Come per incanto l'atmosfera si rasserenò, diventarono tutti euforici e come liberati da un incubo. Estela, ma ancor più Federico, si erano immedesimati nella ragazza di São Paulo a tal punto che la sua preoccupazione era diventata anche la loro. Decisero di festeggiare andando al bar. Federico pagò per tutti.
L'aeroporto di Lisbona, che prende il nome dalla vicina cittadina Portela de Sacavém, è molto confortevole e moderno. à collegato al centro della città con la metropolitana, la linha vermelha, e per un attimo a Federico venne in mente che magari potevano fare un giro veloce per la città . C'era però il problema delle valigie, del controllo passaporti, della dogana, poi era opportuno restare pronti nel caso si fosse liberato qualche posto nei voli del mattino. Quindi non lo propose neppure alle ragazze. Si sedettero su delle poltroncine preparandosi ad una lunga attesa.
Ad un certo punto Estela chiese a Federico se aveva la macchina fotografica con sé.
«Certo - rispose Federico - non mi separo mai dalla mia Fujifilm X100: ce l'ho nel trolley.»
Detto fatto Federico cominciò a scattare qualche foto delle brasiliane. Si vedeva che Estela era abituata all'obiettivo delle fotocamere, mentre Beatriz non collaborava tanto. O teneva gli occhi chiusi o faceva facce strane. Insomma farle delle foto decenti avrebbe richiesto tempo e pazienza.
A un certo punto Estela chiese a un passante se poteva fare una foto a tutti e tre con il suo cellulare e fu così che si cominciò a parlare di fotografie. Federico mostrò alcuni dei suoi scatti meglio riusciti che conservava sul tablet e le ragazze rimasero impressionate dalla sua bravura. Le immagini riuscivano a trasmettere delle storie, arrivavano dritte al cuore.
Fu allora che Estela volle mostrare le sue foto, ignara che il suo gesto avrebbe scatenato una vera catastrofe.
«Questa è la mia amica Elza, qui siamo insieme a Botafogo, questa sono io sul lago di Como con il mio ragazzo Dado.»
A Beatriz non interessava affatto guardare le foto di Estela, ma per educazione buttò un occhio sullo smartphone di quella che cominciava a considerare più di una conoscenza occasionale. Federico stava osservando Beatriz e la vide sbiancare di colpo, mentre osservava più da vicino la foto di quel bel ragazzo dai capelli neri e lisci. Se la voce non le fosse rimasta in gola avrebbe probabilmente cacciato un urlo.
Cominciò a piangere sommessamente e tutti se ne chiesero il motivo.
«Conosci quel ragazzo?» chiese Federico che aveva cominciato ad intuire la verità «come si chiama?»
«Si chiama Davide» rispose Beatriz continuando a singhiozzare «è il mio fidanzato.»
Estela, che in genere era piuttosto veloce a capire le cose, in quel frangente non afferrò subito che il suo Dado altri non era che Davide. Appena si rese conto della situazione si limitò ad esclamare filho da puta e non disse altro. Cercava di pensare. Forse poteva cavare gli occhi a quella paulistana che le aveva rubato l'innamorato, ma forse poteva anche non essere colpa sua.
La tensione si poteva tagliare con un coltello. Dall'allegria per la notizia della riunione rinviata si era passati ad una tragedia da teatro greco. Federico avrebbe voluto consolare le due ragazze, ma preferì tacere, anche perché non avrebbe trovato parole adatte.
Beatriz aveva smesso di piangere e vinta ogni forma di timidezza cominciò a tempestare Estela di domande, usando la sua lingua madre: «Si può sapere quando l'hai conosciuto, da quanto tempo vi frequentate? Non hai mai avuto il sospetto che facesse una doppia vita, quel bastardo?»
Estela aveva la testa in confusione totale. Era abituata a diffidare degli uomini, ricordava ancora quello che Giulio le aveva fatto, ma Dado le era sembrato diverso, sembrava così innamorato!
«Mi parli come se fossi io che ti ho rubato il ragazzo» sbottò «ma forse è vero il contrario!»
A quel punto, vedendo che l'atmosfera si stava surriscaldando Federico decise di intervenire.
