Villa Glori – Ricordi ed aneddoti dell'autunno 1867. Ferrari Pio Vittorio. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Ferrari Pio Vittorio
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
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tanti, ricordo i fratelli romani Nino e Carlo Castellani (quest'ultimo poscia bibliotecario alla Vittorio Emanuele e recentemente morto), Nino d'Andreis, romano pagano e Angelo Perozzi, romano spartano, il venerando Fabrizi, il gentile Delvecchio (quanti morti!) allora giovanissimo attaché del generale Garibaldi e poscia deputato intelligente, i garibaldini Pietrasanta, Nuvolari, Tabacchi, già deputato pur esso e buon amico sempre. Poi vennero il Valzania, il Sabatini, il Montefiore e da ultimo anche il Crispi. Quanta parte di costoro pur troppo ora è scomparsa!

      La somma delle cose e la direzione del movimento in Terni l'aveva il Fabrizi, ma l'anima di tutto, i lavoratori indefessi furono sempre gli indimenticabili amici Enrico e Giovanni Cairoli. Trovavansi in Roma da parecchio tempo e n'uscirono due o tre giorni dopo la nostra partenza. Noi li vedemmo arrivare una sera che ci trovavamo per caso alla stazione. Ravvisatili, chiedemmo loro il motivo del ritorno. Ci accennarono di tacere e quando fummo all'albergo, preso con loro il Mosettig, gli raccontarono come fosse stato arrestato Giovanni, come si fosse Enrico recato di persona alla polizia per reclamare la libertà del fratello e come dopo un fiero battibecco fra lui e monsignor Randi (allora direttore generale della polizia) fossero finalmente lasciati liberi entrambi colla condizione di sfrattare immediatamente da Roma. Questo fatto sconcertava alquanto i loro piani, però si misero all'opera volonterosi anche in Terni.

      I volontari andavano moltiplicandosi a vista d'occhio e si cominciava a dividerli per battaglioni e per compagnie, assegnando a ciascun corpo dei graduati fra quelli che già lo erano nelle passate campagne.

      Non si può negare che nella campagna romana del 1867 non vi sia stato un abuso enorme di autopromozioni, le quali non contribuirono che a creare maggior confusione. Chi era tenente diventò ipso facto capitano, chi capitano si fece maggiore, i maggiori divennero colonnelli; e siccome di camicie e distintivi chi n'aveva n'aveva e chi non ne aveva ne facea senza, così la cosa finiva quasi in burletta e veniva a mancare quel rispetto che tiene e dee tenere anche il volontario in soggezione al suo superiore, riconosciuto appunto dall'esteriorità dei distintivi. Però vi furono anche in ciò delle brave eccezioni.

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      «Qui accadde un fatto degnissimo di poema e di storia, e fu che certo capitano austriaco sfidò a singolare tenzone il tenente Cella friulano; entrambi valorosi davvero e l'uno competente all'altro; però o la maggior perizia o piuttosto la fortuna sovvenisse il tenente, il fatto sta che il capitano, rilevate diciassette ferite, si ebbe a rendere: finchè durò questo duello cessarono di tirare da una parte e dall'altra, e il vincitore con parole blande consolò il vinto, chè a questo modo deve costumare chiunque abbia voglia che la virtù gli frutti lode e non biasimo». Guerrazzi, Il secolo che muore, cap. X. – Posso aggiungere che i due feriti furono trasportati a Salò e curati in uno stesso ospedale, divennero poscia amici.

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      I sessanta carabinieri livornesi, la vecchia guardi

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«Qui accadde un fatto degnissimo di poema e di storia, e fu che certo capitano austriaco sfidò a singolare tenzone il tenente Cella friulano; entrambi valorosi davvero e l'uno competente all'altro; però o la maggior perizia o piuttosto la fortuna sovvenisse il tenente, il fatto sta che il capitano, rilevate diciassette ferite, si ebbe a rendere: finchè durò questo duello cessarono di tirare da una parte e dall'altra, e il vincitore con parole blande consolò il vinto, chè a questo modo deve costumare chiunque abbia voglia che la virtù gli frutti lode e non biasimo». Guerrazzi, Il secolo che muore, cap. X. – Posso aggiungere che i due feriti furono trasportati a Salò e curati in uno stesso ospedale, divennero poscia amici.

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I sessanta carabinieri livornesi, la vecchia guardia della giornata, lasciarono circa la metà di loro sul terreno. Fra questi dodici morti, dei quali troviamo in un album pietoso registrati i nomi, che ci par sacro ripetere: Bertagni Vincenzo, Boni Egidio, Caillon Gustavo, Capaccioli Natale, Cipriani Ubaldo, Costa Pietro, Franceschi Francesco, Grotta Giovanni, Lircan Bellini, Giuliani Francesco, Paci Silvestro.

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«Si vedevano da più ore gruppi di giovinazzi dal piglio scherano… ben è vero che udivasi tra i borghesi un lamentìo frequente perchè il governo lasciasse errare per la città uomini nuovi di aspetto sinistro e truculento» (!). Civiltà Cattolica, I crociati di S. Pietro. Anno 1868, vol. VII.

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Per chi non conosce o non ricordi la storia di quei giorni, è bene ripetere qui che fra i progetti d'insurrezione, vi era pur quello di far saltare talune caserme militari. La cosa non riuscì in parte che per la caserma Serristori in Trastevere. Vi rimasero feriti taluni zuavi del concerto e per questo fatto furono imputati e condannati Monti e Tognetti, che scontarono poi sul patibolo il loro ardimento. Lo scoppio accadde il 22 ottobre, ossia il giorno prima del fatto di Villa Glori.

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… parmi si debba pensare a rifornir Roma di giovani; rendere più forte l'elemento importato, dal quale solo puossi aspettare una vigorosa iniziativa. Nè con ciò intendo far torto alla popolazione romana; tutti sanno quale depressione subisca l'animo di un popolo che per tanti anni fu soggetto a dispotico governo, tanto più se tale governo è il clericale. Era davvero necessaria cosa rendere più forte l'elemento importato, che a minime proporzioni era stato ridotto dagli arresti e dagli sfratti, il quale elemento, senza bisogno d'aggiungerlo, era per buona dose composto d'emigrati romani. Giovanni Cairoli, Spedizione dei Monti Parioli. Milano, editore Perelli, 1888.

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Una sera venne fatta dal Comitato certa distribuzione di denaro. Era giorno di festa, e i quattrini ben si può arguire come furono adoperati. Tanto bastò perchè a tarda ora la città fosse percorsa da numerose pattuglie a cavallo!

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Qui in Terni funziona liberamente un comitato, direi meglio una specie di ministero sotto la presidenza del generale Fabrizi, che organizza le bande, le provvede d'armi e le manda oltre il confine. Ogni giorno giungono qui mille circa volontari, e questa sera ve ne sono in paese non meno di duemila. Rapporto del generale Ricotti, 21 ottobre, al Ministero della guerra.

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«Impedisca partenza volontari. Imbarazzano non giovano. Ce ne sono moltissimi. Non si sa che farne». Così telegrafava da Terni un deputato autorevole di sinistra al presidente del Consiglio Rattazzi.