“La cosa è relativa, dipende dai punti di vista. Quello che per te è un buon prezzo, per me può essere una minuzia insignificante. E viceversa”.
“Una riserva annuale di balsamo. Di prima scelta, uso quotidiano”.
Il Verde allargò i suoi denti neri in un tentativo di sorriso.
“Piano. Non ti stai un po’ sopravvalutando?”.
“Sai bene quel che ti offro. Non fare il finto tonto. Il sogno di ogni rinnegato di Tarnek è mettere le mani su una bellezza del genere. Un movimento del dito e apre il petto di un avversario. Fa un foro abbastanza grande da passarci attraverso”.
“Mi darebbe fastidio rimetterci la testa”.
“Come ti pare. Non è roba facile da reperire sul mercato nero”.
“I tuoi colleghi fanno offerte più vantaggiose. E sono anche più cortesi. Dicono che presto non ne avranno più bisogno. Sostengono che presto arriverà la salvezza dall’altra parte delle mura, e li guiderà nella luce futura. Forse si sono fatti irretire dalle storie dei santoni”.
Il Verde si comportava come se non sapesse con chi parlava. Anche se l’eresia fosse sbocciata, nessun abitante di Kazis avrebbe potuto lasciare la città in cui si era risvegliato. Quel privilegio inglorioso era riservato solo ai peggiori delinquenti, e li aveva sempre portati a morte certa. Creature terrificanti si aggiravano per i Territori. Anche se in teoria sarebbe stato possibile raggiungere le mura di qualche altra città di Kazis, non vi era speranza di ricevere il permesso di entrare. È lì dove ti sei risvegliato che ti addormenterai, e così andrà avanti in eterno. Vi erano confini precisi, invalicabili tra quel che rimane dentro e quel che abita fuori, e se qualcuno avesse provato a infrangere questa regola, il Custode se ne sarebbe occupato e lo avrebbe trascinato nel nulla. Solo i Reggenti e i Sommi Sacerdoti potevano comunicare tra loro, ed era una l’unico legame che testimoniava l’esistenza di un ordine dall’altra parte del muro. Perché quindi mentire in modo tanto stupido? Che cosa pensava di ottenere? Il suo padrone di casa era ovviamente soddisfatto dall’assenza di reazioni.
“Sei sorpreso. E devi esserlo”.
“Non sono sorpreso, sono soltanto stupito che tu sia un pessimo negoziatore”.
Quello rise sonoramente. “Non mi credi. Perché?”.
“Devo davvero risponderti?”, Tesos era davvero scoraggiato.
“Mi sottovaluti”.
“E tu mi consideri uno stupido”.
“Forse, ma non ha niente a che vedere con quel che ti sto dicendo. Non credere ciecamente a quel che ti propinano. Se vuoi, posso portarti con me la prossima volta che vado a fare rifornimenti. Anche se non ho niente a che spartire con l’Ordine, potresti essermi utile”.
“Se sei tanto cortese da lasciarmi dare una sbirciata ai tuoi affari, potrei sistemarti in una cella confortevole. Ammetti un fattuccio di cui sei sospettato, e ti accompagnerò personalmente in cima alle mura e ti farò conoscere il fuoco”.
“Così mi piaci, Tesos. Vedo che gli scherzi colpiscono”, si corresse e accennò con la testa davanti a sé. “Questo è un buon pezzo. Ti darò quanto chiedi, ma in quantità sufficiente per sei mesi”.
“Ma non ha senso. È un furto”.
“No, caro mio, il furto l’hai fatto tu. Per essere più precisi, penso che si possa definire appropriazione indebita dell’arsenale di Tarnek. Io mi occupo di commercio, e se facciamo le cose per benino sarà un peccato inferiore al tuo gesto”.
“Tu che parli di morale e peccato?”.
“Perché, non posso? C’è qualche differenza tra noi due in questo momento?”. Per quanto fosse cosciente del lavoro che svolgeva, sembrava che il Verde in qualche modo snaturato avesse un’alta considerazione di sé. Le prediche al suo onore non lo toccavano.
“Certo che ce ne sono. Ce ne sono sempre state e sempre ce ne saranno”.