«Sentite ragazze, mi sembra inutile che litighiate cercando di darvi reciprocamente la colpa di quello che è successo. Mi pare che l'unica colpa ce l'abbia questo Dado o Davide che dir si voglia, che vi ha ingannato per tutto questo tempo. Siamo poi sicuri che sia la stessa persona? Beatriz forse non hai visto bene la foto!»
«Senti signor fotografo, non ti impicciare! Dado è il diminutivo di Davide, ma a me non piaceva chiamarlo così e la vista ce l'ho ottima. Certo che è lui, fa l'account executive presso un'agenzia pubblicitaria di Milano.»
Subito dopo aver pronunciato quelle frasi Beatriz si pentì. Aveva risposto male a una persona gentile che cercava solo di aiutarla e di consolarla e lei l'aveva trattato come un impiccione rompiballe.
«Scusa Federico, non volevo dire queste cattiverie» disse di slancio buttandogli le braccia intorno al collo «veramente non volevo, ti prego di perdonarmi.»
«Piangi pure se ti aiuta e non preoccuparti, non mi sono offeso» rispose Federico. Conoscendo l'esuberanza dei brasiliani non si era stupito affatto di quel gesto, che sicuramente un'italiana si sarebbe guardata bene dal compiere.
Comunque quell'atteggiamento confidenziale da parte di una persona che conosceva appena, lo colse di sorpresa. Quel corpicino caldo contro il suo lo spiazzò in tutti i sensi. Fosse stata Estela a comportarsi così l'avrebbe capito, ma da Beatriz la timida, la ragazza ben educata e riservata proprio non se l'aspettava. Decise di far finta di niente, anche se dentro di sé aveva sentito un certo turbamento.
La carioca sembrava un giocattolo a molla che aveva esaurito la carica. Dopo quell'insulto lanciato col cuore e il battibecco con Beatriz si era come accasciata. Non parlava, ma il suo sguardo non prometteva niente di buono. Alla fine si decise a dire la sua.
«Adesso comincio a capire un sacco di cose, certe sue assenze, certe sue scuse che suonavano false. E io stupida che gli credevo. Possibile che nessuna delle due si sia accorta di niente? E magari a Londra se la spassava mentre io lavoravo come una pazza. Pensate che una sera a Rio un mio ex mi ha proposto di andare a casa sua. Era un mulatto che un tempo mi piaceva un sacco, ma io niente, l'ho mandato in bianco pensando a Dado, anche se ero in astinenza da parecchio. Che cretina sono stata! Possibile che alla mia età non abbia ancora imparato a non fidarmi degli uomini.»
Federico avrebbe voluto intervenire a difesa della categoria con frasi tipo "non tutti gli uomini sono uguali" una frase non solo banale, ma che avrebbe forse ottenuto l'effetto di aumentare la tensione. Preferì tacere.
All'improvviso apparve un addetto dell'aeroporto che, rivolgendosi a Federico, chiese se erano loro i tre passeggeri in lista d'attesa per Genova o Nizza. Era un ragazzo giovane che sembrava imbarazzato dal fatto di dover dare una notizia che non sapeva se fosse buona o cattiva. Al cenno affermativo di Federico lo informò che erano riusciti a trovare tre posti su un volo della Easy Jet del tardo pomeriggio per Nizza. Era spiacente, ma su Genova non c'erano più voli liberi e comunque avevano trovato gli ultimi tre posti per il rotto della cuffia.
L'interruzione servì a smorzare un po' la tensione.
Estela, che a parte la reazione iniziale, sembrava totalmente apatica, improvvisamente si decise di dire a Federico che si ricordava di lui, che avevano fatto insieme un servizio di moda qualche mese prima e poi gli chiese a bruciapelo se era sposato o aveva una compagna.
«Sì anche a me sembrava che ci fossimo già visti, ma non ero sicuro e per rispondere alla tua domanda sono stato sposato con una brasiliana tanto tempo fa, poi abbiamo divorziato. Ho anche una figlia. Al momento non ho nessuna relazione seria. Non ho due fidanzate contemporaneamente, se era questo il senso della tua domanda.»
Estela non afferrò immediatamente l'ironia di Federico e stava per ribattere in maniera non proprio gentile. Fortunatamente si fermò un attimo a riflettere e capì che la sua irruenza e il suo carattere stavano per portarla sulla strada sbagliata. Preferì chiudersi nel silenzio.