene. Questa è una piccola nave, e ci sono solo pochi posti dove puoi nasconderti prima che ti troviamo. Mi rendo conto che questo è uno strano posto, spaventoso per te, e io sono una creatura sconosciuta e odiosa venuta dalle stelle. Però ho trattato in modo corretto e giusto con la tua gente per i due giorni che sono stata qui nel tuo villaggio. Tutto quello che chiedo è sapere perché sei venuto.”

      La voce di Dev echeggiava in tutta la grande stiva, ma il silenzio ritornò mentre le tracce delle sue ultime parole svanirono. Guardò lo stanzone da un punto di vista tattico, chiedendosi esattamente cosa fare se si rivelasse necessaria un’azione. La stiva non era riscaldata; le fredde pareti di metallo sembravano riflettere il freddo clima umido esterno e causarono un brivido che la fece tremare anche se il tessuto della sua divisa spaziale teneva il suo corpo alla temperatura giusta.

      Scatole e casse di varie dimensioni erano impilate strettamente insieme per la necessità di sistemare un grande numero in un piccolo spazio; le corsie fra le pile di contenitori erano necessariamente strette, e