“Non c’è alcuna differenza”, esclamò il Verde e sbatté la mano sul tavolo. Il pezzo sobbalzò, quasi quanto Tesos. Era abituato a ritrovarsi in situazioni tese, ma lo aveva colto impreparato. Lo spazio in cui si trovavano aveva un’influenza un po’ strana su di lui – la luce fioca giocava stranamente con la sua concentrazione.
Sembra si sia fatto più buio.
“Ti ho fatto una buona offerta. Accettala. È balsamo concentrato, e se lo diluisci ti durerà a lungo”.
“Non ci penso proprio a diluirlo. Avevamo un accordo. Gli altri partecipanti…”, Tesos si fermò. Senza pensarci, aveva svelato dei dettagli superflui.
“Non sei solo in questa cosa, e devi dividere il bottino con i tuoi complici che aspettano qua davanti”, terminò il Verde al posto suo.
Dunque sapeva, pensò Tesos. Era normalissimo e prevedibile che avesse le sue spie nei dintorni, probabilmente li avevano avvistati da un bel po’. Sperava solo che non provassero a fare qualcosa di stupido. Quel che lo preoccupava ulteriormente era il fatto che il contrabbandiere si stava davvero sforzando per rifilargli metà della merce. La domanda principale era se ci fosse ancora un modo di tornare indietro. Se si fosse alzato e incamminato, quello, per desiderio di vendetta, gli avrebbe potuto tirare un brutto gioco. Il Verde aveva una certa reputazione, e questa diceva che in qualsiasi affare, persino il più insolito, amava uscirne vincitore. Sapendo di aver raggiunto il punto di non ritorno, contro la propria natura impulsiva tentò di ribaltare un’ultima volta la cosa a proprio vantaggio.
“Alza il prezzo, devi tener presente che rischiamo molto”.
“E tu sai quanto rischio io procurandomi l’elisir vitale che mi chiedi con tanta arroganza? Non ne hai la benché minima idea, altri sarebbero grati anche per una quantità di gran lunga inferiore. Puoi vivere anche senza un trinciante, senza balsamo è ben più difficile”, la canaglia non aveva mostrato neanche per un istante di comprendere quanto Tesos gli stava offrendo in realtà. Il suo buonsenso si era ridotto a un puntolino minuscolo, la luce era appena sufficiente a illuminare il viso rugoso. Cacciò un grido, e la fiamma della candela tremolò.
“Non puoi fregarmi come un misero kas qualsiasi! Sono un membro dell’Ordine e ti sto offrendo un’arma maledetta che le canaglie come te possono soltanto sognarsi!”.
Sto per impazzire, pensò Tesos. Gli strapperò la testa a mani nude e mi prenderò da solo quel per cui sono venuto.
La stanza però era vuota, in un lembo della sua mente agitata a un tratto si fece strada la coscienza di questo fatto inquietante. Se doveva fare la consegna, dove, in nome del mondo, si trovava la sua parte? Forse è in qualche posto sicuro, rispose una voce tranquillizzante nella sua testa. È più che normale che il Verde abbia paura di essere ingannato.
“È affascinante sentire come parlate di coloro che promettete di proteggere non appena qualcuno vi fa perdere le staffe! Poveri kasi! Non c’è proprio da meravigliarsi che sempre più di loro cerchino aiuto al di fuori della legge!”. A minaccia seguiva minaccia, mano a mano che entrambi s’infervoravano.
“Un’altra parola e te ne pentirai! Ti ho già dato troppa corda!”. Gli occhi di Tesos brillavano argentei di collera. “Non sono venuto qua per parlare con gente della tua risma”.
Dall’altra parte del tavolo giunse una reazione più pacata, ma non meno velenosa.
“Non sei venuto per parlare con gente della mia risma?”, sibilò il Verde a labbra tese. “Ma lo hai fatto, Tesos, e te lo dirò una volta sola. Non far finta di essere superiore a noi solo perché ti sei risvegliato come difensore dell’ordine. Tutti voi che avete aperto gli occhi e avete avuto la fortuna di non dover soffrire per salvare la pelle avete portato i kasi al punto in cui sono. Pensate di essere migliori solo perché vi affidate a regole scritte da qualche